§ 1. In unaquaque dioecesi constituatur consilium presbyterale, coetus scilicet sacerdotum, qui tamquam senatus sit Episcopi, presbyterium repraesentans, cuius est Episcopum in regimine dioecesis ad normam iuris adiuvare, ut bonum pastorale portionis populi Dei ipsi commissae quam maxime provehatur.
§ 2. In vicariatibus et praefecturis apostolicis Vicarius vel Praefectus constituant consilium ex tribus saltem presbyteris missionariis, quorum sententiam, etiam per epistolam, audiant in gravioribus negotiis.
§ 1. In ogni diocesi si costituisca il consiglio presbiterale, cioè un gruppo di sacerdoti che, rappresentando il presbiterio, sia come il senato del Vescovo; spetta al consiglio presbiterale coadiuvare il Vescovo nel governo della diocesi, a norma del diritto, affinché venga promosso nel modo più efficace il bene pastorale della porzione di popolo di Dio a lui affidata.
§ 2. Nei vicariati e nelle prefetture apostoliche il Vicario o il Prefetto costituiscano un consiglio composto da almeno tre presbiteri missionari e sentano il loro parere, espresso anche per lettera, negli affari più importanti.
§ 1. In each diocese a presbyteral council is to be established, that is, a group of priests which, representing the presbyterium, is to be like a senate of the bishop and which assists the bishop in the governance of the diocese according to the norm of law to promote as much as possible the pastoral good of the portion of the people of God entrusted to him.
§ 2. In apostolic vicariates and prefectures, the vicar or prefect is to establish a council of at least three missionary presbyters whose opinion, even by letter, he is to hear in more serious matters.
§ 1. En cada diócesis debe constituirse el consejo presbiteral, es decir, un grupo de sacerdotes que sea como el senado del Obispo, en representación del presbiterio, cuya misión es ayudar al Obispo en el gobierno de la diócesis conforme a la norma del derecho, para proveer lo más posible al bien pastoral de la porción del pueblo de Dios que se le ha encomendado.
§ 2. En los vicariatos apostólicos y prefecturas apostólicas, el Vicario o el Prefecto deben constituir un consejo al menos de tres presbíteros misioneros, de los que reciba el parecer, incluso por carta, en los asuntos más graves.
§ 1: LG 28, CD 27, 28; PO 7,8; ES I, 15 § 1; PS 5, 8; DPME 203.
§ 2: c. 302.
Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi, Apostolorum Successores, 22 febbraio 2004, n. 182.
All’interno della descrizione della struttura interna delle Chiese particolari (libro II, sezione II, tit. III), dopo la descrizione della curia diocesana (cap. III) e prima di quella del capitolo dei canonici (cap. IV), il Codice nel cap. III si sofferma su due organismi che esprimono la partecipazione del presbiterio diocesano al governo pastorale del vescovo: il consiglio presbiterale [= CPr] e il collegio dei consultori [= CoCo]. Il Cpr si configura come l’organismo che esprime, in forma istituzionalizzata la corresponsabilità dei presbiteri con il vescovo nel compito di governare. Tale corresponsabilità si fonda sulla comunione sacramentale, che unisce i presbiteri tra loro e con il vescovo. Storicamente, il ruolo del CPr e soprattutto quello del collegio consultori era affidato ai capitolo della cattedrale, definito dal precedente Codice il «senato del Vescovo» (can. 391 § 1). Il capitolo tuttavia non di rado finiva per condizionare e limitare il ministero e l’attività dei vescovi creando tensioni nelle Chiese particolari. A fronte dei radicali mutamenti pastorali in atto, in una prospettiva ecclesiologica nuova, il concilio sentì l’esigenza di suggerire l’istituzione di nuovi e più adeguati organi di consultazione a servizio del ministero dei vescovi e della vita delle diocesi; non a caso CD 27 applica la qualifica di senato del vescovo non solo ai capitoli cattedrali ma anche ad altri consigli eventualmente istituiti secondo le circostanze e il carattere dei diversi luoghi. Presbyterorum Ordinis parla di un organismo che svolga il compito di senato del vescovo in modo distinto dal capitolo cattedrale e afferma che i presbiteri, sia pure in grado subordinato, partecipano con il vescovo dello stesso sacerdozio ministeriale e ne sono necessari collaboratori e consiglieri (PO 7a). Nel 1966 Paolo VI, con il m.p. Ecclesiac sanctae, stabilisce per ogni diocesi la costituzione del CPr.
È questa la prospettiva ecclesiologica nella quale si colloca il CPr e che la legislazione postconciliare è venuta progressivamente, sebbene non sempre in modo lineare, chiarificando. Poiché «il fine e il compito del Consiglio presbiterale provengono necessariamente dalla comunione gerarchica tra il vescovo e i sacerdoti e in qualche modo la manifestano istituzionalmente» (Sacra Congregazione per il Clero, lett. circ. Presbyteri sacra, 11 aprile 1970, n. 5), il CPr ha carattere obbligatorio e ha carattere permanente e dunque la sua costituzione è obbligatoria in ogni diocesi. Per le prefetture apostoliche e i vicariati apostolici (cf can. 371 § 1), considerata la particolare situazione di tali circoscrizioni ecclesiastiche, è prescritta la costituzione di un consiglio formato da almeno tre membri, da consultare anche a mezzo lettera negli affari di maggiore importanza. Costituire il consiglio può essere opportunamente configurato come un processo formale in due tappe: 1. convocazione degli aventi diritto per l’elezione dei membri del consiglio di spettanza con relativo regolamento elettorale; 2. costituzione formale del consiglio con i nomi dei membri eletti, quelli di diritto e quelli scelti dal vescovo.
Il canone descrive il consiglio come un gruppo di sacerdoti che, rappresentando il presbiterio, come suo senato, coadiuvano il vescovo nel governo della diocesi. Il Codice definisce il consiglio come un «coetus» e non come un collegio, come, per esempio, il CoCo (can. 502) e il capitolo dei canonici (can. 503), per quanto l’agire del consiglio sia di norma collegiale. Fanno parte del consiglio solo sacerdoti, quindi presbiteri esclusi i diaconi, compresi eventuali vescovi coadiutori e/o ausiliari. Il carattere rappresentativo dei membri del consiglio rispetto al presbiterio non va inteso nel senso di una delega o di un vincolo tra i membri del consiglio e i singoli presbiteri che li hanno scelti: chi fa parte del consiglio rappresenta i confratelli in quanto agisce non a titolo personale, ma facendo presente il sentire del presbiterio nel suo insieme. D’altra parte anche i membri del consiglio di diritto o nominati dal vescovo sono rappresentanti del presbiterio e non del vescovo, e restano, nel consiglio, presbiteri senza nessun’altra facoltà specifica in ordine al consiglio e al presbiterio. Si può dunque dire che la rappresentanza del consiglio presbiterale è sui generis, ovvero il consiglio è costituito, dalla legge della Chiesa oggettivamente come rappresentante del presbiterio. Il riferimento ai diversi ministeri, alle zone pastorali e ad altri criteri, quali per esempio l’età (cf can. 499) ha importanza solo in ordine alla formazione del consiglio, non alla sua attività.
La stessa espressione «senato del vescovo», assai discussa durante i lavori di codificazione (cf Communicationes 13 [1981] 128-129; 14 [1982] 215) segnala come sia il CPr a coadiuvare in forma prioritaria il vescovo nella formulazione delle scelte di governo.
La sua funzione riguarda quindi il momento dell’elaborazione delle decisioni di governo (non dunque, per esempio, lo studio delle problematiche pastorali tipico del consiglio pastorale) e si attua nella modalità del consigliare. L’ambito di competenza non è limitato ad un settore particolare (per esempio, la vita del clero), ma abbraccia tutta la vita della Chiesa particolare. «Anche se organo di natura consultiva, il Consiglio è chiamato a coadiuvare il Vescovo su ciò che riguarda che il governo della diocesi. Esso è anche la sede idonea per fare emergere una visione di insieme della situazione diocesana e per discernere ciò che lo Spirito Santo suscita per mezzo di persone o di gruppi; per scambiare pareri ed esperienze; per determinare, infine, obiettivi chiari dell’esercizio dei vari ministeri diocesani, proponendo priorità e suggerendo metodi» (AS 182).
G. Incitti, Il consiglio presbiterale. Alle origini di una crisi, Bologna 1997; M. Marchesi, Consiglio presbiterale diocesano, Brescia 1972; Id., Il Consiglio presbiterale: gruppo di sacerdoti, rappresentante di un presbiterio, in M. Rivella (ed.), Partecipazione e corresponsabilità nella Chiesa, Milano 2000, pp. 95-128; G.P. Montini, Comunicazione e comunione tra consiglio presbiterale, presbiterio e diocesi, in M. Rivella (ed.), Partecipazione e corresponsabilità nella Chiesa, Milano 2000, pp. 138-148; M. Rivella, Le funzioni del consiglio presbiterale, in M. Rivella (ed.), Partecipazione e corresponsabilità nella Chiesa, Milano 2000, pp. 81-94; C. Redaelli, Il diritto di voce attiva e passiva nell’elezione del consiglio presbiterale, in M. Rivella (ed.), Partecipazione e corresponsabilità nella Chiesa, Milano 2000, pp. 129-137; G. Sarzi Sartori, Il consiglio presbiterale nelle fonti conciliari della disciplina canonica, in M. Rivella (ed.), Partecipazione e corresponsabilità nella Chiesa, Milano 2000, pp. 36-80.
Communicationes 24 (1992) 56-176; 25 (1993) 122-132..