Nisi aliud expresse iure caveatur, tempus supputetur ad normam canonum qui sequuntur.
Se non è disposto espressamente altro dal diritto, il tempo si computa a norma dei canoni che seguono.
Unless the law expressly provides otherwise, time is to be computed according to the norm of the following canons.
A no ser que el derecho disponga expresamente otra cosa, el tiempo debe computarse de acuerdo con los cánones que siguen.
c. 31; Pius PP. XI, Const. Infinita Dei misericordia, 29 mai 1924 (AAS 16 [1924] 212).
L’ultimo titolo (XI) del I libro del Codice, Norme generali, è dedicato al computo del tempo. Nei cann. 200-203 vengono date alcune disposizioni pratiche e generali sul computo del tempo. Da notare una decisa semplificazione della materia rispetto al CIC 1917 (cf cann. 31-35) dove la possibilità di ricorrere a diversi sistemi per il computo del tempo (astronomico, locale, regionale, zonale, legale, straordinario …) suscitava complesse discussioni tra i commentatori.
Il tempo ha un ruolo importante nella vita dell’uomo visto che la stessa esistenza ed ogni azione umana avviene nel tempo. La dimensione temporale poi ha un’importanza decisiva su molti istituti e atti giuridici: basterebbe pensare alla prescrizione (cann. 197-199), alla consuetudine (cann. 23-28), all’età richiesta per realizzare certi atti o assumere determinati obblighi (cf, per esempio, cann. 378 § 1, 3°; 425 § 1; 478 § 1; 643; 656; 658; 874; 891). Poiché il tempo coinvolge ogni atto giuridico, ben si comprende perché se ne tratti nel I libro del Codice. D’altra parte proprio perché dal computo del tempo derivano importanti conseguenze giuridiche nell’acquisizione o nella perdita di diritti (basterebbe pensare alla prescrizione o all’usucapione, all’ambito processuale o a quello patrimoniale) il legislatore ha ritenuto necessario determinare legalmente i principi che devono essere applicati in tutti quei casi in cui il fattore temporale determina delle conseguenze giuridiche. L’incertezza infatti circa il corretto computo del tempo avrebbe inevitabilmente importanti ricadute sulla stessa acquisizione o perdita di un diritto.
Il can. 200 stabilisce che le norme sul computo del tempo hanno carattere suppletivo prevalendo su di esse quanto disposto, anche solo per aspetti parziali, dal diritto: basterebbe pensare a dove la legge canonizza quella civile (cf, per esempio, i cann. 22, 197, 1290) oppure al diritto liturgico che, in non pochi casi, prevede un proprio computo. Nel Codice del 1917, al can. 31, si riportava il medesimo testo dell’attuale canone esplicitando tuttavia un’eccezione circa il diritto liturgico. L’eliminazione di tale eccezione comporta che il sistema di computo delle leggi liturgiche segue il regime generale stabilito dal legislatore in questi canoni. Il canone specifica che vanno seguite le disposizioni dei canoni successivi «se il diritto non dispone espressamente altro»: tale diritto può anche essere extracodiciale come per esempio una legge particolare, la norma consuetudinaria di un determinato luogo; ciò che conta è che questo diritto disponga espressamente un certo sistema di computo e che non si tratti di materie sulle quali il legislatore superiore abbia determinato, in modo autoritativo, un altro sistema di computo.
A.P. Marcello, The Computation of Time: A Canonical Overview, in Studia canonica 51 (2017) 207-250.
Communicationes 3 (1971) 93; 6 (1974) 53; 9 (1977) 237; 19 (1987) 193-202; 20 (1988) 95-97, 118-119; 22 (1990) 263-264; 23 (1991) 52-53, 70-71, 106-107, 123, 269-270, 297-298.