Officium notariorum est:
1° conscribere acta et instrumenta circa decreta, dispositiones, obligationes vel alia quae eorum operam requirunt;
2° in scriptis fideliter redigere quae geruntur, eaque cum significatione loci, diei, mensis et anni subsignare;
3° acta vel instrumenta legitime petenti ex regesto, servatis servandis, exhibere et eorum exempla cum autographo conformia declarare.
È dovere dei notai:
1° stendere per scritto gli atti e gli strumenti riguardanti i decreti, le disposizioni, gli obblighi e le altre questioni che richiedono il loro intervento;
2° redigere fedelmente per scritto le pratiche in corso e apporvi la firma insieme con l’indicazione del luogo, del giorno, del mese e dell’anno;
3° esibire dal registro con le dovute cautele, a chi ne fa legittima richiesta, gli atti e gli strumenti e dichiarare le copie conformi all’originale.
It is the duty of notaries:
1° to draw up the acts and instruments regarding decrees, dispositions, obligations, or other things which require their action;
2° to record faithfully in writing what has taken place and to sign it with a notation of the place, day, month, and year;
3° having observed what is required, to furnish acts or instruments to one who legitimately requests them from the records and to declare copies of them to be in conformity with the original.
El oficio de los notarios consiste en:
1° redactar las actas y documentos referentes a decretos, disposiciones, obligaciones y otros asuntos para los que se requiera su intervención;
2° recoger fielmente por escrito todo lo realizado, y firmarlo, indicando el lugar, día, mes y año;
3° mostrar a quien legítimamente los pida aquellas actas o documentos contenidos en el registro, y autenticar sus copias declarándolas conformes con el original.
1°: c. 374 § 1, 1°.
2°: c. 374 § 1, 2°.
3°: c. 374 § 1, 3°.
Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi, Apostolorum Successores, 22 febbraio 2004, n. 179.
Il canone si pone come obiettivo quello di precisare quali siano i compiti propri del notaio. Il n. 1 segnala la redazione di «acta et instrumenta», dunque dei documenti scritti che riguardano decreti, disposizioni e obbligazioni e le altre questioni che richiedono il loro intervento: in qualche modo tutti gli atti in forma scritta che l’autorità può e/o ritiene di emettere in forma scritta.
Al n. 2 si parla di redigere fedelmente, con l’indicazione del luogo, del giorno, del mese e dell’anno e quindi con la propria sottoscrizione le pratiche in corso nel senso più ampio, comprensivo dunque di quello che succede o che una persona dice o fa in presenza del notaio (basterebbe anche solo pensare, tra le molte altre cose, ai verbali dei consigli diocesani come il consiglio presbiterale, il collegio dei consultori, il consiglio affari economici).
Al n. 3 vengono indicate due ulteriori competenze: quella di esibire dal registro gli atti e i documenti a chi ne fa legittima richiesta e quella dichiarare le copie di tali atti e strumenti conformi agli originali con la propria firma. Quando si parla di registro si fa riferimento chiaramente all’archivio di curia e alla documentazione ivi conservata (cf cann. 486ss). Circa poi le persone che legittimamente chiedono copia di atti e documenti importanti precisazioni si trovano al can. 487 § 2: «È diritto degli interessati ottenere, personalmente o mediante un procuratore, copia autentica manoscritta o fotostatica dei documenti che per loro natura sono pubblici e che riguardano lo stato della propria persona». Il fatto che spetti al notaio esibire atti e documenti non significa che i notai che non sono anche cancellieri abbiano pieno accesso agli archivi di curia o possano autorizzare altri ad entrarvi. La dichiarazione di conformità di una copia all’originale può esprimersi mediante la formula «conforme all’originale» sulla copia con relativa firma del notaio stesso. Nelle procedure giudiziarie hanno forza probante i documenti pubblici ecclesiastici rilasciati cioè da persone pubbliche nell’esercizio dei loro compiti nella Chiesa, come appunto i notai (cf can. 1540 § 1) e , in giudizio, i documenti non hanno forza probante se non sono in originale o esibiti in esemplare autentico (cf can. 1544). Il venir meno, da parte dei notai, ai propri compiti, per esempio redigendo un documento falso, può essere punito con giusta pena (cf can. 1391).
La redazione degli atti di curia[1]
Uno dei compiti della curia è il garantire che gli atti di curia siano redatti compiutamente e custoditi nell’archivio della curia stessa: si tratta di due requisiti che il diritto, al can. 482 § 1, affida al cancelliere come suo dovere principale. Il compito della buona redazione degli atti è indicato con le due espressioni «redigantur et expediantur», che comprendono sia la redazione in senso proprio dell’atto sia quanto è necessario per portare l’atto a perfezionamento sotto il profilo giuridico. L’espressione rimanda in parte al compito assegnato al notaio dal can. 484, 1°, ovverosia curare la stesura di documenti concernenti decreti, disposizioni, obblighi o altro che l’autorità desidera realizzare in forma scritta, nell’osservanza di quanto stabilito dal diritto.
Adempimenti che precedono la redazione dell’atto
Si tratta di molteplici adempimenti, che possono essere molto diversi in riferimento alla diversa tipologia degli atti considerati. Nel caso di atti che per loro natura rispondono a una richiesta, il primo requisito è che vi sia la necessaria istanza da parte dei soggetti competenti (persone fisiche o responsabili di enti, che siano persone giuridiche o meno) e la procedura dovrà farsi carico della verifica dell’esistenza di tale istanza e della sua validità (per esempio, che vi sia la rinuncia di un parroco prima che si proceda a dichiarare la parrocchia stessa vacante e che tale rinuncia sia debitamente sottoscritta e accettata con data non eccedente i tre mesi dal momento della sua presentazione). Nel caso in cui per emettere l’atto sono richiesti dei pareri (nella forma del consiglio o del consenso giuridicamente stabiliti e normati dal can. 127, oppure della semplice opportunità della richiesta di un parere, come previsto per la nomina del parroco, can. 524), la procedura ha il compito di verificare che vengano effettivamente e correttamente richiesti i pareri stabiliti e che vengano custoditi i giudizi raccolti. Nel caso dei decreti (ma non solo), in forza del can. 50, l’autorità ha il dovere di ricercare le notizie necessarie con riferimento ai requisiti formali e sostanziali per l’atto specifico da produrre e se il decreto poggia su aspetti che devono essere comprovati (per es., si tratta di dare conferma all’elezione attestandone la legittimità: can. 179 §§ 1-2) si devono reperire delle vere e proprie prove, sempre limitatamente a quanto necessario («necessarias notitias et probationes»), ascoltando inoltre «per quanto è possibile» le persone interessate dall’atto e in particolare coloro i cui diritti possono essere lesi. La procedura avrà il compito di verificare l’osservanza di tali requisiti e di coordinare l’intervento di quanti sono chiamati a operare al servizio del vescovo per assisterlo nella ricerca degli elementi indicati. Nel caso di dispense (can. 90) la procedura deve comprendere la verifica dell’esistenza di una causa giusta (che non leda alcun bene giuridico) e ragionevole (ci sia proporzione tra la ragione della legge e quella della dispensa), che sia al servizio del bene dei fedeli (cann. 87-88) e coerente con i requisiti del diritto in materia di dispense (un difetto in questo ambito può comportare la nullità della dispensa stessa: can. 90).
Modalità di redazione degli atti
Ogni atto esige di essere steso nella forma richiesta per garantire la sua validità (neanche il vescovo può dispensare da ciò che la legge stabilisce come essenzialmente costitutivo degli istituti e degli atti giuridici: can. 86) e la sua liceità, e tale compito ricade in primo luogo sul cancelliere, che deve ovviamente farsi garante anche della corrispondenza dell’atto alla volontà espressa dall’autorità, tenendo conto delle competenze stabilite a livello diocesano. La titolarità della stesura degli atti di curia è affidata a norma del can. 483 § 1 al notaio di curia (e quindi al cancelliere che è il notaio per eccellenza: can. 482 § 3), la cui attività è espressa nei termini di «scriptura seu subscriptio»: la congiunzione «seu» sembra alludere alla identità delle due espressioni, ma in realtà scrivere è altra cosa rispetto al sottoscrivere; si tratta infatti nel primo caso di stendere per iscritto l’atto o curare questo aspetto (can. 484, 1° e 2°) e pertanto il cancelliere ha il compito di garantire la giusta redazione dell’atto. Non sembra comunque necessario che la redazione materiale dell’atto sia effettuata dal cancelliere, salvo il caso in cui si chieda un atto scritto di proprio pugno, e pertanto sarà possibile e opportuno (almeno nelle curie di maggiori dimensioni) il ricorso all’aiuto di personale con compiti esecutivi, purché sia il cancelliere a dettare le modalità della stesura (dal semplice fornire i dati per compilare uno schema predisposto, all’indicare specifiche varianti, sino alla vera e propria predisposizione in prima persona della bozza del testo) e a controllare attentamente lo scritto redatto, prima di sottoporlo alla firma dell’ordinario. La sottoscrizione (controfirma) posta dal cancelliere a seguito della firma dell’ordinario (o del delegato), ha il significato di esprimere una garanzia di correttezza dell’atto, nei suoi aspetti giuridici essenziali. Il valore della firma del notaio è del resto ben espresso a partire dalle parole «scriptura seu subscriptio publicam fidem facit» (can. 483 § 1): si tratta di una firma che dà al documento una garanzia pubblica, pur restando ovviamente del firmatario effettivo la responsabilità di quanto espresso dall’atto stesso. Il valore della controfirma è peraltro ulteriore rispetto al solo ambito diocesano, se si considera che la firma del cancelliere è conosciuta presso le autorità civili (a seguito di accordo con l’autorità italiana il nominativo del cancelliere viene ordinariamente segnalato alla prefettura per la trasmissione della nomina dei parroci, richiesta a norma del concordato, ed inoltre può avere rilievo civile per altri documenti quali la legalizzazione degli attestati di battesimo aventi forza di certificazione anagrafica o la stessa vidimazione dei documenti per un matrimonio all’estero) e la Segreteria di Stato. Volendo evidenziare quali sono gli elementi cui il cancelliere deve prestare attenzione, per garantire la corretta stesura dell’atto di curia, è opportuno fare riferimento al can. 124, che tratta dell’atto giuridico, distinguendo tre requisiti fondamentali: l’abilità della persona che lo pone; la presenza degli elementi essenziali o costitutivi dell’atto stesso; le formalità stabilite dal diritto. Consideriamo distintamente questi aspetti.
– La verifica dell’abilità della persona concerne in primo luogo la competenza del soggetto che si assume la responsabilità dell’atto: se è un atto legislativo si deve verificare che si tratti del legislatore (il vescovo), se è un atto esecutivo che si tratti dell’ordinario effettivamente competente nel porlo (eventualmente agendo a seguito di mandato speciale, se si tratta di azione riservata per sé al vescovo: can. 479 §§ 1-2) o di un altro soggetto che abbia ricevuto delega in materia (se si tratta della potestà di dispensare, la concessione per un caso determinato è soggetta a interpretazione stretta: can. 92). La verifica del requisito di abilità esige inoltre che il soggetto competente non sia trattenuto da elementi inabilitanti o di inopportunità, quali l’essere incorso in sanzioni limitanti della sua competenza o il trovarsi in situazioni di oggettivo conflitto di interesse (per es., il vicario episcopale che firma una licenza in ambito amministrativo ed è anche il legale rappresentante dell’ente autorizzato o implicato nell’autorizzazione). Un aspetto dell’abilità del soggetto è anche la condizione di consapevolezza (comprensiva della conoscenza dell’atto e del corretto giudizio sullo stesso, almeno con riferimento alla sua sostanza o a ciò che ricade nelle condizioni sine quibus non: can. 126) e di libertà (cf can. 125, almeno limitatamente a quanto può essere verificato ordinariamente) dello stesso nel momento in cui assume la responsabilità dell’atto, firmandolo: ordinariamente tali aspetti sono verificati con la presenza del cancelliere al momento della firma e comunque con il rapporto che questi intrattiene con quanti hanno la responsabilità della firma degli atti.
– La verifica relativa agli elementi essenziali o costitutivi dell’atto comporta una cura particolare da adibire sia nel controllare la presenza degli elementi essenziali implicati nella decisione assunta, sia nella stesura materiale dell’atto stesso. Se per esempio si tratta di una dispensa si deve verificare che siano espressi con chiarezza la legge dispensata, il soggetto destinatario di tale dispensa (eventualmente con l’indicazione della competenza dell’ordinario sul fedele stesso in forza del can. 91) e la situazione per cui si concede la dispensa (con la causa giusta e ragionevole richiesta dal can. 90), con la data di efficacia della concessione. Per il decreto (can. 51) si richiede che siano espresse per iscritto anche le motivazioni (almeno sommariamente espresse), ovverosia i fondamenti di diritto, i presupposti di fatto e le ragioni della decisione. Se si tratta di approvare statuti e regolamenti (cann. 94-95) promossi dalla stessa autorità (per es. il regolamento per il sinodo diocesano) si deve garantire la correttezza del disposto statutario o regolamentare. Ovviamente non è necessario che l’atto dica tutto, soprattutto quando alcuni elementi sono reperibili più compiutamente altrove o quando si tratta di aspetti che non hanno rilievo giuridico.
– La verifica delle formalità stabilite dal diritto comprende diversi elementi, derivanti dal fatto che l’atto deve essere realizzato in forma scritta, come richiesto ordinariamente quando gli atti amministrativi singolari riguardano il foro esterno (can. 37) e come è sempre richiesto per gli atti di curia aventi effetto giuridico (can. 474): la stesura con una qualità adeguata all’atto prodotto; l’indicazione del luogo e della data della firma; l’utilizzo delle formalità strumentali previste (carta intestata, timbro d’uso); la sottoscrizione (o più sottoscrizioni se previste, come per es. può stabilire il diritto particolare per un decreto autorizzativo) e la controfirma. In questa sede è possibile un approfondimento nel dettaglio solo relativamente ad alcuni elementi.
* La carta intestata deve riportare il nome della diocesi ed eventualmente dell’ufficio di competenza o del vicario a cui è attribuito l’atto; si può aggiungere la precisazione del soggetto che all’interno dell’ufficio è responsabile dell’atto in questione (per es. «il responsabile» oppure «il responsabile della sezione scuole materne»). I singoli elementi vanno ovviamente debitamente distinti, normalmente riportandoli su diverse righe e con diversi caratteri: il nome della diocesi (la denominazione ufficiale come risulta depositata presso il registro delle persone giuridiche è da preferire a diciture del tipo «curia di», sebbene ovviamente possibili), il nome dell’ufficio di curia (per es. cancelleria diocesana), il nome del soggetto responsabile dell’atto (per es. il cancelliere). A lato degli elementi di informazione deve comparire il logo ufficiale della diocesi, normalmente non di colore nero (per distinguere l’originale del documento); si può anche ricorrere a un tipo di carta che riporti in trasparenza a tutta pagina il logo identificativo. A piè di pagina è bene riportare gli elementi di indirizzo della curia con recapiti telefonici, fax e indirizzo e-mail, per favorire la eventuale risposta.
* Il timbro deve essere quello proprio della curia (“sigillo ufficiale”) e deve essere custodito solo da chi è legittimato ad utilizzarlo (il cancelliere e i suoi collaboratori), mentre possono essere in uso in curia altri timbri per gli atti dei singoli uffici; ovviamente il sigillo identificativo deve essere distinto da semplici timbri d’uso relativi a informazioni di vario genere (sede della diocesi, numero di telefono, indirizzo di posta elettronica…). Il sigillo della curia è tendenzialmente immodificabile (si tratta di un elemento identificativo) e deve essere per questo disgiunto dal nominativo personale del soggetto che di volta in volta firma; fa eccezione il vescovo che dispone di un timbro personale con il proprio stemma, che viene apposto agli atti propri. La timbratura avviene ordinariamente mediante timbro inchiostrato (quale che sia il colore: il rosso è il più tradizionale perché proprio dei primi timbri inchiostrati che sostituirono il sigillo in ceralacca rossa; il verde o il giallo sono per lo più oggi poco utilizzati; il blu è uno dei colori ordinari utilizzati oggi per la scrittura e ha il pregio di distinguere con più immediatezza il documento originale dalle copie che vengono ordinariamente prodotte mediante fotocopia in bianco e nero; il nero è meno appariscente rispetto all’insieme del documento ma non consente di distinguere a prima vista l’originale dalla copia), sebbene si debba disporre anche di quanto necessario per la timbratura a secco (senza inchiostro). I timbri vanno periodicamente sostituiti per garantirne la leggibilità e una volta non più utilizzati vanno distrutti o conservati in luogo tutelato (per es. l’archivio storico). Tra la timbratura ausiliaria risulta essere importante il timbro con la cosiddetta firma in chiaro del notaio firmatario (nome e cognome in caratteri stampatello), richiesta peraltro per la valenza civile della vidimazione di una firma. Non è possibile sostituire il timbro di un atto ufficiale con la sua immagine acquisita in formato elettronico e si deve anzi usare ogni cautela per rendere non facilmente riproducibile il sigillo ufficiale.
* La firma del cancelliere (o del notaio) deve essere presente, così che non vi siano atti di curia dotati di efficacia giuridica (anche nell’ambito amministrativo) privi di tale elemento. Talvolta si tratterà di distinguere tra i diversi aspetti che ricorrono in una medesima situazione (per esempio un biglietto personale del vescovo a un parroco che verrà trasferito e il decreto di trasferimento), ma l’atto con effetto giuridico non deve mancare mai della firma del cancelliere (se anche si appone solo la firma dell’ordinario al di sotto della dicitura «iuxta preces» posta a timbro, se si tratta di un atto con effetti giuridici deve esserci la sottoscrizione del cancelliere). La firma avviene di preferenza con penna stilografica (per la sua durata nel tempo; il problema concerne anche la tecnologia utilizzata per la scrittura dell’atto) mentre è indifferente il colore dell’inchiostro (valgono le annotazioni precedenti sul rapporto tra i colori nero e blu). Il cancelliere (e il notaio) dovrà avere uno stile consolidato di firma che ne consenta la riconoscibilità (che non è data tuttavia dalla identità materiale delle diverse firme effettuate), evitando il ricorso a semplici sigle, salvo quando il caso lo consenta (per esempio per contrassegnare le pagine di un verbale o per vistare un semplice parere interno alla curia). Non è ordinariamente consentito in un atto di curia con effetto giuridico apporre la semplice immagine della firma, riprodotta elettronicamente.
* Luogo e data di firma devono essere corretti e coerenti con l’atto. Non è possibile per es. una data posteriore a quella di efficacia dell’atto.
Comunicazione degli atti di curia
Un atto di curia che comporta effetti giuridici, una volta emesso, chiede di essere debitamente trasmesso a chi deve applicarlo, per sortire i suoi effetti (altrimenti quantomeno non se ne può urgere l’osservanza). Se si tratta di un atto singolare la modalità di questa trasmissione è l’esecuzione (mediante esecutore) oppure l’intimazione giuridica a chi è tenuto ad osservarlo (can. 54); in modo simile le istruzioni esigono di essere trasmesse a coloro che sono tenuti ad applicarle (si tratta tuttavia in questo caso di una comunicazione a più soggetti che non ha le formalità della notificazione dell’atto singolare). Se si tratta invece di una legge o di un decreto generale, sia legislativo che esecutivo, è richiesta necessariamente la promulgazione. Altre comunicazioni di carattere più generale rientrano comunque nei compiti richiesti per portare a compimento la procedura relativa alla stesura di atti di curia. Consideriamo distintamente i diversi casi.
– Per la legittima notificazione dell’atto amministrativo singolare (in particolare il decreto) forma ordinaria è la consegna di un testo scritto (per gli atti diocesani non si ricorre normalmente all’esecutore con lettera a lui indirizzata: can. 40), che avviene mediante consegna manuale o invio tramite corriere o con sistema postale (can. 54, la raccomandata con ricevuta di ritorno fa fede dell’avvenuta comunicazione, ma non è sempre la forma obbligatoria) o con ogni «altro modo assolutamente sicuro», sotto il punto di vista: della effettiva ricezione, della riservatezza della comunicazione, della integrità del messaggio, della verificabilità della sua autenticità da parte del destinatario. La comunicazione può avvenire inviando l’atto stesso o un testo scritto che ne indichi il contenuto (per es. una comunicazione del cancelliere, fatto salvo il fatto che l’atto sia stato comunque realizzato in forma scritta e debitamente sottoscritto). Forma straordinaria per la notifica (can. 55, per una gravissima ragione) è la lettura verbalizzata del testo del decreto all’interessato, mentre forma equivalente (can. 56) è considerata quella in cui si ritiene avvenuta la notificazione poiché il soggetto non si è presentato per la lettura (in questo caso la notificazione è considerata avvenuta per finzione giuridica) o ha semplicemente rifiutato di firmare il documento relativo all’avvenuta notifica (in questo caso la notificazione è invece realmente avvenuta). Non sembra congruente l’invio di comunicazioni per l’intimazione del decreto che non siano firmate, né l’invio di semplici fotocopie del documento firmato o di documenti in cui la firma viene apposta mediante timbro o riproduzione elettronica (che nulla ha a che vedere con la firma elettronica propriamente detta); si tratta in tutti questi casi di accorgimenti che non possono essere adottati per l’atto di notifica ma, al più, per comunicazioni generiche che accompagnano un provvedimento generale (per es. una circolare del vicario generale con cui vengono comunicati a tutti i presbiteri alcuni provvedimenti che il vescovo ha ritenuto opportuno assumere). Pochi cenni nella normativa canonica sono dedicati all’uso di mezzi di comunicazione quali il telegramma, l’SMS, il fax o l’e-mail per la notificazione di atti di curia (cenni al fax e all’e-mail nel decreto CEI per la tutela della buona fama; cenni al fax per la comunicazione della dispensa dal celibato a un chierico in pericolo di morte). Diverse sono tuttavia le possibilità di sviluppo di questi ambiti tecnologici, sia per semplici comunicazioni funzionali, sia per comunicazioni aventi forza giuridica e per le quali si potrà ricorrere alle forme garantite che sono consentite dalla tecnologia odierna (per es., la firma digitale per la posta elettronica, preferibilmente con il metodo delle “chiavi asimmetriche”).
– Per la promulgazione la normativa universale affida al legislatore particolare la statuizione dei criteri da adottare (can. 8 § 2) e stabilisce come criterio generale la vacatio legis di un mese dal giorno della promulgazione. La modalità ordinariamente adottata per la promulgazione di leggi particolari è la pubblicazione sul bollettino ufficiale, con la eventuale precisazione di un tempo per l’entrata in vigore della legge diverso da quello previsto a livello generale di un mese. L’adozione di questa procedura ovviamene suppone che ogni diocesi disponga di un bollettino ufficiale (variamente denominato: rivista diocesana, bollettino diocesano …) rappresentato da una rivista cartacea periodica (con diversa periodicità: annuale, mensile …), pubblicato anche in forma coordinata con altre diocesi (per es. a livello di regione ecclesiastica). Tutte le parrocchie della diocesi dovranno ovviamente disporre di un abbonamento al bollettino ufficiale.
Per quanto concerne altre tipologie di comunicazione. Alla notificazione dell’atto singolare al diretto interessato si possono associare ed è opportuno che si associno altri tipi di comunicazioni, che rientrano sempre nell’ambito della procedura canonica e che, almeno a livello di responsabilità, fanno capo ancora una volta al cancelliere. Si tratta per esempio delle seguenti situazioni: la comunicazione a quanti, pur non essendo i destinatari diretti dell’atto, sono coinvolti nella decisione assunta (per es. un parroco è reso partecipe della nomina di un vicario parrocchiale per la sua parrocchia); la comunicazione che deve essere garantita all’autorità che ha il compito di coordinare le iniziative in un determinato settore (per es. il vicario foraneo per il proprio vicariato oppure un vicario episcopale per la zona pastorale su cui è competente o il moderatore di curia relativamente a una decisone che concerne la curia diocesana); la comunicazione a chi deve compiere determinate azioni, per rendere applicabile quanto disposto; la comunicazione all’autorità civile cui compete essere informata (per es. la trasmissione alla prefettura della nomina di un parroco, che ordinariamente coincide con la trasmissione del nominativo al registro delle persone giuridiche oppure la comunicazione al ministero della idoneità di un insegnante di religione, perché provveda alla nomina). In questi compiti di comunicazione rientra anche la cura della stesura del bollettino ufficiale, di cui si è già detto in riferimento alle leggi. Il bollettino ufficiale della diocesi infatti non concerne solo le leggi, ma riporta tutti gli atti di curia di maggior rilievo. Il suo compito è sia di documentazione (con una garanzia di custodia e reperibilità degli atti ufficiali, anche nel decorso del tempo), sia di informazione relativamente agli atti ufficiali della diocesi (di grande utilità il compito del bollettino per consentire la conoscenza di provvedimenti di carattere generale, come le stesse istruzioni, o per agevolare la condivisione di notizie relative ad atti singolari ma di interesse comune). Il bollettino contiene ordinariamente anche indicazioni relative ai provvedimenti delle autorità superiori (Papa, Santa Sede), di altre autorità (CEI) e delle regioni ecclesiastiche (importanti in Italia), normalmente sprovviste di bollettini propri. Opportuno di conseguenza l’affidamento al cancelliere del compito di direttore del bollettino diocesano. Di grande rilievo e utilità pratica è anche la cura di un sito internet della diocesi in cui ci sia una vera e propria sezione ufficiale, magari curata ancora una volta dal cancelliere. Attualmente non risultano situazioni in cui tale strumento possa sostituirsi al bollettino ufficiale (per una serie di caratteristiche proprie del testo stampato, anche in ordine alla conservazione e alla stessa possibilità di citazione bibliografica), ma non è da escludere in un futuro questa possibile destinazione.
[1] Cf M. Mosconi, Gli atti di curia: dall’istanza alla notifica; protocollo e archiviazione, in QDE 23 (2010) 108-123.
M. Mosconi, Gli atti di curia: dall’istanza alla notifica; protocollo e archiviazione, in QDE 23 (2010) 101-125; A. Perlasca, La funzione notarile del cancelliere e degli altri notai della curia, in QDE 14 (2001) 128-143; G. Trevisan, Il cancelliere della curia diocesana tra antico e moderno, in QDE 14 (2001) 116-127; E. Zanetti, L’archivio diocesano e il cancelliere, in QDE 14 (2001) 144-161.
Communicationes 5 (1973) 227-228; 13 (1981) 121-125; 14 (1982) 214; 24 (1992) 117-118.