Si competentia ratione gradus, ad normam cann. 1438 et 1439 non servetur, incompetentia iudicis est absoluta.
Se la competenza relativa al grado di giudizio non viene osservata a norma dei cann. 1438 e 1439, l’incompetenza del giudice è assoluta.
Wird die Zuständigkeit hinsichtlich der Instanzenordnung gemäß cann. 1438 und 1439 nicht eingehalten, so ist die Unzuständigkeit des Richters absolut.
L’apparizione di questo canone in limine promulgationis del Codice, senza che i lavori della Commissione per la riforma del Codice abbiano mai riferito nelle sessioni di lavoro, negli schemi e nelle relazioni sulle consultazioni alcunché al riguardo, rende difficile la interpretazione. Interpretazione letterale Interpretazione larga Valutazione della interpretazione controversa Concludendo è mio parere che sul punto si debba non già supporre una lacuna iuris da colmare, ma piuttosto, visti argomenti e autori che si oppongono, un dubium iuris, in forza del quale «leges […] et inhabilitantes […] non urgent» (can. 14 prima parte), escludendo pertanto la incompetenza assoluta (cf can. 1620, 2°) nel caso di accesso ad un tribunale di appello non supportato dalla normativa dei cann. 1438-1439.
Non già l’interpretazione potremmo dire dell’oggetto principale del canone, ossia che l’incompetenza per grado è incompetenza assoluta: appartiene alla dottrina e giurisprudenza classica e concorde che un tribunale di secondo grado è incompetente di incompetenza assoluta a trattare e giudicare di una causa che si trova in primo grado di giudizio. D’altronde anche il can. 1407 § 2, determinando gli unici casi di incompetenza relativa e non recensendo l’incompetenza per grado, indirettamente dichiara che l’incompetenza per grado è incompetenza assoluta.
Oggetto di controversia è invece la menzione dei canoni 1438 e 1439 nel testo del canone. Due sono le interpretazioni che si confrontano.
Secondo questa linea interpretativa si dà incompetenza assoluta secondo il can. 1440 ogniqualvolta non solo è violato il grado (ossia un tribunale di grado secondo giudica una causa che si trova in primo grado di giudizio, e viceversa), ma anche quando è violato l’ambito di competenza del tribunale di secondo grado (ossia il tribunale di secondo grado competente per l’appello dei tribunali A, B, C di primo grado, giudica in appello una causa giudicata nel tribunale D di primo grado).
A favore di questa interpretazione letterale sono: M.J. Arroba Conde, Diritto processuale canonico, Roma 19963, 102; 522 nota 26; Roma 20207, 137-138; J. Llobell, in Comentario exegético al Código de Derecho Canónico, IV, Pamplona 1996, 687; Id., L’introduzione della causa, in I giudizi nella Chiesa, Milano 1998, 54-58; M.Á. Ortiz, La competenza dei tribunali periferici secondo il grado di giudizio, in «Ius Ecclesiae» 9 (1997) 471-473.
Le ragioni principali sono: [1] il tenore letterale del canone con la menzione dei cann. 1438 e 1439; [2] l’osservazione «che ogni tribunale di primo grado conosce perfettamente quale sia il tribunale territoriale di appello cui fa riferimento» e viceversa.
Secondo questa linea interpretativa si dà incompetenza assoluta secondo il can. 1440 solo ogniqualvolta è violato il grado (ossia un tribunale di grado secondo giudica una causa che si trova in primo grado di giudizio, e viceversa); non si dà, invece, incompetenza assoluta quando è violato l’ambito di competenza del tribunale di secondo grado (ossia il tribunale di secondo grado competente per l’appello dei tribunali A, B, C di primo grado, giudica in appello una causa giudicata nel tribunale D di primo grado). In quest’ultimo caso si sarebbe di fronte a incompetenza relativa.
A favore di questa interpretazione larga sono: F. Daneels, recensione a M.J. Arroba Conde, Diritto processuale canonico, Roma 19963, in «Ius Ecclesiae» 9 (1997) 336-338; J. Ochoa, J., I titoli di competenza, in Il processo matrimoniale2, 146-148.
Le ragioni principali sono: [A] la ratio canonis che non può essere la volontà di duplicare quanto già previsto in generale per l’incompetenza relativa; [B] il can. 1407 § 2 non si limita al primo grado se non per il locus materiae e per ciò che plerumque accidit; [C] l’interpretazione letterale escluderebbe dal can. 1440 i tribunali di terzo e ulteriore grado, come pure quelli costituiti al di fuori dei cann. 1438-1439; [D] l’art. 124 PB prevede la proroga di competenza [si tratta perciò di incompetenza relativa] dei tribunali inferiori senza distinguere se di primo o di secondo grado; [E] la non eccezionalità di errori nella individuazione dei tribunali di appello, soprattutto in territori di missione; [F] l’opinione di «due eminenti processualisti».
Arroba Conde risponde agli argomenti addotti quanto a:
– [C]: i tribunali di terzo grado non sono contemplati nel Codice e perciò sono fuori dalla volontà legislativa del can. 1440;
– [D]: il Legislatore non è accurato nel distinguere prorogatio e commissio, come dimostra il can. 1445 § 3, 2°;
– [F]: due autori, ancorché eminenti non fanno la communis opinio doctorum di cui al can. 19.
Decisivi, a mio parere, nella discussione due argomenti:
– la comune e costante giurisprudenza del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica in materia, dato che distingue sempre nei decreti tra prorogatio e commissio;
– l’esperienza e la prassi della Segnatura Apostolica permettono di negare il suppositum della posizione di Arroba Conde (cf supra [2]), cioè che sia sempre chiaro quale sia il tribunale di appello.
Non si è probabilmente lontano dal vero (ma l’ipotesi andrebbe verificata con riferimenti temporali) nel collocare la ratio del canone negli abusi che all’epoca si stavano manifestando e colpendo, in relazione al foro che giudica «tamquam in secunda instantia» dopo l’applicazione dell’allora can. 1683 [oggi: 1680 § 4], o altri casi simili. Ciò deporrebbe ulteriormente per la tesi interpretativa larga (cf argomento [A]).
Citata nel commento.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.