Exceptio, salvo praescripto can. 1462, semper competit et est suapte natura perpetua.
L’eccezione, salvo il disposto del can. 1462, è sempre possibile e per la sua stessa natura è perpetua.
Unbeschadet der Vorschrift des can. 1462 kann eine Einrede immer vorgebracht werden und besitzt ihrer Natur nach dauernden Charakter.
cc. 1629, 1667.
Questo paragrafo nasce dallo scorporo dell’ultima parte del can. 1667 CIC17 e dall’assemblaggio in un unico canone dei limiti dell’azione (can. 1492 § 1) e dell’assenza di limiti dell’eccezione (can. 1492 § 2).
Il diritto di eccezione non soggiace a limiti, come invece l’azione. La ragione sta nel fatto che essa interviene se e soltanto se è già in atto un giudizio: è un rimedio giudiziale, è una risposta ad una azione in atto. Nel § 2 è espresso un principio di logica giuridica, per il fatto che l’eccezione si solleva solo in dipendenza (e per difendersi) dall’azione intrapresa da un altro, che può agire in ogni momento o almeno secondo una normativa propria.
L’eccezione, pertanto, può essere proposta «semper» ed è «suapte natura perpetua» (cf can. 1492 § 2).
Così, per esempio, il can. 1621 ricorda che a chi adducesse, come argomento in una causa, una sentenza circa l’esistenza di un matrimonio, sempre («in perpetuum») si può proporre come eccezione la querela di nullità di quella sentenza addotta.
La menzione del can. 1462
Il principio della illimitatezza della eccezione non esclude una regolamentazione giuridica circa i momenti processuali in cui porre un’eccezione. Se nella sua proposizione non si rispettano i termini processuali di cui al can. 1462 ne derivano solo conseguenze patrimoniali, ma l’eccezione non è rigettabile né rigettata.
La menzione del can. 1462 non pare appropriata: si deve, infatti, accuratamente distinguere l’eccezione in senso proprio di cui si tratta qui (cf can. 1492 § 2), dalla difesa e dagli argomenti di difesa che la parte oppone all’attore in giudizio: l’eccezione in senso proprio è «modus specialis defensionis, quo directe oppugnatur vis petitionis, nempe actionis iudicialis ad hanc excludendam, et definitur exclusio actionis» (cf M. Lega – V. Bartoccetti, Commentarius in iudicia ecclesiastica, I, Romae 1938, p. 358).
Le eccezioni successive
Naturalmente all’eccezione può essere opposta una eccezione (replicatio). Anche alla replicatio si può opporre una eccezione, denominata duplicatio, e così via con la triplicatio e quadruplicatio. «Iudici tamen cavendum est, ne potius quam defensio, fiat collusio ad litem in infinitum producendam. Et quum rei partes in iudicio sint favorabiliores […] reum ultimum esse debere in respondendo. Sed praecipue ex iure canonico in moderanda partium legitima defensione, plurimum defertur aequo iudicis arbitrio» (ibid., pp. 358-359).
Bonnet, P.A., Azioni ed eccezioni (can. 1491-1500 CIC), in Id., Giudizio ecclesiale e pluralismo dell’uomo. Studi sul processo canonico, Torino 1998, pp. 184-201.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 80; 118; 41 (2009) 379; 11 (1979) 68-69.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.