Praeter casum de quo in § 1, iudex, ex iusta causa et auditis partibus, potest ad probationes acquirendas etiam extra proprium territorium se conferre, de licentia tamen Episcopi dioecesani loci
adeundi et in sede ab eodem designata.
Oltre al caso di cui nel § 1, il giudice, per giusta causa e dopo aver udite le parti, può anche recarsi fuori del proprio territorio per acquisire le prove, su licenza tuttavia del Vescovo diocesano del luogo dove intende andare e nella sede designata dal medesimo.
Abgesehen von dem in § 1 erwähnten Fall kann sich der Richter aus gerechtem Grund und nach Anhören der Parteien zur Beweisbeschaffung auch außerhalb seines eigenen Gebietes begeben, allerdings nur mit Erlaubnis des örtlichen Diözesanbischofs und an den von diesem bezeichneten Ort.
Il canone non trova precedenti nel Codice previgente e nasce dai suggerimenti degli organi di consultazione sul primo Schema del Codice (cf Communicationes 10 [1978] 260-261), per ispirazione dal can. 1469 § 1.
Esso consente le trasferte del giudice fuori dal territorio del proprio tribunale per istruire una causa.
L’utilizzazione delle rogatorie, ossia il diritto di ogni tribunale di avvalersi della collaborazione giudiziale di altri tribunali (cf cann. 1418 e 1558 § 3), come pure la grande facilità di movimento e di comunicazione attuali, rendono marginale il ricorso alla prassi delle trasferte e a questa norma.
La sua utilità può tuttavia essere considerata soprattutto nell’importanza di un’istruttoria svolta personalmente dal giudice che conosce meglio tutti gli atti e che emetterà la sentenza.
La licenza del vescovo diocesano sia quanto ad accesso sia quanto a designazione del luogo non può essere presunta né può essere concessa dal vicario giudiziale.
Solo analogicamente, anzi impropriamente, il can. 1469 § 2 si applica al caso in cui i ministri di un tribunale interdiocesano o regionale si rechino per assumere delle prove in una sede decentrata del medesimo tribunale (di solito la sede del tribunale diocesano) o comunque nel territorio di una diocesi che compone lo stesso tribunale: in questo caso infatti i ministri del tribunale non si recano «fuori dal proprio territorio».
Le parti (anche il difensore del vincolo e il promotore di giustizia, se ci sono: cf can. 1434, 1°) «devono essere ascoltate», ma potrebbero essere esse stesse a richiedere la trasferta del tribunale.
Nel caso in cui le spese della trasferta del tribunale gravino integralmente sui fedeli, sarà opportuno che il tribunale valuti attentamente il parere delle parti, lasciando a loro l’opzione tra la trasferta del tribunale e il convenire alla sede.
Secondo la dottrina assolutamente prevalente, la mancata informazione (§ 1) o licenza (§ 2) del vescovo diocesano non inficia la validità degli atti processuali.
La mancata licenza del vescovo diocesano e la falsa attestazione del luogo nei verbali degli interrogatori sono state causa di provvedimenti disciplinari presi dalla Segnatura Apostolica nei confronti di vicari giudiziali, giudici e notai.
Schöch, N., La disciplina da osservarsi nei tribunali (artt. 65-91), in Il giudizio di nullità matrimoniale dopo l’istruzione “Dignitas connubii”. Parte seconda: la parte statica del processo, Città del Vaticano 2007, 229.
In ordine cronologico
Communicationes 10 (1978) 260-261.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.