§ 4. In primo iudicii gradu, si forte collegium constitui nequeat, Episcoporum conferentia, quamdiu
huiusmodi impossibilitas perduret, permittere potest ut Episcopus causas unico iudici clerico committat, qui, ubi fieri possit, assessorem et auditorem sibi asciscat.
§ 4. In primo grado di giudizio, se eventualmente non si possa costituire un collegio, la Conferenza Episcopale, fintantoché perduri tale impossibilità, può permettere che il Vescovo affidi la causa ad un unico giudice chierico, il quale si scelga, ove sia possibile, un assessore e un uditore.
§ 4. Sollte etwa ein Kollegialgericht nicht eingerichtet werden können, so kann die Bischofskonferenz, solange diese Unmöglichkeit besteht, für erstinstanzliche Verfahren die Erlaubnis erteilen, dass der Bischof die Gerichtssachen einem Kleriker als Einzelrichter überträgt; dieser soll, falls dies möglich ist, einen beratenden Beisitzer und einen Vernehmungsrichter hinzuziehen.
CPEN Normae, 28 apr. 1970, 3; SCGE Formula facultatum, 1 ian. 1971, 20; CM V § 2; Sec Normae, 1 nov. 1974, 2.
«È consentito al Vescovo diocesano, in caso di perdurante impossibilità a costituire il Collegio, di affidare la causa contenziosa (ma non matrimoniale, né penale, né per gli altri casi previsti dalle norme canoniche) a unico giudice ecclesiastico il quale potrà associarsi un assessore e un uditore» (Conferenza Episcopale Italiana, Delibera n. 13, 23 dicembre 1983, in «Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana» 17 [1983] 210.
Contesto Condizioni per il giudice unico nelle cause riservate al collegio Impossibilità di costituire un collegio Per le cause di nullità matrimoniale
La riserva di cause al giudizio di un collegio di tre giudici nel can. 1425 § 1, aveva sollevato una certa opposizione, soprattutto in riferimento alle cause di nullità matrimoniale, le più numerose nei tribunali ecclesiastici:
– «Rev.mus secundus Consultor rationes affert circa opportunitatem statuendi Tribunal unius iudicis in causis de nullitate matrimonii et sacrae ordinationis» (Communicationes 38 [2006] 41);
– «Rev.mi secundus et primus Consultor censent sufficere unicum iudicem» (ibid., 39 [2007] 307);
– «Nonnulli votum fecerunt ut ordinarie non requiratur tribunal collegiale nisi causae difficiliores sint. Alii ut admittatur iudex unicus saltem pro Ia instantia» (ibid., 10 [1978] 234).
La proposta fu sempre respinta. In sua vece fu approvata una mitigazione della riserva (obbligo) del collegio previsto nel can. 1425 § 1. Questa mitigazione è appunto il § 4 del can. 1425.
Si tratta di una mitigazione che concerne tutte le cause di cui al can. 1425 § 1 e non solo le cause di nullità matrimoniale. Questa estensione fu oggetto di opposizione (cf ibid., 10 [1978] 234; 16 [1984] 56-57), ma la limitazione alle cause di nullità matrimoniale fu sempre bocciata: «Non admittitur. Illae enima causae [scil. causae de vinculo sacrae ordinationis et causae poenales] maius non habent momentum quam causae matrimoniales» (ibid., 16 [1984] 57).
Perché cause riservate al collegio (cf can. 1425 § 1) possano essere affidate al giudice unico si devono realizzare le seguenti condizioni:
1°. la conferenza episcopale lo permetta: con apposita delibera generale (cf can. 455 §§ 1-2) deve permettere la costituzione del giudice unico;
2°. in primo grado di giudizio;
3°. il giudice unico deve essere chierico;
4°. nel singolo caso il vescovo diocesano decida di affidare la causa al giudice unico: è stata bocciata (perché irrealizzabile) la proposta di affidare alla conferenza episcopale i singoli casi (cf Communicationes 10 [1978] 234; 16 [1984] 53);
5°. impossibilità di costituire un collegio;
6°. aggregazione, se possibile, di un assessore e istruttore: la menzione dell’istruttore (a fronte della previsione di due assessori del can. 1424) intende invitare – se possibile – che l’istruzione della causa non sia svolta (integralmente) dal giudice unico. E ciò al fine di evitare un condizionamento eccessivo del giudice unico.
Il § per ben due volte menziona questa condizione:
– la prima volta all’inizio del §: «si forte collegium constitui nequeat»; questa clausola sembra riferirsi al vescovo diocesano che di fatto nel caso singolo deve verificare l’impossibilità di costituire il collegio, prima di affidare una determinata causa al giudice unico;
– l’altra volta nel corpo del §: «quamdiu huiusmodi impossibilitas perduret»; questa clausola sembra riferirsi alla conferenza episcopale che deve emanare (e poi revocare) il decreto a seconda che l’impossibilità esista o cessi.
Nessuna delle due clausole ha effetti invalidanti.
L’impossibilità può essere sia materiale (il tribunale, per esempio, è composto dal solo vicario giudiziale) sia morale (il numero delle cause, per esempio, non consente uno svolgimento celere [cf can. 1453] delle cause).
È evidente dall’insistenza la assoluta preferenza nel diritto processuale canonico del giudizio collegiale, fino a preferire, prima di derogare al giudice collegiale, di derogare al giudice chierico (cf can. 1421 § 2): cf in tal senso Communicationes 39 (2007) 327.
Le cause di nullità matrimoniale sono rette dalla normativa speciale del can. 1673 §§ 3-5.
Daniel, W.L., The Principle of Collegiality in the Exercise of Judicial Power in the Church, in «Studia canonica» 53 (2019) 369-429.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 41-42; 53; 39 (2007) 307-308; 324-328; 41 (2009) 359; 10 (1978) 233-234; 16 (1984) 56-57.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.