§ 1. Iudex cognoscendam ne suscipiat causam, in qua ratione consanguinitatis vel affinitatis in quolibet gradu lineae rectae et usque ad quartum gradum lineae collateralis, vel ratione tutelae et curatelae, intimae vitae consuetudinis, magnae simultatis, vel lucri faciendi aut damni vitandi, aliquid ipsius intersit.
§ 2. In iisdem adiunctis ab officio suo abstinere debent iustitiae promotor, defensor vinculi, assessor et auditor.
§ 1. Il giudice non accetti di giudicare una causa che in qualche modo lo riguarda in ragione di vincoli di consanguineità o affinità in qualunque grado della linea retta e fino al quarto grado della linea collaterale, o in ragione di tutela e curatela, di intima amicizia, di grave inimicizia, oppure a scopo di guadagno o per evitare un danno.
§ 2. Nelle medesime circostanze devono astenersi dal loro ufficio il promotore di giustizia, il difensore del vincolo, l’assessore e l’uditore.
§ 1. Der Richter darf in keinem Rechtsstreit tätig werden, an dem er aufgrund von Blutsverwandtschaft oder Schwägerschaft in der geraden Linie und bis zum vierten Grad der Seitenlinie, ferner aufgrund von Vormundschaft oder Pflegschaft, freundschaftlichem Verkehr, feindlicher Einstellung, Erwartung eines Gewinns oder Vermeidung eines Verlustes irgendwie persönlich interessiert ist.
§ 2. Unter denselben Umständen müssen sich Kirchenanwalt, Bandverteidiger, Beisitzer und Vernehmungsrichter ihrer Ämter enthalten.
§ 1: c. 1613 § 1; PrM 30 § 1.
§ 2: c. 1613 § 2; PrM 30 § 2.
Dovere di giudicare L’obbligo di astensione Tassatività I ministri che devono astenersi e che, di conseguenza, se non si astengono, possono essere ricusati
La maturità e la formazione richieste per l’ufficio di giudice nonché la nomina e l’investimento del soggetto quale giudice comportano che il giudice sia tenuto a giudicare le cause sottopostegli, fino a prevedere una fattispecie penale per i giudici che, «cum certe et evidenter competentes sint, ius reddere recusent» (can. 1457).
Ciò significa che il giudice non potrà rinunciare a(lla trattazione e definizione di) una causa senza una ragione sufficiente, che deve subire almeno due valutazioni: la prima morale, di coscienza; la seconda giuridica, di accettazione da parte dell’autorità cui compete il conferimento dell’ufficio. Non è corretto, pertanto, al primo cenno di difficoltà o contestazione da parte di chicchessia, svestirsi della competenza in una causa, neppure allo scopo di “rendere più serena la trattazione della causa” o di “rendere l’amministrazione della giustizia non solo imparziale nella realtà, ma anche nell’apparenza”. Non ci si rende conto che una rinuncia superficiale rompe l’equilibrio dell’assegnazione delle cause, nuocendo forse ancor più all’imparzialità.
Ciò significa pure il dovere del giudice di non cacciarsi con il suo stile generale di vita in situazioni nelle quali sia messa in pericolo la sua equidistanza dalle parti sia nella realtà sia anche solo nell’apparenza.
Il giudice, quando si riveli una situazione oggettiva di interesse suo proprio nella causa che gli è affidata, non è più tenuto al dovere di giudicare, anzi deve astenersene. Lo stesso dovere di astensione vale quand’anche nelle menzionate situazioni il singolo giudice creda di potersi mantenere imparziale: è in gioco la fiducia nella funzione giudiziale. La lettura delle fonti di sospetto dev’essere pertanto condotta su un piano oggettivo e riferita anche solo al rischio (oggettivo) di parzialità.
Il canone 1448 § 1 enumera i casi nei quali l’interesse di una causa («aliquid ipsius intersit») giustifica l’astensione del giudice:
– consanguinitas «in quolibet gradu lineae rectae et usque ad quartum gradum lineae collateralis»; è stata respinta la proposta di estendere il dovere di astensione fino al sesto grado in linea collaterale (cugini secondi), lasciando anche alla Conferenza episcopale una diversa statuizione: questi ultimi casi si è ritenuto che potessero rientrare nella «intima vitae consuetudo» (cf Communicationes 16 [1984] 60);
– affinitas «in quolibet gradu lineae rectae et usque ad quartum gradum lineae collateralis» (cf supra);
– tutela;
– curatela;
– «intima vitae consuetudo»;
– magna simultas;
– lucrum faciendum;
– damnum vitandum.
Si presume comunque l’infondatezza della fonte di sospetto che si basi su un atto giudiziale legittimamente posto (cf art. 68 § 5 DC).
La dottrina è divisa sulla tassatività dell’elenco delle fonti di sospetto (cf, per esempio, decreto, coram Funghini, in una Parisien., nullitatis matrimonii, recusationis tribunalis, 12 febbraio 1987, n. 3, in DS V, 19-20): pare decisamente preferibile la tesi della tassatività (cf can. 1449 § 1 «in casibus, de quibus in can. 1448»; Communicationes 10 [1978] 251), per non dar adito a usi strumentali della ricusazione (cf cann. 1449-1451), quale tentativo di evitare i giudici naturali non graditi.
L’istruzione Dignitas connubii (cf art. 67 § 1) opta invece, per le cause di nullità matrimoniale, a favore del carattere esemplificativo dell’elenco delle fonti di sospetto, aggiungendovi alla fine una causa generica: «vel in qua quaevis alia fundata suspicio acceptionis personarum in ipsum cadere possit». Si tratta di una scelta problematica.
Da un lato apre ad una pericolosa discrezionalità nel diritto di ricusazione, perché per le stesse ragioni per le quali un giudice deve astenersi, può essere ricusato.
Dall’altro lato le situazioni alle quali Dignitas connubii intese rimediare con l’estensione delle cause di astensione, potevano avere altre soluzioni, quali, per esempio:
a) la facoltà che al giudice è riconosciuta di astenersi per altre cause, con l’accettazione del superiore;
b) la facoltà che compete alle parti di rivolgersi alla Segnatura Apostolica che spesso concede proroghe di competenze nel caso di connessioni troppo strette tra un tribunale e una delle parti.
Sono soggetti al dovere dell’astensione e sono conseguentemente passibili di ricusazione:
– il giudice;
– il difensore del vincolo;
– il promotore di giustizia;
– l’assessore;
– l’uditore;
– il notaio;
– l’interprete;
– cursore.
Non è prevista questa disciplina per:
– avvocato e procuratore;
– notaio;
– perito.
Jenkins, R.E., Safeguarding the administration of Justice: Judicial Abstention and Recusal in Canonical Perspective, in «Periodica de re canonica» 93 (2004) 389-434.
Montini, G.P., Astensione e ricusazione del Vescovo giudice. Alcune questioni sul can. 1449 §3, in «Periodica de re canonica», di prossima pubblicazione.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 64; 92; 41 (2009) 366; 10 (1978) 250-251; 16 (1984) 60.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.