Cultu publico eos tantum Dei servos venerari licet, qui auctoritate Ecclesiae in album Sanctorum vel Beatorum relati sint.
È lecito venerare con culto pubblico solo quei servi di Dio che, per l’autorità della Chiesa, sono riportati nel catalogo dei Santi o dei Beati.
It is permitted to reverence through public veneration only those servants of God whom the authority of the Church has recorded in the list of the saints or the blessed.
Sólo es lícito venerar con culto público a aquellos siervos de Dios que hayan sido incluidos por la autoridad de la Iglesia en el catálogo de los Santos o de los Beatos.
c. 1277.
Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti, 17 dicembre 2001, Città del Vaticano 2002.
Congregatio de causis sanctorum, Instructio. Reliquiae in Ecclesia: fides et conservatio, 8 dicembre 2017, in AAS 110 (2018) 119-129.
Il canone dispone espressamente che il culto pubblico, «offerto in nome della chiesa da persone legittimamente incaricate e mediante atti approvati dall’autorità della Chiesa» (can. 834 § 2) sia riservato soltanto a coloro che la Chiesa ha annoverato tra i beati e i santi. Evidentemente questo non impedisce di onorare, in forma privata quei servi di Dio, cioè quelle persone per le quali, a motivo dell’esemplarità di vita, è stata introdotta la causa di beatificazione, ma che non sono ancora stati elevati agli onori degli altari (cf Martyrologium Romanum, 29 giugno 2004). Tra gli atti del culto pubblico vi sono le preghiere pubbliche, l’ufficio e la messa propria, la possibilità di dedicare chiese e altari. Espressamente vietata invece nelle chiese qualsiasi celebrazione o predicazione che possa indurre i fedeli in errore circa quei servi di Dio la cui santità è ancora oggetto di investigazione (cf Sacra Congregazione per le cause dei santi, norme Cum in constitutione apostolica, 7 febbraio 1983, n. 36 in AAS 75 [1983] I, 396-403). A norma del can. 1403 le cause di canonizzazione dei servi di Dio sono regolate da una legge pontificia peculiare: Giovanni Paolo II, cost. apost. Divinus perfectionis magister, 25 gennaio 1983 (AAS 75 [1983] I, 349-355); così come è utile tener presente, della Congregazione per le cause dei santi, l’Istruzione per lo svolgimento delle inchieste diocesane o eparchiali nella Cause dei Santi. Sanctorum Mater, 17 maggio 2007, in AAS 99 (2007) 465-510. Il Codice non ripropone più le indicazioni differenziate della precedente codificazione (cf cann. 1277-1278) per il culto dei beati rispetto a quello dei santi, lasciando che la materia venga normata dal diritto liturgico (cf «Communicationes» 5 [1973] 44; 12 [1980] 372-373). Neppure vengono date, come nel Codice precedente (cf can. 1278) indicazioni specifiche in relazione a quella forma particolare di onorare i santi che è la loro elezione a patroni (cf Sacra Congregazione per il culto divino, norme Patronus, 19 marzo 1973 in AAS 65 [1973] 276-279).
S. Boiron, Trente et les images, in «L’Année canonique» 46 (2004) 195-221;
O. Celier, Problèmes posés par la régulation actuelle de la dévotion au Saint-Suaire, ibid., 35 (1993) 97-101;
V. Lanzani, I Patroni, in Notitiae 25 (1988) 226-233;
E. Piacentini, Storia del culto liturgico e popolare. Implicazioni canonico-liturgiche, in «Monitor ecclesiasticus» 124 (1999) 337-349.
Communicationes 5 (1973) 44-45; 9 (1977) 268; 12 (1980) 319-323; 372-373; 35 (2003) 237-239; 247; 266.