In iis materiis, in quibus recursus hierarchicus suspendit decreti exsecutionem, idem efficit etiam petitio, de qua in can. 1734.
In quelle materie in cui il ricorso gerarchico sospende l’esecuzione del decreto, anche la domanda di cui nel can. 1734 produce lo stesso effetto.
In jenen Materien, in denen die hierarchiscge Beschwerde den Vollzug des Dekretes aussetz, hat dieselbe Wirkung auch der in can. 1734 erwähnte Antrag.
Nel sistema canonico vige oggi il principio generale secondo il quale (tutti) i ricorsi non sono in suspensivo, ossia l’atto amministrativo è immediatamente esecutivo e se si ricorre contro l’atto amministrativo, questi non perde la sua esecutività e l’autorità ne continua l’esecuzione. Il ricorso, pertanto, non blocca e non impedisce l’esecuzione ossia la realizzazione dell’atto amministrativo. Appellatio vel recursus a sententiis iudicialibus vel a decretis, quae poenam quamlibet irrogent vel declarent, habent effectum suspensivum (can. 1353). È una disposizione generale, che riguarda qualsiasi ricorso (anche la rimostranza) che sia proposto avverso un decreto amministrativo penale (cf can. 1720): la semplice e nuda presentazione di un ricorso comporta automaticamente (ipso facto o ipso iure) la sospensione del decreto impugnato e, pertanto, la sospensione della pena irrogata o dichiarata. Tale sospensione permane automaticamente fino al termine di tutta la sequela dei ricorsi possibile (ossia fino alla decisione definitiva della Segnatura Apostolica). La ragione di questa vasta e vigorosa eccezione risiede nella gravità degli interventi penali, che incidono su diritti fondamentali dei fedeli: una loro esecuzione, nel caso di decreto penale illegittimo, comporterebbe una lesione insopportabile. Per questo rischio, il diritto ne dispone automaticamente la sospensione in caso di ricorso. Decretum dimissionis vim non habet, nisi a Sancta Sede confirmatum fuerit […]; si agatur de instituto iuris dioecesani, confirmatio spectat ad Episcopum […]. Recursus effectum habet suspensivum (can. 700). La dimissione di un religioso dall’istituto religioso è un provvedimento amministrativo di grande impatto sia perché incide sulla vocazione divina di un fedele sia perché porta una trasformazione radicale della vita in concreto di una persona sia perché solitamente espone la persona ad uno stato di grande precarietà. Supremum Signaturae Apostolicae Tribunal […] viso can. 700, iuxta quem recursus adversus decretum dimissionis effectum habet suspensivum […] declarat recursum contra decretum nullitatis professionis perpetuae «a fortiori» habere effectum suspensivum (SSAT, decreto 19.9.16, prot. n. 51354/16 CA). Se il ricorso avverso la dimissione di un religioso dall’istituto religioso è in sospensivo, a fortiori lo è il ricorso avverso la dichiarazione di nullità di una professione religiosa. Pendente recursu adversus amotionis decretum, Episcopus non potest novum parochum nominare, sed per administratorem paroecialem interim provideat (can. 1747 § 3). Nel caso in cui sia proposto un ricorso avverso la rimozione di un parroco, non si ha effetto sospensivo; anzi il can. 1747 §§ 1-2 dà precise norme circa l’immediata esecuzione del decreto, anche se queste si sarebbero potute ritenere incluse nella normativa generale sull’esecuzione dei decreti. È però prescritto nel §3 un effetto parzialmente sospensivo: con il ricorso avverso la rimozione è sospeso il diritto del Vescovo di nominare un parroco per la parrocchia de qua. L’effetto (parzialmente) sospensivo comporta che la parrocchia non è giuridicamente vacante e il parroco rimosso è (formalmente) titolare della medesima, pur sprovvisto di ogni facoltà e diritto, anzi essendogli interdetto ogni intervento (cf can. 1747 §1). Tale effetto sospensivo è destinato ad assicurare al parroco ricorrente la possibilità di essere reinserito nella parrocchia dalla quale è stato rimosso qualora il ricorso abbia per lui successo e sia dichiarato illegittimo il decreto di rimozione. Lo stesso effetto (parzialmente) sospensivo è applicato al ricorso avverso il decreto di trasferimento di un parroco (cf can. 1752, prima parte). L’effetto sospensivo che il sistema canonico non concede automaticamente, può essere richiesto per un singolo atto amministrativo nel momento del ricorso. Ciò significa che ci dovrà essere: L’autorità competente a concedere o negare la sospensione dell’atto impugnato deve valutare la richiesta sospensione in base a due criteri. Tutt’e due i criteri devono essere presenti per concedere la sospensione. L’assenza anche di uno solo dei due impedisce la concessione della sospensione. La fondatezza del ricorso. L’autorità competente deve anzitutto valutare il fumus boni iuris del ricorso, ossia le probabilità che possiede di avere successo (cf, per analogia, can. 1650 § 3: «si videt hanc [impugnationem] probabiliter fundatam esse»); L’irreparabilità del danno proveniente dalla immediata esecuzione dell’atto. L’autorità competente deve valutare anche l’irreparabilità del danno che stima proveniente dalla immediata esecuzione dell’atto impugnato (cf, per analogia, can. 1650 § 3: «si videt […] irreparabile damnum ex exsecutione oriri possit»). L’irreparabilità del danno è valutata con riferimento alla vittoria nel ricorso: se l’atto impugnato sarà dichiarato illegittimo, sarà possibile tornare alla situazione qua ante eliminando quanto è stato fatto nel frattempo in esecuzione dell’atto? Quanto più il danno è irreparabile, tanto più è facile che debba essere concessa la sospensione.
Lo stesso sistema conosce però delle eccezioni:
– una valutazione discrezionale dell’autorità competente sui pro e contra della richiesta di sospensione dell’atto impugnato;
– una procedura da seguire per richiedere la sospensione.
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