§ 1. Votum est publicum, si nomine Ecclesiae a legitimo Superiore acceptetur; secus privatum.
§ 2. Sollemne, si ab Ecclesia uti tale fuerit agnitum; secus simplex.
§ 3. Personale, quo actio voventis promittitur; reale, quo promittitur res aliqua; mixtum, quod personalis et realis naturam participat.
§ 1. Il voto è pubblico, se viene accettato dal legittimo Superiore in nome della Chiesa; diversamente è privato.
§ 2. È solenne, se è riconosciuto come tale dalla Chiesa; diversamente è semplice.
§ 3. È personale, se l’oggetto della promessa è un’azione di chi emette il voto; reale, se l’oggetto della promessa è una cosa; misto, se partecipa della natura del voto personale e reale.
§ 1. A vow is public if a legitimate superior accepts it in the name of the Church; otherwise, it is private.
§ 2. A vow is solemn if the Church has recognized it as such; otherwise, it is simple.
§ 3. A vow is personal if the person making the vow promises an action; real if the person making the vow promises some thing; mixed if it shares the nature of a personal and a real vow.
§ 1. El voto es público, si lo recibe el Superior legítimo en nombre de la Iglesia; en caso contrario es privado.
§ 2. Es solemne, si la Iglesia lo reconoce como tal; en caso contrario es simple.
§ 3. Es personal, cuando se promete una acción por parte de quien lo emite; real, cuando se promete alguna cosa; mixto, el que participa de la naturaleza del voto personal y del real.
§ 1: c. 1308 § 1; PME 119; SC 80; LG 44, 45; Ordo professionis religiosae, 2 feb. 1970, 2.
§ 2: c. 1308 § 2; SCR Rescr., 8 iul. 1974.
§ 3: c. 1308 § 4.
Come per il can. 1308 § 1 del CIC 1917, il § 1 del can. 1192 riporta la tradizionale distinzione tra voto pubblico e privato. Il carattere pubblico del voto non dipende dal fatto che sia stato emesso pubblicamente o che sia conosciuto da altri, ma soltanto dall’accettazione da parte di un legittimo superiore in nome della Chiesa. In tutti gli altri casi è privato. Mentre il voto pubblico si emette «coram Ecclesiam» quello privato solo «coram Deo». Sono, per esempio, voti pubblici, in quanto accettati dal legittimo superiore in nome della Chiesa, i voti di castità, povertà e obbedienza emessi negli istituti religiosi (cf cann. 573 § 2, 598-601, 654) così come il voto pubblico di un eremita (cf can. 603 § 2). Durante i lavori di revisione del Codice, si fece presente che la distinzione tradizionale tra voti pubblici e voti privati non teneva conto, per esempio, dei voti emessi nelle società di vita comune e negli istituti secolari che non potevano essere considerati pubblici in senso tradizionale, ma neppure privati; da qui il suggerimento di aggiungere una terza categoria, quella di voti semipubblici. Poiché tuttavia non vi era unanimità di pareri sulla natura dei voti emessi negli istituti secolari, si preferì mantenere la distinzione tradizionale (cf Communicationes 12 [1980] 375).
Il voto si distingue poi in solenne, se così è riconosciuto dalla Chiesa, altrimenti è semplice. Si tratta di una distinzione che non ha più alcun rilievo nel Codice. La ragione per cui viene qui conservata è solo per la rilevanza che potrebbe ancora avere nel diritto proprio degli ordini religiosi. Nel CIC 1917 i voti solenni costituivano impedimento dirimente al matrimonio, quelli semplici solo impediente (cf cann. 1058 e 1073). Attualmente ogni voto pubblico e perpetuo di castità, sia esso semplice che solenne, emesso in un istituto religioso, costituisce impedimento dirimente (cf can. 1088). Il voto, secondo la potestà di dispensa, si può distinguere in riservato o non riservato. Per la dispensa dai voti pubblici, il can. 691 § 2 dispone che l’indulto di lasciare l’istituto, che comporta ipso iure la dispensa dai voti (cf can. 692), sia riservato alla Sede Apostolica per gli istituti di diritto pontificio, mentre anche al vescovo della diocesi nella quale è situata la casa alla quale è iscritto l’interessato nel caso di un istituto di diritto diocesano. Sempre alla Sede Apostolica è riservata la dispensa dall’impedimento matrimoniale derivante da voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso di diritto pontificio (cf can. 1078 § 2, 1°). Il § 3 riporta la tradizionale distinzione del voto privato in personale, reale o misto. Personale quando ha per oggetto un’azione che deve compiere personalmente il soggetto, come una preghiera o un pellegrinaggio. Reale quando ci si impegna a dare una cosa, per esempio un’offerta, che tuttavia può essere data anche da un’altra persona rispetto a chi ha fatto il voto liberando però quest’ultimo dall’impegno assunto. Il voto misto è sia reale che personale; basterebbe pensare all’impegno di un pellegrinaggio seguito da un’offerta di qualcosa. In rapporto alla durata nel tempo, si può distinguere tra voto perpetuo o temporaneo (cf can. 607 § 2). In dottrina si distingue anche tra voto determinato se la cosa promessa è chiaramente identificabile, indeterminato se chi fa il voto ha una certa discrezione nella scelta tra più cose o azioni da compiere.
A. Bamberg, Protección de los votos y nuevas realidades ecclesiales, in Ius Canonicum 49 (2009) 603-614; S. Pettinato, De voto et iureiurando. Cann. 1191-1198. Introducción. Comentario, in Comentario exegético al Código de Derecho Canónico, III/2, a cura di A. Marzoa – J. Miras – R. Rodríguez-Ocaña, Pamplona 19972, 1725-1197; M.B. Walsh, The Authority to “dispense” from Vow of Solemn Pledge, in The Jurist 59 (1999) 263-269.
Communicationes 9 (1977) 266-268; 12 (1980) 319-323, 375-376; 35 (2003) 240-241, 267.