§ 1. Episcopus dioecesanus curare debet ut omnia negotia quae ad universae dioecesis administrationem pertinent, debite coordinentur et ad bonum portionis populi Dei sibi commissae aptius procurandum ordinentur.
§ 2. Ipsius Episcopi dioecesani est coordinare actionem pastoralem Vicariorum sive generalium sive episcopalium; ubi id expendiat, nominari potest Moderator curiae, qui sacerdos sit oportet, cuius est sub Episcopi auctoritate ea coordinare quae ad negotia administrativa tractanda attinent, itemque curare ut ceteri curiae addicti officium sibi commissum rite adimpleant.
§ 3. Nisi locorum adiuncta iudicio Episcopi aliud suadeant, Moderator curiae nominetur Vicarius generalis aut, si plures sint, unus ex Vicariis generalibus.
§ 4. Ubi id expedire iudicaverit, Episcopus, ad actionem pastoralem aptius fovendam, constituere potest consilium episcopale, constans scilicet Vicariis generalibus et Vicariis episcopalibus.
§ 1. Il Vescovo diocesano deve curare che tutti gli affari inerenti all’amministrazione di tutta la diocesi siano debitamente coordinati e diretti a procurare nel modo più opportuno il bene della porzione di popolo di Dio che gli è affidata.
§ 2. Spetta allo stesso Vescovo diocesano coordinare l’attività pastorale dei Vicari generali ed episcopali; dove risulta conveniente, può essere nominato il Moderatore di curia, che deve essere un sacerdote e al quale spetta, sotto l’autorità del Vescovo, di coordinare le attività che riguardano gli affari amministrativi da trattare, come pure curare che gli altri addetti di curia svolgano fedelmente l’ufficio loro affidato.
§ 3. Se le situazioni locali, a giudizio del Vescovo, non suggeriscono diversamente, sia nominato Moderatore di curia il Vicario generale oppure, se sono più di uno, uno dei Vicari generali.
§ 4. Quando lo ritiene opportuno, il Vescovo, per favorire maggiormente l’attività pastorale, può costituire un consiglio episcopale, composto cioè dai Vicari generali e dai Vicari episcopali.
§ 1. A diocesan bishop must take care that all the affairs which belong to the administration of the whole diocese are duly coordinated and are ordered to attain more suitably the good of the portion of the people of God entrusted to him.
§ 2. It is for the diocesan bishop himself to coordinate the pastoral action of the vicars general or episcopal vicars. Where it is expedient, a moderator of the curia can be appointed who must be a priest and who, under the authority of the bishop, is to coordinate those things which pertain to the treatment of administrative affairs and to take care that the other members of the curia properly fulfill the office entrusted to them.
§ 3. Unless in the judgment of the bishop local circumstances suggest otherwise, the vicar general or if there are several, one of the vicars general, is to be appointed moderator of the curia.
§ 4. Where the bishop has judged it expedient, he can establish an episcopal council, consisting of the vicars general and episcopal vicars, to foster pastoral action more suitably.
§ 1. El Obispo diocesano debe cuidar de que se coordinen debidamente todos los asuntos que se refieren a la administración de toda la diócesis, y de que se ordenen del modo más eficaz al bien de la porción del pueblo de Dios que le está encomendada.
§ 2. Corresponde al mismo Obispo diocesano coordinar la actividad pastoral de los Vicarios, sean generales o episcopales; donde convenga, puede nombrarse un Moderador de la curia, que debe ser sacerdote, a quien corresponde, bajo la autoridad del Obispo, coordinar lo atinente al tratamiento de los asuntos administrativos y asimismo cuidar de que el restante personal de la curia cumpla debidamente el oficio que se le encomienda.
§ 3. A menos que, a juicio del Obispo, las circunstancias del lugar aconsejen otra cosa, debe ser nombrado Moderador de la curia el Vicario general o, si son varios, uno de los Vicarios generales.
§ 4. Para fomentar mejor la acción pastoral, puede el Obispo constituir, si lo considera conveniente, un consejo episcopal, formado por los Vicarios generales y episcopales.
§ 1: CD 17; SCE-SCpC Ep., 19 iul. 1972; Paulus PP. VI, Const. Ap. Vicarie potestatis, 6 ian. 1977, 1 § 3 (AAS 69 [1977] 7).
§ 2: CD 25, 26.
Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi, Apostolorum Successores, 22 febbraio 2004, nn. 176-180.
Il canone si pone come obiettivo la regolamentazione del coordinamento dell’attività pastorale della diocesi in genere e delle attività di curia in particolare. Il coordinamento esige un’autorità che lo promuova e che faccia di riferimento pur non essendo necessariamente un superiore gerarchico. Il can. 473 esamina tre organismi o persone per il coordinamento dell’attività amministrativa. In primo luogo spetta al vescovo vigilare su tutte le attività che riguardano l’amministrazione dell’intera diocesi, dove l’amministrare non si limita alle sole attività di carattere amministrativo, ma include anche tutte le opere di apostolato. Non è certo un caso che, nel secondo paragrafo, si affermi come al vescovo diocesano in prima persona competa di coordinare le attività pastorali dei suoi vicari, il cui ruolo e le cui competenze vanno ben oltre la curia, e a tale proposito si suggerisca l’istituzione di un consiglio episcopale composto da vicari e poi, sempre nello stesso paragrafo, si introduca la figura del moderatore di curia, che evidentemente riguarda più specificatamente le attività amministrative della curia in senso stretto. Il moderatore di curia è un sacerdote che il vescovo può nominare, anche se non è obbligato a farlo, per garantire un miglior coordinamento delle attività amministrative della curia. Normalmente può essere nominato moderatore lo stesso vicario generale o uno dei vicari generali anche se, qualora vi fossero particolari ragioni, potrebbe essere nominato un altro sacerdote: in tal caso egli resta sottoposto all’autorità del vicario. La sua funzione, oltre a quella del coordinamento organizzativo delle attività amministrative e burocratiche, è pure quella di vigilare affinché i lavori di curia siano portati a termine in modo adeguato e perché tutti i membri della curia compiano in modo corretto il loro incarico. La sua funzione di vigilanza non è arbitraria, ma legata alle norme di diritto universale e particolare, agli statuti e ai regolamenti della curia e alle decisioni del vescovo. Non spetta al moderatore di coordinare le attività pastorali dei vicari, compito questo di stretta competenza del vescovo, quanto piuttosto quello di coordinare le attività amministrative e burocratiche della curia in senso stretto, incluso il lavoro burocratico necessario per l’espletamento delle funzioni e dei compiti dei vicari. Gli è sottratta la vigilanza sulla sezione giudiziaria della curia (cf cann. 1419 § 1; 1420 §§ 1-2; 1457). Nel decreto di nomina il vescovo potrà opportunamente chiarirne le competenze e delimitarne l’ambito di azione. Nel Codice ci si riferisce al moderatore di curia nel can. 474 dove si dispone che il cancelliere deve tener informato il moderatore di curia degli atti curiali con effetto giuridico emanati dagli ordinari, e nei cann. 487 § 1 e 488 dove, normando l’accesso e l’asportazione dei documenti dall’archivio della curia, si richiede l’autorizzazione del cancelliere insieme a quella del moderatore.
Al § 4 il can. 473 indica un altro strumento di coordinamento: il consiglio episcopale, che viene citato solo qui nel Codice. Si tratta di un organismo non obbligatorio, composto da vicari generali ed episcopali, la cui composizione e le cui attività sono regolate dal diritto particolare. La storia redazionale del canone mostra come i consultori esclusero esplicitamente dal consiglio altri membri oltre i vicari, incluso lo stesso moderatore, fatto salvo ovviamente il caso in cui questi fosse anche vicario (Communicationes 13 [1981] 116-117). Il vicario giudiziale non fa parte del consiglio visto che non viene nominato dal canone e che il settore giudiziario è considerato con una sua autonomia rispetto al resto della curia. Il fatto che il Codice parli di vicari episcopali o generali non esclude che il vescovo o gli statuti autorizzino la presenza in consiglio del moderatore, del cancelliere, dell’economo o di altro ufficiale di curia qualora venissero esaminate questioni o affari che li riguardano. Nel caso in cui il vescovo preferisca nominare dei delegati episcopali invece che dei vicari, per quanto questi non siano citati dal canone e neppure siano ordinari, è ragionevole, per le finalità proprie del consiglio, che il vescovo li chiami a farvi parte. Scopo del consiglio è aiutare il vescovo nell’adempimento del suo dovere di coordinamento delle attività pastorali: si tratta di un fine assai ampio, ecco perché gli statuti potranno determinarne meglio le finalità. Il canone nulla dice sulla presidenza del consiglio e le sue relazioni con il vescovo: anche qui spetterà agli statuti chiarire la questione. Il consiglio non è un organo deliberativo, bensì uno strumento di collaborazione e partecipazione. In caso di sede vacante, cessando dai loro uffici i vicari generali e episcopali (can. 481 § 1), cessa anche il consiglio episcopale. Anche se vi fossero vescovi ausiliari i quali, nonostante la vacanza della sede, mantengono le potestà che avevano come vicari (can. 409 § 2), il consiglio cessa ugualmente perché la ragione stessa della sua esistenza è il rapporto diretto con il vescovo diocesano. «Nel dirigere e coordinare il funzionamento di tutti gli organi diocesani, il Vescovo terrà presente, come principio generale, che le strutture diocesane debbono essere sempre al servizio del bene delle anime e che le esigenze organizzative non debbono anteporsi alla cura delle persone. Occorre, perciò, fare in modo che l’organizzazione sia agile ed efficiente, estranea ad ogni inutile complessità e burocratismo, con l’attenzione sempre rivolta al fine soprannaturale del lavoro» (AS 177).
G. Marchetti, La curia come organo di partecipazione alla cura pastorale del vescovo diocesano, Roma 2000; P. Pavanello, Il Consiglio episcopale (can. 473 § 4), in QDE 18 (2005) 70-78; C. Redaelli, Natura e compiti della Curia diocesana, in QDE 7 (1994) 140-153.
Comm. 5 (1973) 225-226; 13 (1981) 111-117; 14 (1982) 213.