Officium vel consilium, de quo in § 2, tunc praecipue operam navet, cum revocatio decreti petita est ad normam can. 1734, neque termini ad recurrendum sunt elapsi; quod si adversus decretum recursus propositus sit, ipse Superior, qui de recursu videt, recurrentem et decreti auctorem hortetur, quotiescumque spem boni exitus perspicit, ad eiusmodi solutiones quaerendas.
L’ufficio o consiglio, di cui nel § 2, operi principalmente allorquando sia richiesta la revoca del decreto a norma del can. 1734, né siano spirati i termini per ricorrere; che se è stato proposto ricorso contro il decreto, lo stesso Superiore che esamina il ricorso, esorti il ricorrente e l’autore del decreto, ogniqualvolta intraveda una speranza di buon esito, a ricercare tali soluzioni.
Das Amt oder der Rat, die in § 2 genannt sind, sollen vornehmlich dann ihre Dienste leiten, wenn die Rücknahme des Dekretes nach can. 1734 beantragt worden ist und die Beschwerdefristen nich verstrichen sind; wenn gegen ein Dekret Beschwerde eingelegt worden ist, soll der Obere, der über die Beschwerde befindet, falls er Hoffnung auf einen gütlichen Ausgang sieht, den Beschwerdeführer und den Urheber des Dekretes auffordern, nach derartigen Lösung zu suchen.
Conferenza Episcopale Italiana. Organo per la composizione delle controversie tra sacerdoti e Istituti Diocesani per il sostentamento del Clero
«Al fine di favorire la composizione delle controversie eventualmente insorte tra un sacerdote e l’Istituto Diocesano per il sostentamento del clero circa il provvedimento adottato dall’Istituto stesso […] è costituito in ciascuna diocesi un organo di composizione […]»: art. 8 § 1 delibera n. 58, 1° agosto 1991, della Conferenza Episcopale Italiana, Testo unico delle disposizioni di attuazione delle norme relative al sostentamento del Clero che svolge servizio in favore delle diocesi, in NCEI 25 (1991) 153.
Conferenza Episcopale Italiana. Organo per la composizione delle controversie tra sacerdoti e Istituti Interdiocesani per il sostentamento del Clero
«Al fine di favorire la composizione delle controversie eventualmente insorte tra un sacerdote e l’Istituto interdiocesano per il sostentamento del clero circa il provvedimento adottato dall’Istituto stesso […] è costituito nella diocesi presso cui l’Istituto ha sede un organo di composizione […]»: art. 9 § 1 delibera n. 58, 1° agosto 1991, della Conferenza Episcopale Italiana, Testo unico delle disposizioni di attuazione delle norme relative al sostentamento del Clero che svolge servizio in favore delle diocesi, in NCEI 25 (1991) 155.
È necessario rendere avvertiti che, nell’esperire questi tentativi formali o informali di composizione, i termini perentori per la proposizione dei ricorsi non s’interrompono e corrono ugualmente. Si potrebbe pertanto verificare il caso (non raro, per la verità) che, nell’indugiare (per sé meritevole) nel proporre o consentire a tentativi di composizione, si perda per sempre il diritto a ricorrere. Ciò è velatamente indotto dal §3: «neque termini ad recurrendum sunt elapsi».
Si deve, pertanto, consigliare i ricorrenti, che intendono avvalersi di questi mezzi di conciliazione, che durante i tentativi di conciliazione ricorrano comunque «ad cautelam» o «saltem ad cautelam» secondo i termini prescritti. Se la conciliazione riuscirà sarà semplice rinunciare ai ricorsi presentati o farne dichiarare la fine per la cessazione della materia del contendere.
Esempio significativo per durata, sperimentazione e riflessione è senz’altro il Due Process proposto e attuato nell’ambito delle diocesi degli Stati Uniti d’America. La riflessione su questa esperienza nel periodo 1970-1985 offre alcuni dati di particolare interesse. Le principali proposte del progetto originario, elaborato nel 1969 e fatto proprio dalla conferenza episcopale, dopo il nihil obstat di Paolo VI, nel 1972, erano le seguenti:
– procedura di conciliazione, nella quale due parti perseguono la soluzione del conflitto con l’assistenza di una terza parte;
– procedura di arbitrato, nella quale le parti in conflitto sottoscrivono un accordo nel quale si impegnano a stare alla soluzione al conflitto individuata da una terza parte;
– proceduralizzazione dell’iter di formazione di un atto amministrativo: questa procedura tende piuttosto a prevenire i conflitti che a risolverli; certamente può facilitare anche la soluzione dei medesimi.
I casi elaborati in tutto furono un migliaio; quelli decisi poco oltre la metà. Le diocesi coinvolte sono state circa la metà, ma quelle che hanno applicato le procedure a casi concreti non più di un quarto. Tre quarti circa dei casi sottoposti e identica proporzione dei casi decisi proviene da sole cinque diocesi.
I principali problemi sperimentati provengono dai seguenti fattori principali:
– mancanza di conoscenza e coscienza nei fedeli delle procedure a disposizione e dei propri diritti;
– mancanza di appoggio da parte di Vescovi e presbiteri;
– rifiuto, normalmente dell’autorità ecclesiastica, a partecipare alle procedure e assenza di mezzi idonei a promuovere o spingere a questa partecipazione;
– inadeguatezza delle norme procedurali, ancora troppo complicate e dilatorie, soprattutto nei casi che coinvolgono gruppi di persone.
La proposta di erigere tribunali amministrativi locali parte dal presupposto che il non completo successo del Due Process sia dovuto non già all’inadeguatezza delle procedure proposte, ma alla scarsa buona volontà delle persone nell’applicazione delle medesime. Di fatto la proposta recente di un tribunale amministrativo locale non sostituisce la proposta delle procedure di conciliazione, arbitrato e strutturazione del procedimento amministrativo, ma intenderebbe solo sostenerle e promuoverle efficacemente: l’esistenza dei tribunali amministrativi locali, ancorché ad essi si faccia ricorso raramente, costituirebbe una sorta di metodo per costringere implicitamente l’autorità ecclesiastica a partecipare alla procedura di conciliazione.
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