§ 1. In singulis dioecesibus constituatur consilium a rebus oeconomicis, cui praesidet ipse Episcopus dioecesanus eiusve delegatus, et quod constat tribus saltem christifidelibus, in re oeconomica necnon in iure civili vere peritis et integritate praestantibus, ab Episcopo nominatis.
§ 2. Membra consilii a rebus oeconomicis ad quinquennium nominentur, sed expleto hoc tempore ad alia quinquennia assumi possunt.
§ 3. A consilio a rebus oeconomicis excluduntur personae quae cum Episcopo usque ad quartum gradum consanguinitatis vel affinitatis coniunctae sunt.
§ 1. In ogni diocesi venga costituito il consiglio per gli affari economici, presieduto dallo stesso Vescovo diocesano o da un suo delegato; esso è composto da almeno tre fedeli, veramente esperti in economia e nel diritto civile ed eminenti per integrità, nominati dal Vescovo.
§ 2. I membri del consiglio per gli affari economici siano nominati per un quinquennio, però, terminato tale periodo, possono essere assunti ancora per altri quinquenni.
§ 1. In every diocese a Finance council is to be established, over which the diocesan bishop himself or his delegate presides and which consists of at least three members of the Christian faithful truly expert in Financial affairs and civil law, outstanding in integrity, and appointed by the bishop.
§ 2. Members of the Finance council are to be appointed for Five years, but at the end of this period they can be appointed for other Five year terms.
§ 3. Persons who are related to the bishop up to the fourth degree of consanguinity or affnity are excluded from the Finance council.
§ 1. En cada diócesis ha de constituirse un consejo de asuntos económicos, presidido por el Obispo diocesano o su delegado, que consta al menos de tres fieles designados por el Obispo, que sean verdaderamente expertos en materia económica y en derecho civil, y de probada integridad.
§ 2. Los miembros del consejo de asuntos económicos se nombran para un período de cinco años, pero, transcurrido ese tiempo, puede renovarse el nombramiento para otros quinquenios.
§ 3. Quedan excluidos del consejo de asuntos económicos los parientes del Obispo hasta el cuarto grado de consanguinidad o de afinidad.
§ 1: cc. 1520 § 1, 1521 § 1; SACRA CONGREGATIO CONCILII, Litt. Circ., 20 iun. 1929, 9 (AAS 21 [1929] 387).
§ 2: c. 1521 § 1.
§ 3: c. 1520 § 2.
Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi, Apostolorum Successores, 22 febbraio 2004, nn. 188-192.
Conferenza Episcopale Italiana, Istruzione in materia amministrativa [= IMA], 1° settembre 2005 (NCEI 39 [2005] 329-422).
La particolare importanza di una corretta e trasparente amministrazione dei beni temporali e della gestione dei rapporti di carattere economico che coinvolgono la diocesi per le sue attività pastorali, ha spinto i legislatore a costituire due figure nuove rispetto al CIC 1917 alle quali affidare, sempre sotto l’autorità del vescovo, ruoli di particolare rilievo: il consiglio per gli affari economici [= CDAE] e l’economo. Questi istituti hanno il compito di sollevare il vescovo dalla gestione diretta delle problematiche economiche, ma anche di garantire la necessaria competenza a chi cura l’amministrazione economica della diocesi. Il CDAE è un organismo obbligatorio, composto da almeno tre fedeli, nominati dal vescovo, chierici o laici, uomini o donne (can. 492 § 1). La composizione e le modalità di funzionamento possono essere opportunamente disciplinate da un regolamento. Non è stabilito un numero massimo di membri, il che dipenderà evidentemente dalle dimensioni della diocesi, dalla quantità dei beni da gestire, ecc., tenendo presente però che il numero dei membri non deve essere tale da rendere troppo macchinosi i lavori e al tempo stesso, trattandosi di un organo collegiale, è opportuno che sia composto da un numero dispari di membri, per evitare, nelle votazioni, il caso di parità. A differenza di quanto prescrive il can. 263 § 2 CCEO, non è opportuno che l’economo faccia parte del consiglio, trattandosi di un organo di controllo e vigilanza, anche se può essere utile che partecipi ai lavori in qualità di relatore o di segretario (cf IMA 26) in ragione delle sue competenze e delle sue conoscenze concrete delle diverse situazioni amministrative. Il vicario generale non è membro di diritto del CDAE: è peraltro del tutto opportuno che ne faccia parte. Ciò può avvenire in base a un decreto di nomina da parte del vescovo. Lo stesso dicasi per il vicario episcopale in rebus oeconomicis: anche in questo caso l’eventuale presidenza non è vi officii ma vi delegationis. Si tratta, quindi, di esercizio di potestà delegata. Circa le qualità richieste per i membri del CDAE il diritto sottolinea la vera competenza in economia e in diritto civile, oltre che la piena integrità; inoltre, per evitare ogni sospetto, non possono far parte del consiglio i consanguinei o gli affini al vescovo fino al quarto grado (cf Communicationes 24 [1992] 66). Il vescovo può nominare liberamente i membri del consiglio e lo presiede pur non essendone membro; può tuttavia delegare la presidenza anche ad un altro, non necessariamente ad un chierico. Dal momento che il vescovo pur presiedendo il consiglio non ne fa parte, ne consegue che non partecipa alle votazioni e non dirime con il suo voto l’eventuale parità. Se il diritto richiede il consenso del consiglio perché possa essere posto un atto, allora il vescovo dovrà attenersi alla sua decisione per porre lecitamente e validamente l’atto in questione; se, invece, è richiesto il consiglio, allora il vescovo potrà agire anche contrariamente al parere espresso ricordando però che, senza una ragione prevalente, da valutarsi a suo giudizio, sarebbe opportuno non discostarsi dal voto, specie se concorde, dei membri del consiglio (cf can. 127 § 2, 2°). Sulle procedure di convocazione si dovrà tener presente di norma il can. 166, mentre su quelle di voto il can. 127. A norma del can. 492 § 2 i consiglieri sono nominati dal vescovo e durano nella loro carica cinque anni e, alla scadenza, possono essere confermati per altri quinquenni. Il diritto non prevede espressamente la possibilità dello scioglimento del consiglio durante munere, il che non significa comunque che ciò non sia possibile in casi di particolare gravità. In caso di sede impedita (can. 412) l’azione del consiglio prosegue regolarmente, poiché il reggente la diocesi assume interinalmente tutti gli obblighi dell’amministrazione diocesano (can. 414) e quindi la presidenza del consiglio. Se la sede è vacante, il consiglio non decade, ma, presieduto dall’amministratore, prosegue le proprie attività nel rispetto del principio di cui al can. 428.
C. Redaelli, I regolamenti del Collegio dei Consultori e del Consiglio diocesano per gli affari economici, in M. Rivella [ed.], Partecipazione e corresponsabilità nella Chiesa, Milano 2000, pp. 190-200; A. Perlasca, Il Consiglio diocesano per gli affari economici, in M. Rivella [ed.], Partecipazione e corresponsabilità nella Chiesa, Milano 2000, pp. 163-189; M. Visioli, Figure e competenze nell’amministrazione dei beni della diocesi, in QDE 31 (2018) 225-249.
Communicationes 5 (1973) 97, 228-229; 13 (1981) 126-128; 14 (1982) 214; 24 (1992) 53-54.