Obiectum iudicii sunt:
1° personarum physicarum vel iuridicarum iura persequenda aut vindicanda, vel facta iuridica declaranda;
2° delicta, quod spectat ad poenam irrogandam vel declarandam.
Oggetto del giudizio sono:
1° i diritti di persone fisiche o giuridiche da perseguire o da rivendicare, o fatti giuridici da dichiarare;
2° i delitti per quanto riguarda l’irrogazione o la dichiarazione della pena.
Gegenstand eines Gerichtsverfahrens sind:
1° die Verfolgung oder der Schutz von Rechten natürlicher oder juristischer Personen oder die Feststellung rechtserheblicher Tatbestände;
2° Straftaten im Hinblick auf die Verhängung oder Feststellung einer Strafe.
Can. 1552 § 2.
Il paragrafo iniziale del Libro VII («De processibus») definisce l’oggetto del giudizio, intendendo con questo stabilire una differenza tra «processi» e «giudizi». Mentre i primi si definiscono per «una serie ordinata di atti previsti dalla legge» e costituiscono un genere, i «giudizi» sono una specie di processi e sono la discussione e definizione di una controversia a norma di legge, di fronte a un tribunale (cf. can. 1552 § 1 CIC17), comportando quindi il pieno contraddittorio con parità processuale delle parti e soluzione della controversia da parte del giudice imparziale e indipendente. In tal modo, tutti i giudizi sono processi, ma non tutti i processi sono giudizi. Nel Codice l’esempio più chiaro della distinzione si può leggere nel can. 1718 § 1, 3°: «Cum satis collecta videantur elementa, decernat Ordinarius utrum processus iudicialis [= giudizio] sit adhibendus an, nisi lex vetet, sit procedendum per decretum extra iudicium [= processo]». In altre parole, nel caso all’Ordinario spetta decidere se per punire un delitto intende usare il processo giudiziale penale o il giudizio amministrativo penale («decretum extra iudicium»).
Oggetto dei giudizi sono i diritti: nel giudizio si perseguono i diritti verso le persone e si rivendicano i diritti verso le cose. Non sono oggetto di giudizio né quindi possono essere oggetto di sentenza giudiziale esortazioni, ammonimenti, inviti o altro di questo genere, ma solo «diritti» ed, eventualmente, i corrispettivi doveri.
Sono oggetto dei giudizi anche i fatti giuridici (controversi), dei quali si chiede la «dichiarazione» e che comportano effetti giuridici che interessano un soggetto giuridico (persona fisica o giuridica). Rientrano in questo oggetto del giudizio le cause di nullità matrimoniale, in cui oggetto di giudizio è appunto la dichiarazione dell’inesistenza del vincolo matrimoniale. Durante tutta la revisione del Codice alcuni autori e organi di consultazione ritenevano che il giudizio «contenzioso» non fosse confacente alle cause di nullità matrimoniale (cf., per esempio, Communicationes 16 [1984] 52-53, 56, 77), soprattutto per il fatto che la dichiarazione potrebbe non essere controversa tra i coniugi (cf. ibid., p. 56). In realtà anche nelle cause matrimoniali vi è sempre una parte (difensore del vincolo) che ha interesse a esporre le ragioni che militano contro la dichiarazione di nullità, essendo questa indisponibile alle parti e pure all’autorità stessa. La tesi avanzata comunque non è tanto di carattere scientifico (non tiene conto del significato dell’equivalenza «contenzioso = giudiziale»), quanto piuttosto “pastorale”, perché intendere una maggiore facilità nella dichiarazione della nullità matrimoniale e una marginalizzazione dell’altro coniuge. Nell’introduzione al MIDI si esplicita direttamente che la riforma ha voluto mantenere la trattazione delle cause di nullità del matrimonio nell’ambito giudiziale: «volentes causas nullitatis matrimonii via iudiciali pertractari, haud vero administrativa» (AAS 107 [2015] 959). Se ne dà — ultroneamente, per la verità, ma con grande profitto dottrinale — anche la ragione: 1. la natura delle cose non impone la via giudiziale nella trattazione delle cause di nullità matrimoniale; come a dire, si sarebbe potuto anche inserire la loro trattazione all’interno della potestà amministrativa; 2. alla difesa della verità del vincolo matrimoniale conviene sommamente la via giudiziale nella trattazione di queste cause; 3. le garanzie dell’ordine giudiziario sono certamente idonee alla difesa della verità del vincolo matrimoniale.
Sono pure oggetto dei giudizi le pene, «irrogate», nel caso di pene ferendae sententiae (cf. can. 1314), o «dichiarate», nel caso di pene latae sententiae (cf. ibid.), tramite giudizio.
Daneels, F., recensione a M.J. Arroba Conde, Diritto processuale canonico, Roma 19963, in «Ius Ecclesiae» 9 (1997) 333-335 oppure in «Forum» 9/1 (1998) 283-285.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 30; 33; 47; 119-120; 39 (2007) 304-306; 41 (2009) 354; 10 (1978) 217; 13 (1981) 75; 16 (1984) 52; 77.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.