Termini autem iudiciales et conventionales, ante eorum lapsum, poterunt, iusta intercedente causa, a iudice, auditis vel petentibus partibus, prorogari, numquam autem, nisi partibus consentientibus, valide coarctari.
I termini giudiziari e convenzionali invece, prima della loro decadenza, possono essere prorogati dal giudice intervenendo una giusta causa, udite le parti o a loro richiesta, ma non possono essere mai validamente ridotti, senza il consenso delle parti.
Richterliche und vereinbarte Fristen können jedoch vor ihrem Ablauf aus gerechtem Grund vom Richter nach Anhören oder auf Antrag der Parteien verlängert, niemals aber ohne deren Zustimmung gültig verkürzt werden.
c. 1634 § 2.
Art. 81, § 2 DC
Termini autem iudiciales et conventionales, id est a iudice motu proprio vel consentientibus partibus statuti, ante eorum lapsum, poterunt, iusta intercedente causa, ab ipso iudice, auditis vel petentibus partibus, prorogari, numquam autem sine earum assensu valide coarctari.
Termini giudiziali Termini convenzionali
I termini che sono stabiliti dal giudice («motu proprio»: art. 81 § 2 DC) sono denominati «giudiziali». Si tratta dei termini per i quali:
– la legge stabilisce in qualsiasi forma l’esistenza o la possibilità, e il giudice si limita a stabilire la ampiezza del termine: cf, per esempio, cann. 1484 § 2; 1596 § 3; 1601;
– il giudice stabilisce un termine «ubi lex terminos haud statuat ad actus processuales peragendos» (can. 1466; cf Communicationes 38 [2006] 72);
– il giudice autonomamente ritiene di porre un termine per un determinato atto processuale e stabilisce pure l’ampiezza del termine: il giudice, per esempio, può stabilire un termine perché la parte convenuta si esprima sulla richiesta di liberatoria dal segreto professionale del suo medico.
I termini giudiziali possono essere perentori (cf commento al can. 1465 § 1) oppure non-perentori: in questo secondo caso l’atto che non è stato posto entro la scadenza può essere presentato e accettato anche dopo la scadenza senza pregiudizio alcuno, se non le logiche e naturali conseguenze della successione temporale. Se il giudice ha posto un termine non-perentorio per l’esibizione da parte dell’attore del testo integrale della sentenza di separazione civile, oltre la scadenza l’attore potrà presentare il documento, ma la sua assunzione cadrà sotto la normativa che regge quel momento processuale.
La proroga dei termini giudiziali può avvenire alle seguenti condizioni:
– deve essere decisa prima della scadenza del termine;
– per giusta causa;
– con decisione del giudice (cf art. 81 § 2 DC);
– udite tutte le parti o su loro richiesta;
– sempre che la causa non si protragga eccessivamente (cf can. 1465 § 3).
La riduzione dei termini giudiziali non era prevista in questo canone nel Codice del 1917 (cf can. 1634 § 2). Ne fu decisa l’introduzione a seguito della soppressione nel nuovo Codice dell’istituto dell’attentato lite pendente (cf cann. 1854-1857 CIC17), così da avere una prescrizione irritante sull’argomento (cf Communicationes 11 [1979] 132-133; 16 [1984] 67).
Ora (cf can. 1465 § 2) la riduzione dei termini giudiziali può avvenire alle seguenti condizioni di validità:
– con decisione del giudice (cf art. 81 § 2 DC);
– con il consenso o assenso delle parti.
Il giudice deve essere responsabile e prudente nel porre clausole perentorie, per la gravità insita nella perdita che consegue alla eventuale trasgressione dei termini. Egli dovrà considerare oltre alle circostanze della causa, la natura di ciascun atto processuale coinvolto (cf can. 1466) nonché la loro difficoltà (cf Communicationes 10 [1978] 260).
È chiaro comunque che non può il giudice comminare la perentorietà in relazione al processo, all’azione o all’istanza, se il termine si riferisce ad un atto processuale che non coinvolge intrinsecamente il processo, l’azione o l’istanza.
I termini sui quali è intervenuto un accordo tra le parti sono denominati «convenzionali»: si tratta di termini che sono sanciti dal giudice (cf art. 81 § 2 DC), che ratifica o certifica l’avvenuto accordo tra le parti e rinunciando il giudice alla normazione del termine di propria iniziativa.
Per questi termini vale, congrua congruis referendo, la medesima normativa sopra descritta per i termini giudiziali.
Schöch, N., La disciplina da osservarsi nei tribunali (artt. 65-91), in Il giudizio di nullità matrimoniale dopo l’istruzione “Dignitas connubii”. Parte seconda: la parte statica del processo, Città del Vaticano 2007, 226-228.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 72; 98; 41 (2009) 371; 10 (1978) 259-260; 11 (1979) 133; 16 (1984) 67.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.