§ 1. Si quod tribunal primae instantiae unicum pro pluribus dioecesibus, ad normam can. 1423, constitutum sit, Episcoporum conferentia debet tribunal secundae instantiae, probante Sede Apostolica, constituere, nisi dioeceses sint omnes eiusdem archidioecesis suffraganeae.
§ 1. Se fu costituito un tribunale unico di prima istanza per più diocesi, a norma del can. 1423, la Conferenza Episcopale deve costituire con l’approvazione della Sede Apostolica un tribunale di seconda istanza, a meno che tutte quelle diocesi non siano suffraganee della stessa arcidiocesi.
§ 1. Wenn ein einziges Gericht erster Instanz nach Maßgabe von can. 1423 für mehrere Bistümer eingerichtet ist, muss die Bischofskonferenz mit Genehmigung des Apostolischen Stuhles ein Gericht zweiter Instanz einrichten, außer alle beteiligten Bistümer sind Suffragane derselben Erzdiözese.
PIUS PP. XI, m.p. Qua cura, 8 dec. 1938, II (AAS 30 [1938] 412); SCDS Decr. Excellentissimi Ordinarii, 20 dec. 1940 (AAS 33 [1941] 363-364); SCDS Decr. Per decretum, 25 mar. 1952 (AAS 44 [1952] 281-282); SCDS Decr. Excellentissimi Ordinarii, 31 dec. 1956 (AAS 49 [1957] 163-169); REU 105; SA Normae, 28 dec. 1970, 2 § 1 (AAS 63 [1971] 487); SA Rescr., 2 ian. 1971
La previsione codiciale di tribunali interdiocesani di primo grado (cf can. 1423) richiede una normativa propria per individuare il tribunale di appello di ciascun tribunale interdiocesano. Il tribunale della Rota Romana Il tribunale metropolitano Il tribunale costituito dalla Conferenza episcopale Il tribunale costituito dalla Segnatura Apostolica Il decreto di costituzione
La normativa usufruisce naturalmente dell’esperienza allora ormai pluridecennale dei tribunali interdiocesani.
Anche se non è ripetuta la clausola iniziale del can. 1438, si intende che anche nel caso di tribunali interdiocesani la Rota Romana è tribunale concorrente di appello.
Nel caso in cui le diocesi che concordemente hanno costituito il tribunale interdiocesano di prima istanza appartengano ad una sola provincia, ossia più precisamente, siano suffraganee della stessa sede metropolitana (arcidiocesi), il tribunale di appello del tribunale interdiocesano è il tribunale del metropolita (cf can. 1439 § 1, seconda parte).
Si deve annotare chiaramente che non rientra in questa fattispecie il caso in cui il tribunale interdiocesano comprenda tutte le diocesi di una provincia ecclesiastica (inclusa pertanto la sede metropolitana): in questo caso non si verifica la condizione prevista dal can. 1439 («omnes eiusdem archidioecesis suffraganeae»), perché, ovviamente, una (la sede metropolitana) non è suffraganea, perché non può essere suffraganea di se stessa.
Se non si dà il caso precedente (assai raro, per la verità), per il tribunale di appello di un tribunale interdiocesano di primo grado è indispensabile l’intervento della Conferenza episcopale. Mentre il tribunale interdiocesano di primo grado è costituito liberamente dai vescovi concordi, la costituzione del tribunale di appello è di competenza della Conferenza episcopale. La ragione sta nel fatto che si deroga ai diritti del metropolita (cf Communicationes 16 [1984] 58).
Si tratta in questo caso di un dovere della Conferenza episcopale.
La Conferenza episcopale, salva l’approvazione della Segnatura Apostolica, ha ampia discrezionalità in questa costituzione del tribunale di appello; può costituire tribunale di appello:
[1] un tribunale diocesano o metropolitano già esistente all’interno o all’esterno dell’ambito geografico di competenza del tribunale interdiocesano di primo grado;
[2] un altro tribunale interdiocesano già esistente per cause di primo grado;
[3] un tribunale interdiocesano appositamente costituito per essere foro di appello del tribunale interdiocesano di primo grado;
[4] un tribunale interdiocesano appositamente costituito per più tribunali interdiocesani di primo grado, anche a livello nazionale, ossia per tutti i tribunali interdiocesani all’interno del territorio della Conferenza episcopale.
Il modello [2] è quello preferito e più spesso approvato dalla Segnatura Apostolica nella seguente forma circolare: A appella a B; B appella a C; C appella ad A. È sconsigliato il modello: A appella a B; B appella ad A. Quest’ultimo modello, infatti, possiede due opposti pericoli: l’accordo su una determinata giurisprudenza; la ritorsione nel giudizio sulle cause.
I modelli [3][4] sono approvati dalla Segnatura Apostolica con l’avvertenza che essi suppongono una certa abbondanza di ministri. Stante il prescritto dell’art. 36 § 1 DC, i ministri non possono esercitare stabilmente in due tribunali gerarchicamente connessi. In tal modo i ministri, per esempio, del tribunale interdiocesano nazionale non possono essere ministri in alcuno dei tribunali interdiocesani del territorio di quella Conferenza episcopale. Nel modello [2], invece, i ministri operano in un tribunale interdiocesano che è di primo grado per un territorio e di secondo per un altro territorio.
In tutti i casi è necessaria l’approvazione della Sede Apostolica, nel caso della Segnatura Apostolica, la cui funzione è di verificare che la scelta della Conferenza non sia causa di inconvenienti per l’amministrazione della giustizia.
Nel caso [3] pare improprio denominare il tribunale costituito come «tribunale interdiocesano di appello», perché la sua costituzione non è opera concorde di più vescovi, come nel primo grado, ma istituzionalmente della Conferenza episcopale.
Non è raro il caso in cui la Segnatura Apostolica debba intervenire nella costituzione del tribunale di appello di un tribunale interdiocesano di primo grado a motivo di diversi fattori che impediscono l’adempiersi dei requisiti del can. 1439 § 1. Si pensi, per esempio, al caso di:
– una Conferenza episcopale molto vasta e quindi dell’opportunità che intervenga piuttosto la conferenza episcopale regionale nella costituzione di un tribunale di appello per un tribunale interdiocesano di primo grado; già Supremum Signaturae Apostolicae Tribunal, Normae pro tribunalibus interdioecesanis vel regionalibus aut interregionalibus erigendis et ordinandis, 28 dicembre 1970, in AAS 63 (1971) 486-492, art. 2 § 3, prevedeva questa opzione;
– un tribunale interdiocesano di primo grado che comprende tutte le diocesi di una nazione e, quindi, la necessità che il tribunale di appello sia sul territorio di un’altra nazione, con la competenza di un’altra Conferenza episcopale;
– una Conferenza episcopale inerte.
In questi casi la costituzione – mancando qualche elemento previsto nel can. 1439 § 1 – si deve attribuire alla Segnatura Apostolica.
La Conferenza episcopale deve decidere fra le scelte sopra indicate [1]-[4] e tale decisione, a meno che lo statuto della Conferenza episcopale non preveda diversamente, non è necessario che si esprima attraverso una delibera a norma del can. 455, potendo, a norma dello statuto, essere presa dal presidente, dalla presidenza o dal consiglio permanente come decisione singolare amministrativa o esecutiva.
La costituzione di un tribunale di appello richiede nel caso [3] un decreto di costituzione, nel quale si determinino almeno la sede e il vescovo Moderatore; in ogni caso è bene che vi sia un decreto di costituzione, almeno per provvedere all’individuazione dei mezzi di finanziamento.
Per un esempio di decreto di approvazione cf «Ius Ecclesiae» 24 (2012) 188-189.
Zaggia, C., I tribunali interdiocesani o regionali nella vita della Chiesa, in Dilexit Iustitiam. Studia in honorem Aurelii Card. Sabattani, Città del Vaticano 1984, 119-153.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 44; 58; 41 (2009) 363; 10 (1978) 242-243; 16 (1984) 58.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.