Ratione conexionis, ab uno eodemque tribunali et in eodem processu cognoscendae sunt causae inter se conexae, nisi legis praescriptum obstet.
A motivo della connessione, le cause tra loro connesse devono essere giudicate da un solo ed identico tribunale e nello stesso processo, a meno che non vi si opponga il disposto della legge.
Aufgrund des Sachzusammenhanges sind vom selben Gericht und im selben Verfahren Sachen, die miteinander zusammenhängen, zu entscheiden, sofern dem nicht eine Gesetzesvorschrift entgegensteht.
c. 1567.
Si tratta di un vero e proprio titolo di competenza e per questo è contenuto nell’elenco dei titoli di cui al can. 1407 § 1 e nella definizione di incompetenza relativa di cui al can. 1407 § 2. Si applica anche alle cause di nullità matrimoniale (cf DC 15).
«Connexio est relatio exsistens inter diversas causas principales, quae habent commune inter se aliquod saltem elementum obiectivum» : due cause principali che abbiano almeno un elemento oggettivo in comune si dicono cause connesse. Poiché gli elementi di una causa sono tre (le persone, l’oggetto e la causa petendi), gli elementi oggettivi di una causa sono il petitum (oggetto) e la causa petendi (fondamento). Perché ci siano cause connesse, il petitum, ossia l’oggetto della richiesta giudiziale (cf, per esempio, la punizione di un reo), o la causa petendi, ossia la norma invocata e i fatti che la concernono (cf, per esempio, la violazione del sigillo sacramentale, delittuosa a norma del can. 1388) deve ritrovarsi identico in entrambe le cause. La necessaria connessione delle cause, stabilita dal canone 1414, costituisce titolo di competenza per il tribunale a trattare della causa connessa, per la quale non è autonomamente e originariamente competente.
La connessione si giustifica con ragioni di economia processuale: «Causae inter se connexae facilius ab uno eodemque iudice expediuntur; unde evitantur inutiles circuitus et definitiones seu sententiae inter se parum cohaerentes, cum dedecore ordinis iudicialis; evitantur maiores expensae et temporis dispendia» (Lega-Bartoccetti, I, 75); per questo si aggiunge, rispetto al can 1567 CIC17, che le cause connesse devono essere trattate «nello stesso processo» (cf «Communicationes» 10 [1978] 226-227). Vi è pure la preoccupazione di evitare sentenze definitive contraddittorie.
La connessione in realtà si realizza attraverso la sollevazione dell’eccezione di connessione (exceptio connexionis), che può avvenire sia a opera delle parti (cf can. 1459 § 2) sia ex officio dal giudice (cf can. 1452), sia prima della contestazione della lite sia dopo la contestazione della lite.
Nel caso di due cause matrimoniali, si devono considerare connesse cause che:
– hanno in comune il petitum, ossia la domanda di nullità del matrimonio, anche se non hanno in comune la ratio petendi, ossia il capo di nullità , oppure
– hanno in comune la causa petendi (per esempio, l’impotentia coëundi), ma non il petitum (in una causa la nullità del matrimonio, nell’altra causa la separazione dei coniugi).
Le cause connesse devono essere trattate da un solo ed identico tribunale e in un solo e identico processo: ciò è obbligatorio («cognoscendae»).
Le ragioni sono evidenti: il titolo di connessione («titulus connexionis») rende competente a trattare la causa connessa il tribunale che prima non lo era. Si tratta in realtà di una prorogatio competentiae determinata dalla legge (ex praescripto legis), perché il giudice competente in una causa diventa ope legis competente nella causa connessa.
La violazione del titolo di connessione non comporta però incompetenza assoluta del tribunale: il can. 1414, infatti, è all’interno della serie di canoni (1408-1414) che si riferiscono all’incompetenza relativa (cf can. 1407 § 2).
Limiti della connessione
Il titolo di connessione ha dei limiti di applicazione: il can. 1414, infatti, prevede che vi possano essere prescritti del diritto che impediscano la connessione delle cause; la connessione è così esclusa se per la causa connessa o da connettere:
– il tribunale è assolutamente incompetente (per esempio, ratione materiae, ratione personae o ratione gradus);
– il foro è necessario;
– il tribunale deve essere collegiale, mentre il giudice a quo è unico.
Bonnet, P.A., La competenza. Brevi annotazioni ai cc. 1404-1416 CIC, in «Periodica de re canonica» 85 (1996) 524-527.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 38; 50; 41 (2009) 356; 10 (1978) 226-227.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.