Si Episcopo constiterit parochum alteram invitationem recepisse, non autem respondisse etsi nullo impedimento detentum, aut si parochus renuntiationem nullis adductis motivis recuset, Episcopus decretum amotionis ferat.
Se al Vescovo consta che il parroco ha ricevuto il secondo invito e non ha risposto benché non fosse trattenuto da alcun impedimento, o se il parroco senza addurre alcun motivo si rifiuta di rinunciare, il Vescovo emetta il decreto di rimozione.
Steht für den Bischof fest, dass der Pfarrer die zweite Aufforderung erhalten, aber nicht beantwortet hat, ohne verhindert zu sein, oder lehnt der Pfarrer ohne Angabe von Gründen den Verzicht ab, so soll der Bischof das Enthebungsdekret erlassen.
Can. 2149.
«Se consta che il parroco ha ricevuto il secondo invito». A norma dei cann. 56 e 1510 un atto (nel caso il secondo invito) si ritiene intimato se il destinatario lo rifiuta o impedisce di riceverlo e la prova dell’intimazione avviene nei consueti modi (raccomandata con ricevuta di ritorno o cursore). Il canone 1742 § 2 con la espressione speciale «Se consta che il parroco ha ricevuto il secondo invito» richiede qualcosa di più della legittima notificazione? Dal punto di vista formale non richiede alcunché di ulteriore. Dal punto di vista pratico pare invitare il vescovo a curare – se possibile, se opportuno – che realmente il parroco sia venuto in possesso del secondo invito. Ciò può avvenire in molti modi (oltre quello necessario e sufficiente giuridico): un invio per posta ordinaria; un fax o un messaggio di posta elettronica; l’ambasceria di una persona amica.
«Non fosse trattenuto da alcun impedimento»: corrisponde alla nozione del tempo utile, «che non corre per chi non possa agire» (can. 201 § 2), già menzionata esplicitamente nel can. 1744 § 1. La congruità dell’impedimento è giudicata dal vescovo stesso. L’impedimento può venire a conoscenza del vescovo sia per voce dello stesso parroco che lo fa conoscere al vescovo per lettera o in altro modo, sia tramite altre fonti di conoscenza. Se ritiene che esista un impedimento congruo, il tempo utile (a rispondere) si computa automaticamente a norma del can. 201 § 2, ma appare opportuno che, in forma dichiarativa o costitutiva, il vescovo stesso ne determini il computo e stabilisca una nuova scadenza. Se non ritiene che sia dia impedimento, procede con il termine prestabilito.
«Senza addurre alcun motivo»: è espressione da interpretare sulla base del suo contrario: «se contesta [«oppugnet»] la causa addotta e le sue motivazioni [«rationes»]» (can. 1745). Dal momento che la qualificazione dell’assenza di motivi restringe i diritti di difesa del parroco, la sua interpretazione deve essere larga: perché non si possa qualificare la risposta come «nullis adductis motivis», basta cioè che il parroco rifiuti di rinunciare:
– negando la veridicità o la consistenza della causa di rimozione indicata;
– negando la verità delle prove indicate;
– chiedendo di vedere gli atti per contestare nel merito ogni prova.
Emissione immediata del decreto di rimozione. In conclusione il vescovo può emanare subito, ossia senza ulteriore procedura ossia omettendo quanto previsto nel can. 1745, il decreto di rimozione se il parroco 1) non risponde al secondo invito a rinunciare entro il tempo utile indicato nel medesimo invito, oppure 2) risponde al secondo invito rifiutandosi di rinunciare e senza addurre alcun motivo.
Grocholewski, Z., Trasferimento e rimozione del parroco, in Aa.Vv., La parrocchia, Città del Vaticano 1997, pp. 199-247.
Montini, G.P., Prospetti di proceduta amministrativa. 1. La rimozione del parroco, in QDE 30 (2017) 358 e prospetto allegato al fascicolo 3.
Montini, G.P., La rimozione del parroco tra legislazione, prassi e giurisprudenza, in QDE 24 (2011) 109-125.
Communicationes 6 (1974) 43; 8 (1976) 199; 11 (1979) 291; 40 (2008) 388-389; 398; 41 (2009) 171; 174; 445.