In unoquoque tribunali, quatenus fieri possit, stabiles patroni constituantur, ab ipso tribunali stipendium recipientes, qui munus advocati vel procuratoris in causis praesertim matrimonialibus pro partibus quae eos seligere malint, exerceant.
In ciascun tribunale si costituiscano, per quanto è possibile, patroni stabili, stipendiati dallo stesso tribunale, che esercitino l’incarico di avvocati o procuratori nelle cause soprattutto matrimoniali per le parti che desiderino sceglierli.
Bei jedem Gericht sollen nach Möglichkeit vom Gericht entlohnte Parteibeistände fest bestellt werden, die den Dienst eines Anwaltes oder Prozessbevollmächtigten vornehmlich in Ehesachen für jene Parteien ausüben, die sich ihrer bedienen wollen.
Instructio Dignitas connubii, art. 113 § 3:
«In unoquoque tribunali, quatenus fieri possit, stabiles patroni constituantur, ab ipso tribunali stipendium recipientes, qui munus de quo in § 1 explere possunt, quique munus advocati vel procuratoris pro partibus quae eos seligere malint, exerceant».
Conferenza Episcopale Italiana, Norme circa il regime amministrativo e le questioni economiche dei Tribunali ecclesiastici regionali italiani e circa l’attività di patrocinio svolta presso gli stessi, 18 marzo 1997, in Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana 31 (1997) 56-62: Conferenza Episcopale Italiana, Norme circa il regime amministrativo e le questioni economiche dei Tribunali ecclesiastici regionali italiani e circa l’attività di patrocinio svolta presso gli stessi, 19 ottobre 1998, in Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana 32 (1998) 307-312: Conferenza Episcopale Italiana, Norme circa il regime amministrativo e le questioni economiche dei Tribunali ecclesiastici regionali italiani e circa l’attività di patrocinio svolta presso gli stessi, 30 marzo 2001, in Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana 35 (2001) 75-80: Conferenza Episcopale Italiana, Norme circa il regime amministrativo dei Tribunali ecclesiastici italiani in materia di nullità matrimoniale, 7 giugno 2018, in Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana 52 (2018) 179-185:
«Art. 6
§ 1. L’organico del Tribunale regionale deve prevedere l’istituzione di almeno due patroni stabili ai sensi del can. 1490. Essi esercitano il compito sia di avvocato sia di procuratore.
L’incarico di patroni stabili deve essere conferito a persone che, secondo le qualifiche richieste dal can. 1483, offrano garanzia di poter efficacemente svolgere il loro compito a favore dei fedeli.
Spetta alla Presidenza della C.E.I. dare ulteriori determinazioni circa i requisiti e i criteri per l’affidamento dell’incarico, la natura del rapporto con il Tribunale e le modalità di esercizio dell’attività.
L’assunzione del predetto incarico è ragione di incompatibilità con l’esercizio del patrocinio di fiducia presso i Tribunali regionali italiani.
§ 2. A tali patroni stabili i fedeli possono rivolgersi per ottenere consulenza canonica circa la loro situazione matrimoniale e per avvalersi del loro patrocinio avanti il Tribunale regionale presso il quale prestano il loro servizio.
Il servizio di consulenza avviene secondo i tempi e le modalità previsti dal Regolamento del Tribunale.
Per potersi avvalere del patrocinio di un patrono stabile, la parte che ne abbia interesse deve farne richiesta scritta e motivata al Preside del Collegio giudicante.
Questi accoglie la richiesta tenuto conto delle ragioni addotte e delle effettive disponibilità del servizio.
§ 3. Il patrono stabile non riceve alcun compenso dai fedeli, né per la consulenza, né per il patrocinio o la rappresentanza in giudizio.
Alla retribuzione dei patroni stabili provvede il Tribunale, attingendo dalle risorse messe a disposizione dalla C.E.I. e alle condizioni stabilite dalla medesima.
§ 4. Il patrono stabile può non accettare l’incarico per una determinata causa ovvero rinunciare in corso di causa all’incarico assunto, se legittimamente impedito o se ritenga, in scienza e coscienza, di non poter continuare a svolgerlo».
«Art. 6
§ 1. L’organico del Tribunale regionale deve prevedere l’istituzione di almeno due patroni stabili ai sensi del can. 1490. Essi esercitano il compito sia di avvocato sia di procuratore.
L’incarico di patroni stabili deve essere conferito a persone che, secondo le qualifiche richieste dal can. 1483, offrano garanzia di poter efficacemente svolgere il loro compito a favore dei fedeli.
Spetta alla Presidenza della C.E.I. dare ulteriori determinazioni circa i requisiti e i criteri per l’affidamento dell’incarico, la natura del rapporto con il Tribunale e le modalità di esercizio dell’attività.
L’assunzione del predetto incarico è ragione di incompatibilità con l’esercizio del patrocinio di fiducia presso i Tribunali regionali italiani.
§ 2. A tali patroni stabili i fedeli possono rivolgersi per ottenere consulenza canonica circa la loro situazione matrimoniale e per avvalersi del loro patrocinio avanti il Tribunale regionale presso il quale prestano il loro servizio.
Il servizio di consulenza avviene secondo i tempi e le modalità previsti dal Regolamento del Tribunale.
Per potersi avvalere del patrocinio di un patrono stabile, la parte che ne abbia interesse deve farne richiesta scritta e motivata al Preside del Collegio giudicante. Questi accoglie la richiesta tenuto conto delle ragioni addotte e delle effettive disponibilità del servizio.
§ 3. Il patrono stabile non riceve alcun compenso dai fedeli, né per la consulenza, né per il patrocinio o la rappresentanza in giudizio.
Alla retribuzione dei patroni stabili provvede il Tribunale, attingendo dalle risorse messe a disposizione dalla C.E.I. e alle condizioni stabilite dalla medesima.
§ 4. Il patrono stabile può non accettare l’incarico per una determinata causa ovvero rinunciare in corso di causa all’incarico assunto, se legittimamente impedito o se ritenga, in scienza e coscienza, di non poter continuare a svolgerlo».
«Art. 6
§ 1. L’organico del Tribunale regionale deve prevedere l’istituzione di almeno due patroni stabili ai sensi del can. 1490. Essi esercitano il compito sia di avvocato sia di procuratore. L’incarico di patroni stabili deve essere conferito a persone che, secondo le qualifiche richieste dal can. 1483, offrano garanzia di poter efficacemente svolgere il loro compito a favore dei fedeli.
Spetta alla Presidenza della C.E.I. dare ulteriori determinazioni circa i requisiti e i criteri per l’affidamento dell’incarico, la natura del rapporto con il Tribunale e le modalità di esercizio dell’attività.
L’assunzione del predetto incarico è ragione di incompatibilità con l’esercizio del patrocinio di fiducia presso i Tribunali regionali italiani.
§ 2. A tali patroni stabili i fedeli possono rivolgersi per ottenere consulenza canonica circa la loro situazione matrimoniale e per avvalersi del loro patrocinio avanti il Tribunale regionale presso il quale prestano il loro servizio.
Il servizio di consulenza avviene secondo i tempi e le modalità previsti dal Regolamento del Tribunale.
Per potersi avvalere del patrocinio di un patrono stabile, la parte che ne abbia interesse deve farne richiesta scritta e motivata al Preside del Collegio giudicante.
Questi accoglie la richiesta tenuto conto delle ragioni addotte e delle effettive disponibilità del servizio.
§ 3. Il patrono stabile non riceve alcun compenso dai fedeli, né per la consulenza, né per il patrocinio o la rappresentanza in giudizio.
Alla retribuzione dei patroni stabili provvede il Tribunale, attingendo dalle risorse messe a disposizione dalla C.E.I. e alle condizioni stabilite dalla medesima, fatte salve eventuali diverse determinazioni.
§ 4. Il patrono stabile può non accettare l’incarico per una determinata causa ovvero rinunciare in corso di causa all’incarico assunto, se legittimamente impedito o se ritenga, in scienza e coscienza, di non poter continuare a svolgerlo».
«Art. 8 – I patroni stabili
§ 1. I fedeli possono rivolgersi ai patroni stabili per ottenere consulenza canonica circa la loro situazione matrimoniale e per avvalersi del loro patrocinio avanti il tribunale ecclesiastico presso il quale prestano il loro servizio.
Il servizio di consulenza avviene secondo i tempi e le modalità previsti dal regolamento del tribunale e tenuto conto dell’organizzazione diocesana dell’indagine pregiudiziale o pastorale.
§ 2. Spetta al Consiglio Episcopale Permanente dare determinazioni circa l’istituzione dei patroni stabili ai sensi del can. 1490 nonché circa i requisiti e i criteri per l’affidamento dell’incarico, la natura del rapporto con il tribunale (o i tribunali) e le modalità di esercizio dell’attività.
I patroni stabili esercitano il compito sia di avvocato sia di procuratore.
L’incarico di patroni stabili deve essere conferito a persone che, in possesso delle qualifiche richieste dal can. 1483, offrano garanzia di poter efficacemente svolgere il loro compito a favore dei fedeli.
L’assunzione del predetto incarico è ragione d’incompatibilità con l’esercizio del patrocinio di fiducia presso i tribunali ecclesiastici italiani.
§ 3. Per potersi avvalere del patrocinio di un patrono stabile, la parte che ne abbia interesse deve farne richiesta scritta e motivata al Vicario giudiziale. Questi può accogliere la richiesta, tenendo conto delle ragioni addotte e delle effettive disponibilità del servizio.
§ 4. Il patrono stabile non può ricevere alcun compenso dai fedeli, né per la consulenza, né per il patrocinio o la rappresentanza in giudizio.
§ 5. Il patrono stabile può rifiutare l’incarico per una determinata causa ovvero rinunciare in corso di causa all’incarico assunto, se legittimamente impedito o se ritenga, in scienza e coscienza, di non poter continuare a svolgerlo. Tale rinuncia, per essere efficace, deve essere accolta dal Vicario giudiziale».
Gli abusi reali e favoleggiati di avvocati che richiedono immodici emolumenti, la carenza in alcuni Paesi di avvocati ecclesiastici che si dedicano alla libera professione nonché la loro scarsa propensione e disponibilità per la consulenza previa all’introduzione di una causa di nullità matrimoniale, hanno spinto il Legislatore a prevedere che in ogni tribunale si abbiano patroni stabili («stabiles patroni») , che hanno due caratteristiche specifiche: La normativa sui patroni stabili emanata dalla Conferenza Episcopale Italiana La consulenza previa all’introduzione della causa ad opera dei patroni stabili e di altri I patroni stabili dopo la promulgazione del MIDI
– «ab ipso tribunali stipendium recipientes»;
– «munus […] pro partibus quae eos seligere malint, exerceant».
La prima caratteristica concerne non già il fatto che il patrono stabile sia un dipendente del tribunale, mettendo in tal modo in pericolo la terzietà del patrono che assiste la parte rispetto al giudice. Significa invece semplicemente che non avranno un emolumento dalla parte che assistono, ossia che la parte non è obbligata a pagare le prestazioni del patrono a lui direttamente, poiché il patrono riceve aliunde il proprio onorario.
La seconda caratteristica concerne il fatto che i patroni stabili possono essere scelti dalle parti che intendano avvalersi del loro patrocinio. Ciò significa solo che non sono configurabili come avvocati ex officio, i quali sono dati d’ufficio, appunto, dal giudice alla parte. I patroni stabili, invece, sono scelti dalle parti, secondo il consueto e universale criterio di fiducia.
Irrazionale – almeno dal punto di vista della previsione normativa del can. 1490 – sarebbe pensare che i patroni stabili siano stati costituiti per sostituire i patroni di fiducia e i patroni d’ufficio oppure per derogare alle consuete norme circa la costituzione dei patroni, creando un tertium genus con una propria peculiare normativa. È solo un modo per calmierare le tariffe; non può essere scambiato per un’innovazione processuale sostanziale.
Non sono previsti avvocati stabili presso la Rota Romana nelle NRR (nonostante Communicationes 10 [1978] 245).
La normativa universale (can. 1490) nella sua scarna formulazione ha una certa vocazione ad essere completata in sede locale secondo le concrete esigenze, nel rispetto della gerarchia delle fonti e delle regole sulla produzione delle norme (cf Communicationes 10 [1978] 272).
La normativa è attualmente determinata per i tribunali ecclesiastici in Italia dall’art. 8 delle Norme circa il regime amministrativo dei Tribunali ecclesiastici italiani in materia di nullità matrimoniale, 7 giugno 2018. L’attività di consulenza del patrono stabile non si trasforma immediatamente in patrocinio per il caso matrimoniale sottoposto: perché ciò avvenga dev’esserci anzitutto la domanda della parte al vicario giudiziale (per rispettare la libertà di scelta dell’avvocato e l’attività degli avvocati di libera professione); quindi la decisione del vicario giudiziale, che considera le ragioni addotte e le effettive disponibilità dell’avvocato stabile (lasciando quindi uno spazio alla libera professione); l’accettazione dell’avvocato stabile, che può declinare l’incarico (rispettando la fiducia nella causa che l’avvocato stabile deve avere e distinguendolo perciò chiaramente dall’avvocato d’ufficio).
L’istruzione Dignitas connubii, sulla scia di ricorrenti richieste, inserisce non indebitamente il prescritto del can. 1490 (cf art. 113 § 3 DC) nel più ampio contesto della consulenza previa all’introduzione di una causa di nullità matrimoniale (art. 113 DC).
Si tratta di una tematica di grande importanza sotto l’aspetto:
– pastorale: la consulenza è il modo più semplice per accorciare le distanze tra il fedele e il tribunale ecclesiastico e, in tal modo, rendere il tribunale vicino e veramente accessibile;
– processuale: la consulenza opera una prima selezione delle cause, così che non accedano al tribunale cause che non hanno alcuna speranza di essere condotte a termine.
L’istruzione prevede come obbligo («sit») che presso («apud») ogni tribunale vi sia un ufficio o, più semplicemente, una persona, così che chiunque possa ottenere liberamente e sollecitamente un consiglio in merito alla possibilità e alla procedura per introdurre, se è il caso, la propria causa di nullità matrimoniale (cf art. 113 § 1 DC).
Non vi sono controindicazioni, anzi appare assolutamente coerente e logico, che questa opera di consulenza sia svolta dai patroni stabili (cf art. 113 § 3 DC), purché questi poi non assumano la singola causa per quale è stata svolta la consulenza previa al di fuori del loro ufficio di avvocati stabili (cf art. 113 § 4 DC).
Data la scarsità di persone competenti che possano essere impiegate in questa consulenza previa, l’istruzione Dignitas connubii ammette che essa possa essere svolta da ministri del tribunale, i quali però non potranno partecipare alla causa in cui sono stati consulenti né come giudici né come difensori del vincolo (cf art. 113 § 2 DC). Si tratta di un compromesso, fortemente richiesto dalle conferenze episcopali consultate durante l’iter di preparazione della DC.
Permangono comunque forti controindicazioni allo svolgimento della consulenza previa da parte di ministri del tribunale: solo una vera scarsità di persone preparate, che mettesse in pericolo la possibilità concreta di istituire la consulenza previa, potrebbe permettere lo svolgimento di questa da parte di ministri del tribunale.
La Segnatura Apostolica ha più volte chiesto ragione delle altissime percentuali di decisioni affermative in numerosi tribunali ecclesiastici e la risposta è stata invariabilmente che l’opera di consulenza svolta dal tribunale permette di convincere molti a rinunciare ad introdurre una causa di nullità per la quale la consulenza è stata negativa. Ciò comporta gravi problemi di indipendenza e libertà di giudizio.
Tutta questa materia (can. 1490 e art. 113 DC) per le cause di nullità matrimoniale è contestualizzata in forma nuova dalle RP annesse al MIDI: queste, infatti, prevedono che la consulenza (indagine pastorale previa) sia radicata nelle parrocchie, nelle istituzioni ecclesiali per la pastorale matrimoniale, in una parola, all’interno della ordinaria pastorale familiare. Questa innovativa normativa riduce il rischio di un’indebita commistione tra consulenza e giurisdizione. I patroni stabili, pertanto, rientrano nella recente riforma come uno degli strumenti di consulenza a disposizione dei fedeli, che la normativa particolare dovrà coordinare efficacemente.
Gullo, C., I procuratori e gli avvocati (Can. 1481-1490 CIC; art. 101-113 Istr. “Dignitas Connubii”[)], in Il giudizio di nullità matrimoniale dopo l’istruzione “Dignitas connubii”. Parte seconda: la parte statica del processo, Città del Vaticano 2007, pp. 297-315.
Llobell, J., I patroni stabili e i diritti-doveri degli avvocati, in «Ius Ecclesiae» 13 (2001) 71-91.
Ochoa, J., La figura canónica del procurador y abogado público, in Dilexit Iustitiam. Fs. Sabattani, Città del Vaticano 1984, pp. 249-284.
In ordine cronologico
Communicationes 41 (2009) 378; 10 (1978) 272.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.