Romanus Pontifex pro toto orbe catholico iudex est supremus, qui vel per se ipse ius dicit, vel per ordinaria Sedis Apostolicae tribunalia, vel per iudices a se delegatos.
Il Romano Pontefice è giudice supremo in tutto l’orbe cattolico, e giudica o personalmente o tramite i tribunali ordinari della Sede Apostolica oppure per mezzo di giudici da lui delegati.
Der Papst ist der oberste Richter für den gesamten katholischen Erdkreis. Er spricht Recht entweder persönlich oder durch die ordentlichen Gerichte des Apostolischen Stuhles oder durch von ihm delegierte Richter.
c. 1597.
Sentenza in una Romana, coram Francisco PP., 16 maggio 2017, prot. n. 18067, in Prassi e sfide dopo l’entrata in vigore del m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus e del rescriptum ex audientia del 7 dicembre 2015, Città del Vaticano 2018, 141-149
«Ordino […] di pubblicare ed eseguire o fare eseguire, ai sensi di legge, questa Mia sentenza definitiva, salvi i diritti e gli interessi previsti dalla legge, compresi quelli del can. 1628, 1680 § 1 e 1687, § 3 C.I.C. e dell’art. 257 § 2 dell’Istr. Dignitas Connubii, ossia interporre appello davanti al Vescovo della Diocesi di Latina – Terracina – Sezze – Priverno, fatto salvo il diritto di proporre appello davanti al Decano della Rota Romana».
Qualche perplessità nacque sull’opportunità di mantenere questo canone sia perché appare già contenuto nel can. 1417 (e, infatti, il can. 1597 CIC17 vi faceva riferimento) sia perché la rubrica tratta de «I tribunali della Sede Apostolica» (cf Communicationes 41 [2009] 122). Supremo «Per se ipse» «Per ordinaria Sedis Apostolicae tribunalia» «Per iudices delegatos» – I tribunali delegati
Il Romano Pontefice è il vero e unico iudex natus in senso proprio, in quanto – a differenza del vescovo diocesano – non è sottomesso alla legge processuale positiva, essendone il Legislatore.
Dice riferimento alla inimpugnabilità delle decisioni giudiziarie del Romano Pontefice, già sanzionata dal can. 1404 (cf commento al can. 1404), sia quanto all’appello sia quanto ad ogni altra impugnazione.
Naturalmente deve trattarsi di decisioni giudiziali del Romano Pontefice in quanto tale. Non si può escludere che il Romano Pontefice, ritenendo di giudicare in un caso in quanto vescovo di Roma e concedendo, in ragione di questa veste di giudizio, il mandatum di cui al can. 1405 § 2, ammetta l’appello avverso la sua decisione da parte di chi si senta gravato, presso di sé o presso un altro giudice dal Romano Pontefice ammesso e individuato ad actum o ad normam iuris communis. È quanto è avvenuto in una nota decisione di nullità matrimoniale decisa dal Romano Pontefice ad normam can. 1683 e munita della clausola abituale circa la facoltà di impugnazione (cf supra).
Cf, per esempio, can. 1405 § 1.
Si tratta del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e della Rota Romana, che giudicano con potestà ordinaria vicaria, vicaria del Romano Pontefice, nel cui nome e per la cui autorità giudicano entro il proprio ambito di competenza.
Si nota che il canone non usa la denominazione «tribunali delegati», bensì «giudici delegati». I canoni 1606-1607 CIC17 sotto la rubrica «De tribunali delegato» sono stati espunti (cf Communicationes 38 [2006] 46; 60; 41 (2009) 365).
La questione generale circa i tribunali o giudici delegati fu trattata proprio in occasione della revisione del can. 1442 con il risultato principale di decidere di omettere la espressione «ordinario/ordinariis» (presente nel CIC17) nelle rubriche dei primi tre capitoli del titolo II, che mutarono pertanto da «De tribunali ordinario primae instantiae» a «De tribunali primae instantiae», da «De tribunali ordinario secundae instantiae» a «De tribunali secundae instantiae» e da « De ordinariis Apostolicae Sedis tribunalibus» a «De Apostolicae Sedis tribunalibus» (cf Communicationes 10 [1978] 244).
La motivazione è di grande importanza: «Aliquis notavit in schemate fere unquam mentionem fieri de tribunali delegato et petiit ut haec lacuna impleatur. Relator respondet Coetum consulto id fecisse ita ut, quantum fieri possit, non turbetur ordo publicus per iurisdictiones speciales, quae quidem, ut evidens est, non vetantur. Quod dari possit tribunal delegatum a S. Sede vel ab Episcopo eruitur sive ex normis generalibus sive quia in can. 102 § 2 (de Normis Generalibus) [= oggi: 135 § 2] soli iudices vetantur ne potestatem iudicialem delegent» (Communicationes 10 [1978] 243). La proposta piacque a tutti i consultori eccetto uno; dalla medesima proposta nacque l’espunzione del termine «ordinario» «[n]e autem videatur in Codice lacunam haberi» (ibid.). Di conseguenza i canoni dal 1419 al 1445 si devono applicare, salva diversa disposizione e all’occorrenza congrua congruis referendo, anche ai giudici delegati.
Bianchi, P., Il potere giudiziario del Romano Pontefice, in QDE 13 (2000) 64-82.
Grocholewski, Z., Il Romano Pontefice come giudice supremo nella Chiesa, in «Ius Ecclesiae» 7 (1995) 39-64.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 45; 58; 41 (2009) 122; 41 (2009) 364; 10 (1978) 243-245.