Capitulum canonicorum, sive cathedrale sive collegiale, est sacerdotum collegium, cuius est functiones liturgicas sollemniores in ecclesia cathedrali aut collegiali persolvere; capituli cathedralis praeterea est munera adimplere, quae iure aut ab Episcopo dioecesano ei committuntur.
Il capitolo dei canonici, sia cattedrale sia collegiale, è il collegio di sacerdoti al quale spetta assolvere alle funzioni liturgiche più solenni nella chiesa cattedrale o collegiale; spetta inoltre al capitolo cattedrale adempiere i compiti che gli vengono affidati dal diritto o dal Vescovo diocesano.
A chapter of canons, whether cathedral or collegial, is a college of priests which performs more solemn liturgical functions in a cathedral or collegial church. In addition, it is for the cathedral chapter to fulfill the functions which the law or the diocesan bishop entrusts to it.
El cabildo de canónigos, catedralicio o colegial, es un colegio de sacerdotes, al que corresponde celebrar las funciones litúrgicas más solemnes en la iglesia central o en la colegiata; compete además al cabildo catedralicio cumplir aquellos oficios que el derecho o el Obispo diocesano le encomienden.
c. 391 § 1; SCE-SCpC ep., 19 iul. 1972; DPME 205.
Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi, Apostolorum Successores, 22 febbraio 2004, nn. 185-187.
Nei secoli scorsi i capitoli canonicali, in specie quello della cattedrale, hanno esercitato importanti funzioni all’interno della diocesi, non di rado in rapporto dialettico, per non dire conflittuale, con il vescovo diocesano. Il Codice 1917 riservava al capitolo dei canonici (cf cann. 391-422) della cattedrale compiti di grande importanza durante la sede vacante, quale, per esempio, la nomina del vicario capitolare, a cui spettava il governo della diocesi fino alla nomina del nuovo vescovo (cf cann. 429-444). Il Codice vigente, in sintonia con la nuova visione del presbiterio diocesano proposta dal Vaticano II, con l’attribuzione al CPr della qualifica di «senato del vescovo» prima assegnata al capitolo (cf can. 495 § 1), con l’istituzione del collegio dei consultori e la revisione completa del sistema beneficiale, innova in modo radicale l’istituzione capitolare. Il canone distingue espressamente tra due tipi di capitoli: quello cattedralizio e quello collegiale a seconda che sia legato ad una chiesa cattedrale o concattedrale oppure a una collegiale.
Il capitolo viene definito come un collegio di sacerdoti (esclusi dunque i diaconi, ma compresi i vescovi), dunque si configura come una persona giuridica, collegiale e pubblica (cf cann. 113 § 2; 114-116).
La funzione principale e caratterizzante che il Codice attribuisce al capitolo è sostanzialmente liturgica: assolvere le funzioni più solenni nella chiesa cattedrale o collegiale.
Il canone afferma poi che al capitolo compete di adempiere quanto gli è affidato dal diritto o dal vescovo diocesano.
Per diritto i membri del capitolo della cattedrale partecipano al concilio provinciale attraverso due membri eletti collegialmente (can. 443 § 5), mentre tutti i canonici della chiesa cattedrale devono essere invitati e hanno l’obbligo di partecipare al sinodo diocesano (can. 463 § 1, 3°).
A norma del can. 502 § 3, i compiti del collegio dei consultori potrebbero essere attribuiti al capitolo della cattedrale secondo la tradizione presente in alcuni Paesi: la Conferenza Episcopale Italiana ha ritenuto di non usufruire di questa possibilità (cf CEI, Delibera n. 4, 23 dicembre 1983: can. 502 § 3).
G. Bier, «Cabildo de canónigos», in Diccionario General de Derecho Canónico, J. Otaduy-A. Viana- J. Sedano (ed.), Navarra 2012, I, 781-785; L. Fini – M. morgante, Il capitolo dei canonici nel C.I.C., in L’amico del clero 69 (1987) 139-141; J. Gaudemet, Storia del diritto canonico. Ecclesia et civitas, Cinisello Balsamo 1998, 493-499; M. Morgante, Il capitolo dei canonici nel codice di diritto canonico, in L’amico del clero 68 (1986) 510-518; P. Torquebiau, «Chapitre de chanoines», in Dictionnaire de Droit Canonique, III, Paris 1942, coll. 530-595.
Communicationes 5 (1973) 232; 14 (1982) 218.