§ 1. Qui probabilibus saltem argumentis ostenderit super aliqua re ab alio detenta ius se habere, sibique damnum imminere nisi res ipsa custodienda tradatur, ius habet obtinendi a iudice eiusdem rei sequestrationem.
§ 2. In similibus rerum adiunctis obtinere potest, ut iuris exercitium alicui inhibeatur.
§ 1. Chi avrà dimostrato con argomenti almeno probabili di avere diritto ad una qualche cosa in possesso altrui, e che è imminente per lui un danno se quella cosa non sia consegnata in custodia, ha diritto di ottenerne dal giudice il sequestro.
§ 2. In analoghe circostanze può ottenere che sia inibito a un terzo l’esercizio di un diritto.
§ 1. Wer mit wenigstens wahrscheinlichen Gründen glaubhaft gemacht hat, dass er an einer Sache, die ein anderer in seiner Gewalt hat, ein Recht besitzt und dass ihm ein Schaden zu erwachsen droht, wenn die Sache nicht in Verwahrung genommen wird, hat das Recht, vom Richter die Zwangsverwahrung dieser Sache zu verlangen.
§ 2. Unter ähnlichen Voraussetzungen kann er verlangen, dass jemandem die Ausübung eines Rechtes untersagt wird.
§ 1: c. 1672 § 1; SN can. 189.
§ 2: c. 1672 § 2.
Lex propria Supremi Tribunalis Signaturae Apostolicae, art. 100:
«Quoad actiones et exceptiones de rei sequestratione et exercitii iuris inhibitione serventur, congrua congruis referendo, normae huius capitis» (AAS 100 [2008] 533).
La dinamica fondamentale che regge le azioni cautelari
I canoni 1496-1499 normano alcune azioni cautelari, in cui cioè il tribunale pone al sicuro per la durata del giudizio cose o diritti che sono oggetto di controversia.
La dinamica fondamentale di tali azioni si ripete pressoché identica in ogni provvedimento che abbia natura cautelare e si ritrova anche nella sospensione dell’atto amministrativo impugnato.
Due sono i principi che operano: la fondatezza della causa intentata e l’irreparabilità del danno.
La fondatezza della causa. Quanto più la causa appare dotata di probabilità di risolversi a favore dell’attore, tanto più è favorito il provvedimento cautelare che mette al sicuro il bene o il diritto controverso, che si trova nella disponibilità del convenuto. Quanto più, invece, la causa appare sprovvista di fumus boni iuris, fino ad apparire infondata o addirittura temeraria, tanto più il provvedimento cautelare non sarà concesso.
L’irreparabilità del danno. Quanto più il danno, che sopraverrà al bene in questione o al diritto controverso, che durante il processo si trovano nella disponibilità del convenuto, sarà dopo il processo, con la vittoria dell’attore, irreparabile o difficilmente riparabile, tanto più è favorita la concessione del rimedio cautelare. E viceversa.
La valutazione bilanciata di questi principi regge le azioni cautelari.
Per ottenere il sequestro (di una cosa) o la proibizione (dell’esercizio di un diritto), è necessario anzitutto che la pretesa di chi esercita l’azione cautelare sia fondata e abbia probabilità di essere provata giudizialmente; inoltre che il danno temuto, nel caso di mancato sequestro o inibizione, sia irreparabile.
Il presupposto della previsione di esito positivo della causa
Nella prima revisione la Commissione decise di mantenere il tenore del can. 1672 § 1 CIC17, ma secondo le innovazioni del can. 189 del motu proprio Sollicitudinem Nostram (in AAS 42 [1950] 46). Ciò ha significato la precisazione che non basta il fumus boni iuris con il quale si introduce una causa («Qui ostenderit») per aver diritto ad ottenere il sequestro, ma era necessario avere a disposizione argomenti che rendevano probabile l’esito positivo della causa («probabilibus saltem argumentis»): cf S. Congregazione Orientale – Pontificia Commissione per la redazione del Codice di Diritto Canonico Orientale, Ventesima Plenaria. Proposte di modifiche del testo del “Codex Iuris Canonici”. Nuove proposte presentate dal Prof. Pio Ciprotti, Città del Vaticano 1944, 79.
Nel contenzioso amministrativo
Più volte nell’attività giudiziaria della Segnatura Apostolica la normativa sulla sospensione dell’atto impugnato si è rivelata insufficiente a rispondere alle domande di giustizia dei ricorrenti in quanto non raramente l’autorità ecclesiastica sulla base dell’atto impugnato (la cui illegittimità era appunto sub iudice) aveva proceduto con ulteriori decisioni (potenzialmente lesive del ricorrente se al termine del ricorso l’atto impugnato fosse dichiarato illegittimo). D’altro canto il ricorrente non aveva facoltà nel processo contenzioso amministrativo di chiedere la sospensione delle decisioni conseguenti all’atto impugnato per il fatto che, appunto, la normativa prevedeva la domanda di sospensione del solo atto impugnato e, per di più, se concessa, senza forza retroattiva.
La nuova disposizione dell’art. 100 LP, consentendo al giudice amministrativo (Segnatura Apostolica) di inibire l’esercizio dell’autorità amministrativa ecclesiastica, può disporre la sospensione anche degli ulteriori atti o decisioni della medesima autorità.
Recentemente (cf SSAT, prot. n. 50763/15 CA), per esempio, un vescovo diocesano avviò la investigatio praevia (in vista dell’istituzione di un processo penale) sulla disobbedienza di un sacerdote ad un precetto che era stato impugnato e la cui legittimità era in discussione alla Segnatura Apostolica. Il promotore di giustizia chiese la sospensione (inibizione) della investigazione previa e il vescovo, per evitare una sospensione decisa dal tribunale, spontaneamente dichiarò che non avrebbe proceduto fino al termine del ricorso sulla legittimità del precetto.
Bonnet, P.A., Azioni ed eccezioni (can. 1491-1500 CIC), in Id., Giudizio ecclesiale e pluralismo dell’uomo. Studi sul processo canonico, Torino 1998, pp. 201-202.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 81-82; 109; 41 (2009) 380; 11 (1979) 72-73.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.