Qui se decreto gravatum esse contendit, potest ad Superiorem hierarchicum eius, qui decretum tulit, propter quodlibet iustum motivum recurrere; recursus proponi potest coram ipso decreti auctore, qui eum statim ad competentem Superiorem hierarchicum transmittere debet.
Chi sostiene di essere onerato da un decreto può ricorrere al Superiore gerarchico di colui che ha emesso il decreto, per un motivo giusto qualsiasi; il ricorso può essere presentato avanti all’autore stesso del decreto, il quale lo deve immediatamente trasmettere al Superiore gerarchico competente.
Wer sich durch ein Dekret beschwert fühlt, kann aus jedem gerechten Grund Beschwerde beim hierarchischen Oberen dessen einlegen, der dae Dekret erlassen hat. Die Beschwerde kann eingereicht werden bei jenem, der das Dekret erlassen hat; dieser muss sie sofort en den hierarchischen Oberen weiterleiten.
Francesco, costituzione apostolica Praedicate evangelium, 19 marzo 2022, in L’Osservatore Romano, 31 marzo 2022, I-XII
«Art. 32 § 1. I ricorsi gerarchici sono ricevuti, esaminati e decisi, a norma di diritto, dalle Istituzioni
curiali competenti per materia. In caso di dubbio sulla determinazione della competenza dirime la questione il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica».
«Art. 115 § 2. È competente [il Dicastero per il Clero] ad esaminare in via amministrativa le eventuali controversie e ricorsi gerarchici presentati dai chierici, anche membri di Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica, per ciò che concerne l’esercizio del ministero, fatto salvo il prescritto dell’art. 28 § 1».
«Art. 124 § 2. Sono altresì di competenza del Dicastero [per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica], a norma del diritto: […] 5. l’esame dei ricorsi contro il decreto di dimissione dei membri».
«Art. 134 Nell’ambito della propria competenza, il Dicastero [per i Laici, la Famiglia e la Vita] tratta altresì eventuali ricorsi gerarchici relativi alla vita associativa e all’apostolato dei laici».
«Art. 153 § 2. Il Dicastero [per la Cultura e l’Educazione] è costituito […] dalla Sezione per l’Educazione, che sviluppa i principi fondamentali dell’educazione in riferimento alle scuole, agli Istituti superiori di studi e di ricerca cattolici ed ecclesiastici ed è competente per i ricorsi gerarchici in tali materie».
Normae de gravioribus delictis, Congregatio pro Doctrina Fidei, Rescriptum ex Audientia, 21 maggio 2010, art. 27, in AAS 102 (2010) 429
«Adversus actus administrativos singulares in casibus de delictis reservatis, a Congregatione pro Doctrina Fidei latos vel probatos, habetur recursus, intra terminum peremptorium sexaginta dierum utilium interpositus, ad Congregationem Ordinariam eiusdem Dicasterii seu Feriam IV quae videt de merito ac de legitimitate, remoto quovis ulteriore recursu de quo in art. 123 Constitutionis Apostolicae Pastor bonus».
Norme sui delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregatio pro Doctrina Fidei, Rescriptum ex Audientia, 11 ottobre 2021, artt. 23 e 24, §§ 1 e 3, in L’Osservatore Romano, 7 dicembre 2021, 6
«Art. 23 §1. A norma del can. 1734 CIC, il Promotore di Giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede e il reo hanno il diritto di chiedere per iscritto la revoca o la correzione del decreto emesso dall’Ordinario o dal suo Delegato ex can. 1720, 3° CIC.
§2. Solo successivamente il Promotore di Giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede e il reo, avendo osservato quanto disposto dal can. 1735 CIC, possono proporre ricorso gerarchico al Congresso del medesimo Dicastero a norma del can. 1737 CIC».
«Art. 24 §1. Contro gli atti amministrativi singolari della Congregazione per la Dottrina della Fede nei casi dei delitti riservati, il Promotore di Giustizia del Dicastero e l’accusato hanno il diritto di presentare ricorso entro il termine perentorio di sessanta giorni utili, alla medesima Congregazione, la quale giudica il merito e la legittimità, eliminato qualsiasi ulteriore ricorso di cui all’art. 123 della Costituzione Apostolica Pastor bonus».
«Art. 24 §3. Il ricorso di cui al §1, ai fini della sua ammissibilità, deve indicare con chiarezza il petitum e contenere le motivazioni in iure e in facto sulle quali si basa».
D. Utrum christifidelium coetus, personalitatis iuridicae, immo et recognitionis de qua in can. 299, § 3, expers, legitimationem activam habeat ad recursum hierarchicum proponendum adversus decretum proprii Episcopi dioecesani.
R. Negative, qua coetus; affirmative, qua singuli christifideles, sive singillatim sive coniunctim agentes, dummodo revera gravamen passi sint. In aestimatione autem huius gravaminis, iudex congrua discretionalitate gaudeat oportet.
D. Se il gruppo di fedeli, privo della personalità giuridica, anzi anche del riconoscimento di cui nel can. 299, § 3, abbia la legittimazione attiva per proporre un ricorso gerarchico contro il decreto del proprio Vescovo diocesano.
R. Negativamente, come gruppo; affermativamente, come singoli fedeli, agendo sia singolarmente sia uniti insieme, purché abbiano subìto davvero un gravame. Nella valutazione di tale gravame, è necessario che il giudice goda di congrua discrezionalità.
PCCICAI, Resp., 29 aprilis 1987, in AAS 80 (1988) 1818: 12 decembris 1988.
Il conflitto, innescato con la contestazione dell’atto amministrativo all’autore dello stesso atto, è portato con il ricorso gerarchico di fronte al Superiore dell’autore dell’atto. Con il ricorso gerarchico si è sempre nell’ambito della potestà amministrativa, che però è chiamata, pur sempre con mezzi e strumenti amministrativi, a risolvere una controversia. Questa collocazione amministrativa è vantaggiosa per i poteri molto incisivi che il Superiore gerarchico possiede per rispondere alla domanda del ricorrente; è svantaggiosa perché il Superiore, chiamato a fare nel caso da giudice, non ha le caratteristiche tipiche del giudice, ossia l’indipendenza e l’imparzialità (nemo iudex in causa sua). «Qui se decreto gravatum esse contendit…» «propter quodlibet iustum motivum»
Il presupposto più delicato da verificare in un ricorso gerarchico è la legittimazione attiva del ricorrente; altrimenti detto: chi può presentare ricorso gerarchico?
La complessa questione della legittimazione attiva per il ricorso gerarchico deve essere considerata, in conclusione, sotto tre aspetti principali:
– una certa distinzione da osservare tra ricorso gerarchico e ricorso giurisdizionale;
– rifiuto di distinzioni aprioristiche estranee (almeno qua tales) al diritto canonico quali, per esempio, quella tra diritto soggettivo e interesse legittimo;
– una attenta considerazione della giurisprudenza che scevera posizioni legittimanti e posizioni non legittimanti.
A scopo orientativo si possono considerare le seguenti posizioni che la giurisprudenza ha esaminato affermativamente sotto il profilo della legittimazione attiva:
– il fedele di una parrocchia avverso
* la soppressione della parrocchia;
* la riduzione ad uso profano non sordido di una chiesa posta entro la parrocchia;
– un’autorità e un sodale o socio avverso:
* la costituzione di un Commissario Pontificio;
* la imposizione di una Visita Apostolica;
– il presidente e un socio avverso la soppressione di una associazione.
È stata, invece, negata la legittimazione attiva e qualificato come denuntiatio, il ricorso avverso:
– la soppressione di organismi (consiglio pastorale diocesano e comitato di coordinazione dell’apostolato dei laici) di cui il ricorrente non sia attualmente membro;
– l’indebita concessione di onorificenze ad alcuni membri di un Ordine;
– l’invalida riammissione in un ordine religioso di un sodale (ora Vicario provinciale) dopo una uscita per incardinazione in una diocesi; il ricorso era presentato da due membri religiosi della provincia.
Il ricorso gerarchico può essere proposto avverso un atto amministrativo «per un giusto motivo qualsiasi» (can. 1737 § 1).
Può trattarsi, pertanto, di ragioni di legittimità (un requisito ad validitatem non rispettato nella procedura che ha portato all’atto), di “giustizia sostanziale” (un timore grave incusso al fedele [cf. can. 125]) oppure di opportunità (la considerazione che un maggior bene sarebbe derivato da una decisione diversa).
Questo si traduce nel fatto che le ragioni del ricorso possono attenere sia alla legittimità sia al merito, intendendo qui per merito anche la discrezionalità di valutazione propria dell’autorità amministrativa e l’opportunità di un atto.
Si può chiedere, ovviamente, anche la riparazione dei danni.
Tale amplissimo spettro di motivi di ricorso è coerente sia con la natura della potestà amministrativa di cui gode il Superiore gerarchico cui ci si rivolge, sia con la ampiezza del potere di definizione del ricorso gerarchico (can. 1739).
Già nella Congregatio Plenaria del 1981 il card. Bafile con altri Padri chiese un’aggiunta al canone perché si chiarisse chi sia il Superiore gerarchico del Vescovo. L’opposizione del card. Felici e di mons. Castillo Lara favorirono il rigetto dell’emendamento.
Il problema in realtà esisteva e ad esso si diede risposta nella revisione ultima del Codice, che aggiunse la proposizione finale del can. 1737 § 1.
Chi vuole proporre ricorso gerarchico può usare dei buoni uffici dello stesso autore dell’atto, quello stesso cui ordinariamente ha già proposto la rimostranza e che è immediatamente individuabile. L’onere di trasmettere il ricorso gerarchico cade così sull’autore dell’atto.
In tal modo ogni omissione, errore o ritardo nell’inoltro del ricorso gerarchico non potrà danneggiare il ricorrente, al quale basterà dimostrare di aver presentato in termini il ricorso gerarchico all’autore dell’atto.
Si tratta di una norma saggia e di forte semplificazione. A volte può causare ritardi, perché l’autore dell’atto mette in atto tecniche dilatorie, evidentemente spesso non proprio soddisfatto del ricorso gerarchico avverso un atto da se stesso emanato. A questo modesto inconveniente può rimediare la diligenza del ricorrente che può informarsi presso il Superiore gerarchico dell’invio avvenuto del ricorso gerarchico. Informarsi, però, è ben diverso da ricorrere: un errore nel ricercare informazioni non nuoce mai, a differenza di un errore nel ricorrere che può nuocere irreversibilmente.
Attraverso questa norma si raggiunge indirettamente anche lo scopo che l’autore dell’atto sia immediatamente informato della proposizione del ricorso gerarchico. Pare evidente, oltre che equo, ritenere che il can. 1737 § 1 seconda parte viga anche per i ricorsi gerarchici successivi al primo.
Montini, G.P., I ricorsi gerarchici (Cann. 1732-1739). Edizione aggiornata, riveduta e corretta, Roma 2023, 105-137.
Montini, G.P., Los recursos jerárquicos (cc. 1732-1739), Madrid 2021, 91-115.
A. Perlasca, «Can. 1737: il diritto di un gruppo di fedeli alla legittimazione attiva per proporre un ricorso gerarchico contro il decreto del proprio vescovo», in QDE 31 (2018) 215-224.
Punderson, J.R., «Hierarchical Recourse to the Holy See: Theory and Practice», in Proceedings CLSA 62 (2000) 19-47.
Communicationes 2 (1970) 191-194; 4 (1972) 35-38; 5 (1973) 235-243; 8 (1976) 184.199; 9 (1977) 72; 16 (1984) 79-89; 41 (2009) 175-176; 353.444; 42 (2010) 69-142; 381-436; 43 (2011) 209-257; 439-467.