§ 1. Christifideles defuncti exequiis ecclesiasticis ad normam iuris donandi sunt.
§ 2. Exequiae ecclesiasticae, quibus Ecclesia defunctis spiritualem opem impetrat eorumque corpora honorat ac simul vivis spei solacium affert, celebrandae sunt ad normam legum liturgicarum.
§ 3. Enixe commendat Ecclesia, ut pia consuetudo defunctorum corpora sepeliendi servetur; non tamen prohibet cremationem, nisi ob rationes christianae doctrinae contrarias electa fuerit.
§ 1. Per i fedeli defunti si devono celebrare le esequie ecclesiastiche a norma del diritto.
§ 2. Le esequie ecclesiastiche, con le quali la Chiesa impetra l’aiuto spirituale per i defunti e ne onora i corpi, e insieme arreca ai vivi il conforto della speranza, devono essere celebrate a norma delle leggi liturgiche.
§ 3. La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana.
§ 1. Deceased members of the Christian faithful must be given ecclesiastical funerals according to the norm of law.
§ 2. Ecclesiastical funerals, by which the Church seeks spiritual support for the deceased, honors their bodies, and at the same time brings the solace of hope to the living, must be celebrated according to the norm of the liturgical laws.
§ 3. The Church earnestly recommends that the pious custom of burying the bodies of the deceased be observed; nevertheless, the Church does not prohibit cremation unless it was chosen for reasons contrary to Christian doctrine.
§ 1. Los fieles difuntos han de tener exequias eclesiásticas conforme al derecho.
§ 2. Las exequias eclesiásticas, con las que la Iglesia obtiene para los difuntos la ayuda espiritual y honra sus cuerpos, y a la vez proporciona a los vivos el consuelo de la esperanza, se han de celebrar según las leyes litúrgicas.
§ 3. La Iglesia aconseja vivamente que se conserve la piadosa costumbre de sepultar el cadáver de los difuntos; sin embargo, no prohíbe la cremación, a no ser que haya sido elegida por razones contrarias a la doctrina cristiana.
§ 1: c. 1239 § 3; SCConc Rescr., 12 ian. 1924 (AAS 16 [1924] 189).
§ 2: c. 1215; SCCon Rescr., 12 ian. 1924 (AAS 16 [1924] 189-190); SCCD Decr. Ritibus exequiarum, 15 aug. 1969; IGMR 335; OEx 1-3.
§ 3: c. 1203; SCConc Resp., 16 ian. 1920; SCSO Resp., 23 feb. 1926; SCSO Instr. Cadaverum cremationis, 19 iun. 1926 (AAS 18 [1926] 282-283); SCSO Instr. De cadaverum crematione, 5 iul. 1963 (AAS 56 [1964] 822-823); SCPF Resp., 7 mar. 1967; OEx 15; SCSCD Resp., ian. 1977.
Il Codice riporta i dieci canoni sulle esequie ecclesiastiche (cann. 1176-1185) nella parte II, del libro IV, quella dedicata agli altri atti di culto divino, dopo essersi soffermato, al titolo I sui sacramentali, al titolo II sulla liturgia delle ore, quindi, al titolo III sulle esequie, poi, a seguire, i titoli IV e V sono dedicati rispettivamente al culto dei santi, delle sacre immagini e delle reliquie, e al voto e al giuramento. Nella precedente codificazione la parte dedicata alle esequie ecclesiastiche era collocata nel libro III De rebus, parte seconda De locis et temporibus sacris, sezione I De locis sacris, titolo XII De sepultura ecclesiastica (cann. 1203-1242). A sua volta il titolo XII si divideva in tre capitoli: I De coemeteriis (cann. 1205-1214); II De cadaveris translatione ad ecclesiam, funere ac depositione (cann. 1215-1238); capitolo III De iis quibus sepultura ecclesiastica concedenda est aut neganda (cann. 1239-1242). Ora, dopo un canone introduttivo, appunto il 1176, il titolo si divide in due capitoli: La celebrazione delle esequie (cann. 1177-1182) e A chi si devono concedere o negare le esequie ecclesiastiche (cann. 1183-1185).
Le esequie ecclesiastiche sono riti sacri e di suffragio con i quali la Chiesa, celebrando il mistero pasquale di Cristo, prega per i fedeli defunti perché, debitamente purificati, vengano accolti nella casa del Padre e perché la speranza cristiana possa essere di conforto per i vivi. Lo stesso concilio Vaticano II aveva insistito perché «il rito delle esequie esprima più apertamente l’indole pasquale della morte cristiana e risponda meglio, anche quanto al colore liturgico, alle condizioni e alle tradizioni delle singole regioni» (SC 81). Significativa la scelta, da parte già dei consultori, del titolo «Le esequie ecclesiastiche» invece di «De sepultura ecclesiastica» come nel Codice previgente; per quanto durante i lavori di revisione le due terminologie fossero considerate equivalenti si preferì la prima perché semanticamente più ampia, più conforme al nuovo posizionamento dei canoni tra gli altri atti del culto divino invece che tra i canoni dedicati ai luoghi sacri (cf Communicationes 13 [1980] 345-346) nonché per una maggiore uniformità con la terminologia dei libri liturgici. Altre importanti novità rispetto al Codice precedente sono una drastica riduzione dei canoni con conseguente semplificazione di una casistica oltre che una maggiore attenzione al diritto particolare.
Il canone stabilisce un diritto dei fedeli («donandi sunt») alle esequie al quale corrisponde un dovere da parte della Chiesa, secondo le disposizioni del diritto, ad assicurarne la celebrazione annoverando tra i fedeli che con il battesimo furono incorporati a Cristo anche i catecumeni (cf can. 1183). Il diritto alla celebrazione delle esequie affonda le sue radici nella partecipazione dei fedeli alla vita sacramentale e agli aiuti spirituali della comunità cristiana: così come la Chiesa è responsabile dei sacramenti e dei sacramentali che aiutano e sorreggono la vita del credente (cf can. 213), altrettanto essa è vicina al fedele nella sua morte e ai suoi famigliari. Al diritto dei fedeli e dei catecumeni ad avere un proprio funerale corrisponde dunque un dovere: per i famigliari o per i rappresentanti dei defunti a farlo celebrare e per la Chiesa, in modo speciale nella persona del parroco, a celebrarlo (cf cann. 529 § 1; 530, 5°).
Le norme liturgiche dispongono che «in base alle diverse situazioni ambientali, il rito delle esequie per gli adulti si articola secondo tre “tipi” o schemi. a) Il primo prevede tre “stazioni” o soste: nella casa del defunto, in chiesa, al cimitero. b) Il secondo tipo ne prevede due: nella cappella del cimitero e al sepolcro. c) Il terzo tipo ha una sola “stazione”: nella casa del defunto» (Ordo Exequiarum, n. 4).
Per quanto riguarda la sepoltura, di cui al § 3, «la Chiesa ha sempre preferito la sepoltura del corpo dei defunti come forma più idonea a esprimere la pietà dei fedeli verso coloro che sono passati da questo mondo al Padre, e a favorire il ricordo e la preghiera di suffragio da parte di familiari e amici. Attraverso la pratica della sepoltura nei cimiteri, la comunità cristiana – facendo memoria della morte, sepoltura e risurrezione del Signore – onora il corpo del cristiano, diventato nel Battesimo, tempio dello Spirito Santo e destinato alla risurrezione» (cf CEI, Rito delle esequie, n. 165, p. 205). Tuttavia, in assenza di motivazione contrarie alla fede (quali, per esempio, la mancata fede nella resurrezione dei corpi, la credenza nella reincarnazione, il disprezzo del corpo), la Chiesa non si oppone alla cremazione, accompagnando tale scelta con alcune indicazioni liturgiche e pastorali come quella per cui la celebrazione liturgica delle esequie debba normalmente precedere la cremazione (cf CEI, Rito delle esequie, n. 167, pp. 207-208). La ragione per la quale il Codice del 1917 riteneva addirittura prive di valore eventuali disposizioni testamentarie dei fedeli in favore della cremazione del proprio corpo (cf can.1203) risiedeva nel fatto che la cremazione fosse spesso propugnata da ambienti ostili alla fede nella resurrezione. Poiché la cremazione non è in sé cattiva né di per sé contraria alla fede, si era dunque già ritenuta opportuna una mitigazione del divieto ancora vigente quel Codice (cf SCSO, istruzione Piam et constantem, 5 luglio 1963, in AAS 56 [1964] 822-823). La Chiesa in Italia, nonostante la legislazione civile lo consenta, ha espresso perplessità di fronte alla prassi di spargere le ceneri in natura: «La prassi di spargere le ceneri in natura, oppure di conservarle in luoghi diversi dal cimitero, come, per esempio, nelle abitazioni private, solleva non poche domande e perplessità. La Chiesa ha molti motivi per essere contraria a simili scelte, che possono sottintendere concezioni panteistiche o naturalistiche. Soprattutto nel caso di spargimento delle ceneri o di sepolture anonime si impedisce la possibilità di esprimere con riferimento a un luogo preciso il dolore personale e comunitario. Inoltre si rende più difficile il ricordo dei morti, estinguendolo anzitempo (cf CEI, Rito delle esequie, n. 165, p. 206).
D’altra parte non si può dimenticare l’intervento della Congregazione per la dottrina della fede che, nell’istruzione Ad resurgendum cum Christo del 15 agosto 2016, al n. 7, ribadisce il divieto della «dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversone delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti». E al n. 8 riafferma la negazione delle esequie ecclesiastiche «nel caso in cui il defunto avesse notoriamente disposto la cremazione e la dispersione in natura delle proprie ceneri per ragioni contrarie alla fede cristiana» (AAS 108 [2016] 1292).
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