Si bonum animarum vel Ecclesiae necessitas seu utilitas postulet, ut parochus a sua, quam utiliter regit, ad aliam paroeciam aut ad aliud officium transferatur, Episcopus eidem translationem scripto proponat ac suadeat ut pro Dei atque animarum amore consentiat.
Se il bene delle anime oppure la necessità o l’utilità della Chiesa richiedono che un parroco sia trasferito dalla sua parrocchia, che egli regge utilmente, ad un’altra o ad un altro ufficio, il Vescovo gli proponga il trasferimento per scritto e lo convinca ad accettare per amore di Dio e delle anime.
Wenn das Heil der Seelen oder die Notwendigkeit oder der Nutzen der Kirche es erfordern, dass ein Pfarrer von seiner Pfarrei, die er erfolgreich leitet, in eine andere Pfarrei oder ein anderes Amt versetzt wird, soll der Bischof ihm die Versetzung schriftlich vorschlagen und anraten, Gott und den Seelen zuliebe einzuwilligen.
Can. 2162; ES I, 20 § 2.
Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il Ministero pastorale dei Vescovi «Apostolorum Successores», 22 febbraio 2004, n. 212: «La rimozione o il trasferimento forzati del parroco sono possibili soltanto per gravi motivazioni e secondo il procedimento stabilito dalla disciplina canonica».
Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica:
– sentenza definitiva coram Agustoni, 24 giugno 1995, prot. n. 23443/92 CA, 23444/92 CA (cf iuscangreg.it);
– sentenza definitiva coram Burke, 1° dicembre 2009, prot. n. 38743/06 CA (cf. iuscangreg.it);
– decreto definitivo coram Iannone, 16 gennaio 2016, prot. n. 50175/15 CA (cf iuscangreg.it).
Premessa. Il canone 1748 apre il capitolo II, dedicato alla procedura per il trasferimento dei parroci: si tratta di una procedura speciale. Come nel caso della rimozione (cf commento al can. 1740) la Commissione per la riforma del Codice ha resistito ad alcune richieste sia di sottomettere il trasferimento dei parroci alla normativa generale sul trasferimento dall’ufficio (cf cann. 190-191) sia di estendere questa normativa a tutti gli uffici (cf Communicationes 40 [2008] 378-381; 394).
La normativa di questo articolo corrisponde alla volontà di riforma dell’istituto del trasferimento dei parroci intesa dal concilio Vaticano II nel decreto Christus Dominus 31c, anticipata provvisoriamente fino alla promulgazione del Codice nel motu proprio Ecclesiae Sanctae.
Si tratta di una procedura che è «quasi la stessa di quella stabilita per la rimozione» (Communicationes 8 [1976] 200), ove le differenze si giustificherebbero per il fatto che non ci sarebbe bisogno di prove del ministero dannoso o inefficace (come nella procedura di rimozione) perché nel trasferimento si presuppone un ministero utile esercitato dal parroco. La ragione non è però del tutto convincente se si considera che il bonum animarum e la necessitas o utilitas Ecclesiae, per non ridursi ad un mero flatus vocis, dovranno essere motivate a fronte della condicio possidentis del parroco. Forse per questo il motu proprio Ecclesiae Sanctae (che estese il trasferimento del parroco anche ad aliud officium) volle, ancorché provvisoriamente, che si applicasse al trasferimento del parroco la medesima normativa procedurale per la rimozione. In concreto la normativa vigente riprende la procedura prevista nel Codice piano-benedettino per il trasferimento (ad aliam paroeciam, che «non sit ordinis nimio inferioris») dei parroci amovibili (cf cann. 2162-2167; i parroci inamovibili non potevano essere trasferiti: can. 2163 § 1).
Sono questi tutti elementi che invitano ad una applicazione attenta della normativa vigente: cann. 1748-1752.
Parroco. La procedura di trasferimento in oggetto riguarda tutti e solo i parroci. In questa categoria rientrano:
a) i parroci di una parrocchia;
b) i parroci di una quasi-parrocchia (can. 516 § 1);
c) i parroci di cui al can. 526 § 1, ossia di più parrocchie;c) i parroci di cui al can. 517 § 1, ossia ai quali è affidata in solidum la cura pastorale di una o più parrocchie;
d) il (parroco) moderatore di una o più parrocchie rette in solidum (cf can. 517 § 1);
e) il parroco moderatore della cura pastorale di cui parrocchia, la cui partecipazione all’esercizio della cura pastorale è affidata a diaconi o persone non insignite dell’ordine sacro (cf can. 517 § 2);
f) il cappellano militare, il cui ufficio negli statuti sia equiparato in toto a quello di un parroco;
g) i parroci religiosi. Non è possibile dalla normativa speciale che concerne i parroci religiosi (cf can. 1742 § 1 e commento ivi apposto) dedurre che la medesima normativa speciale li riguardi per il trasferimento. Lo impedisce: 1) la lettera del can. 682 § 2 che tratta solo della rimozione; 2) il presupposto che l’autore del trasferimento deve essere dominus di entrambi gli uffici, quello a quo e quello ad quod (cf. can. 190 § 1); 3) l’assenza di una specifica norma che li esenti dai cann. 1748-1752, come invece avviene per la rimozione (cf cann. 538 § 2; 1742 § 2). Pertanto i parroci religiosi possono essere trasferiti solo a norma dei cann. 1748-1752.
Non ha rilievo nel caso la denominazione che nel diritto particolare abbia assunto di diritto o di fatto il parroco («responsabile», «coordinatore», «amministratore»).
Non rientrano tra i parroci di cui al can. 1740 gli amministratori parrocchiali veri nominis.
Trasferimento. Per trasferimento si intende la perdita dell’ufficio che si detiene tramite il conferimento di un altro ufficio.
Il trasferimento si distingue perciò nettamente da ogni perdita dell’ufficio che sia autonoma (rimozione, rinuncia, cessazione dall’ufficio), anche se ad essa segua concomitantemente (ossia nello stesso tempo o anche nello stesso decreto) o successivamente il conferimento di un altro ufficio (cf, per esempio, can. 1746).
Il trasferimento di cui nei cann. 1748-1752 si distingue inoltre da:
– il trasferimento penale dall’ufficio parrocchiale ad altro ufficio (can. 1336 § 1, 4°), che è, appunto, sanzione penale, che può essere inflitta con processo giudiziale penale o anche con processo amministrativo penale;
– il trasferimento volontario dall’ufficio parrocchiale (cf Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, decreto definitivo coram Iannone, prot. n. 50175/15 CA, nn. 4; 6);
– la rimozione dall’ufficio parrocchiale.
Ministero utile. Il ministero utile che il parroco da trasferire esercita nella parrocchia a qua («quam utiliter regit») è il presupposto del trasferimento; al contrario il ministero dannoso o inefficace (cf can. 1740) è il presupposto della rimozione. Da questo si deduce che il vescovo compie una atto illegittimo in decernendo (oltre che in procedendo) se segue la procedura di cui ai canoni 1748-1752 per trasferire un parroco dannoso o inefficace nella parrocchia a qua. Si tratterebbe di un trasferimento fittizio, che copre una reale rimozione, utilizzando la procedura semplificata per il trasferimento. Sarà pertanto pressoché impossibile trasferire a norma dei cann. 1748-1752 un parroco che conserva un carteggio con il vescovo che lo rimprovera di un ministero dannoso o inefficace.
Il bene delle anime e l’utilità o la necessità della Chiesa. È questa la causa canonica che rende legittimo il trasferimento «invito parocho». Non è il ministero dannoso o inefficace esercitato nella parrocchia a qua la causa di questo trasferimento forzoso: anzi non vi può essere trasferimento forzoso se vi fosse quel presupposto. La causa canonica è un (maggior) bene per il quale è richiesto il ministero del parroco altrove. È quindi il bene dell’ufficio ad quod che giustifica il trasferimento forzoso. Anche se le espressioni possono apparire piuttosto generiche, il vescovo dovrà possedere elementi oggettivi che provano il bene (maggiore) nell’ufficio ad quod del parroco da trasferire. Ad appoggiare la oggettività di questa causa canonica una parte della dottrina e della giurisprudenza fa riferimento al can. 190 § 2 che per ogni trasferimento «contro la volontà del titolare dell’ufficio» è richiesta una «causa grave».
La dottrina e la giurisprudenza si è esercitata sulla fattispecie nella quale la causa del trasferimento sia il bene (maggiore) della parrocchia a qua. Se già è piuttosto fragile la causa canonica che legislativamente si appoggia sul bene dell’ufficio ad quod, ancora più fragile è la causa se si ritiene di poterla appoggiare giurisprudenzialmente sulla parrocchia a qua. Così, per esempio, potrebbe darsi un parroco che invecchiando appaia molto più adeguato ad una parrocchia di dimensioni minori, rispetto a quella che pur utilmente regge, oppure la prospettiva più favorevole di una azione pastorale nella parrocchia a qua se inserita in una unità pastorale. Discriminante in questi casi, per non agire in fraudem legis, è la somma di prove oggettive e in tempo non sospetto.
L’ufficio di destinazione. È forse la principale innovazione (cf Communicationes 8 [1976] 200): il trasferimento forzoso non è solo ad un’altra parrocchia, ma anche «ad aliud officium». Si tratta di una novità gravida di conseguenze, perché può nascondere una reale rimozione se l’ufficio ad quod (non parrocchiale) fosse seriamente inadeguato.
Per questa ragione questo ampliamento fu osteggiato da alcuni organi di consultazione: fu risposto però che il trasferimento non può essere uguagliato ad una rimozione, per il fatto che il ministero nel trasferimento non si presuppone dannoso o inefficace (cf Communicationes 11 [1979] 294).
L’ufficio di destinazione, inoltre, per la validità e/o la legittimità del trasferimento deve essere:
– determinato, ossia individuato e reso noto al parroco fin dall’inizio della procedura;
– identico fino alla fine della procedura; la Segnatura Apostolica ha dichiarato la illegittimità del trasferimento proposto nella procedura alla parrocchia e stabilito nel decreto ad una cappellania (cf sentenza definitiva coram Burke, 1° dicembre 2009, prot. n. 38743/06 CA, nn. 8-9);
– vacante, ossia sprovvisto del titolare, che, appunto, dovrebbe divenire il parroco trasferito. A rigore la vacanza della parrocchia o dell’ufficio di destinazione è richiesta ad validitatem (can. 153 § 1) nel momento in cui è emesso il decreto di trasferimento (alla fine della procedura). Eccezione è fatta per quella parrocchia o ufficio di destinazione che sia conferito ad tempus determinatum (per la parrocchia cf can. 522): in questo caso il decreto di trasferimento può precedere di non oltre sei mesi la data della scadenza (cf can. 153 § 2). La sentenza definitiva della Segnatura Apostolica che richiede la vacanza fin dall’inizio della procedura (cf coram Agustoni, 25 giugno 1995, prot. nn. 23443-23445/92 CA, n. 7), è da intendere solo come monito prudenziale per non trovarsi al termine della procedura di trasferimento con la parrocchia o l’ufficio di destinazione indisponibile.
Vescovo diocesano. Cf commento al can. 1740 per l’individuazione del vescovo diocesano competente in questa normativa sul trasferimento. È richiesta per il vescovo nella procedura di trasferimento una condizione supplementare: che il medesimo vescovo diocesano sia competente su entrambi gli uffici, la parrocchia a qua e la parrocchia o l’ufficio di destinazione (cf can. 190 § 1).
L’invito scritto ad accettare il trasferimento. L’espressione usata dal canone, sufficientemente anomala in contesto canonico («suadeat ut pro Dei atque animarum amore consentiat»), non deve far perdere di vita gli elementi ad validitatem di questo invito:
– la proposta di trasferimento ad un ufficio determinato;
– formulata per iscritto o in altro modo che consenta la prova in foro esterno;
– accompagnata da qualche elemento che giustifichi il «bene delle anime o la necessità o utilità della Chiesa» provenienti dal trasferimento proposto: non si tratta di indicare ad validitatem le ragioni (cf Communicationes 11 [1979] 295), ma di spiegare in che cosa consista il bene inteso con il trasferimento. D’altra parte, almeno nel decreto finale di trasferimento, si dovranno poi riportare almeno sommariamente le ragioni (cf can. 51);
– con una scadenza entro la quale rispondere all’invito.
Grocholewski, Z., Trasferimento e rimozione del parroco, in Aa.Vv., La parrocchia, Città del Vaticano 1997, pp. 199-247.
Hernández Mercado, L.d.J., La remoción y el traslado de los párrocos y sus implicaciones canónico-pastorales. Principios normativos que fundamentan la estabilidad del oficio parroquial, México 2003.
Landau, M., Amtsenthebung und Versetzung von Pfarrern. Eine Untersuchung des geltenden Rechts unter besonderer Berücksichtigung der Rechtsprechung der Zweiter Sektion des Höchsten Gerichts der Apostolischen Signatur, Frankfurt am Main 1999.
McKay, G., Procedura per un ricorso gerarchico contro un trasferimento imposto (cc. 1748-1752), in QDE 5 (1992) 351-357.
Montini, G.P., Prospetti di procedura amministrativa. 3. Il trasferimento del parroco, in QDE 32 (2019) 321 e prospetto allegato al fascicolo 3.
Montini, G.P., Stabilità del parroco e permanenza nell’ufficio parrocchiale (can. 522), in La parrocchia, Città del Vaticano 1997, pp. 125-153.
1748-1752
Communicationes 8 (1976) 200; 11 (1979) 286; 294-296; 40 (2008) 377-381; 394-396; 399; 41 (2009) 148; 446-447.
Secondo l’ordine cronologico
Anno 1973: 40 (2008) 377-381; 394-396; 399; Anno 1976: 41 (2009) 148; 446-447; 8 (1976) 200; Anno 1979: 11 (1979) 286; 294-296.
1748
Communicationes 8 (1976) 200; 11 (1979) 294-295; 40 (2008) 394-395; 399; 41 (2009) 446.