§ 3. Quod si partes litigantes de facto coram iudice se sistant ad causam agendam, opus non est citatione, sed actuarius significet in actis partes iudicio adfuisse.
§ 3. Che se le parti contendenti di fatto si presentino davanti al giudice per fare la causa, non c’è bisogno di citazione, ma l’attuario metta agli atti che le parti furono presenti in giudizio.
§ 3. Finden sich die Streitparteien tatsächlich vor dem Richter zur Behandlung ihrer Streitsache ein, so bedarf es keiner Ladung, aber der Gerichtsschreiber hat in den Akten zu vermerken, dass sich die Parteien bei Gericht eingefunden haben.
Can. 1711 § 2; PrM 74 § 2.
DC, art. 126
§ 3. Quod si pars conventa de facto coram iudice se sistat ad causam agendam, opus non est eius citatione, sed actuarius significet in actis eam iudicio adfuisse (cf. can. 1507, § 3).
La disposizione è già presente nel Codice previgente (can. 1711, § 2) e ha carattere equitativo, ossia consente di evitare un formalismo (la prima citazione, can. 1507, § 1) che potrebbe danneggiare la celerità del processo, a favore di una sostanziale equivalenza di fatti (citazione = presenza): «La ragione [del prescritto] è che la citazione, benché nulla per mancanza, ha ottenuto il fine al quale per sua natura è ordinata, ossia che il reo sappia che è stata intentata un’azione contro di lui» (Communicationes 38 [2006] 133). Pericolo insito del prescritto Prima ipotesi Seconda ipotesi Importanza del verbale Forza espansiva del prescritto
Con il prescritto si dichiara non necessario il decreto di citazione (= can. 1511) nell’eventualità che vi sia una comparizione davanti al giudice delle parti, comparizione non programmata e non ordinata formalmente dal giudice con la prima citazione.
Nell’iter di riforma si è insistito nella cancellazione dal precedente can. 1711, § 2 delle due ricorrenze dell’espressione «sponte» e «sponte sua» (cf Communicationes 38 [2006] 129; 134). Non si tratta, infatti, di una comparizione “spontanea”, quanto piuttosto di una comparizione «de facto» (cf ibid., p. 129): «Lo stesso Relatore […] annota che la qualificazione della comparizione della parte convenuta non si deve porre nella spontaneità della stessa comparizione, ma nell’animo di intervenire nel giudizio» (Communicationes 38 [2006] 133). Condizione della fattispecie è che non vi è stato bisogno del decreto di prima citazione per condurre le parti di fronte al giudice.
Il prescritto può essere facilmente frainteso e in alcune fattispecie può essere fonte di dubbi.
La comparizione di fatto delle parti di fronte al giudice, infatti, deve essere qualificata. Non è una quale che sia comparizione (la parte si è recata in tribunale per ottenere informazioni, per consulenza, per cortesia…), ma deve essere una comparizione «ad causam agendam» e deve corrispondere a «iudicio adesse».
Che cosa significa?
La comparizione per rendere inutile il decreto di citazione deve avere le medesime caratteristiche e gli stessi elementi del decreto di prima citazione sia da parte del giudice (di ciò che il giudice deve trasmettere di informazioni) sia da parte della persona che si presenta (di ciò che la parte deve sapere).
In questo modo la comparizione di fatto sostituisce la prima citazione, deve comprendere tutti i dati del decreto di citazione e perciò la parte dovrà in seguito rispondere per iscritto o comparire di fronte al giudice nella data stabilita.
La comparizione di fatto può rendere inutile anche la contestazione della lite se la parte, comparsa di fronte al giudice e informata dal giudice seduta stante di tutti gli elementi della prima citazione, si dice pronta a rispondere al giudice sull’oggetto della causa (cf M. Lega – V. Bartoccetti, Commentarius in iudicia ecclesiastica, II, Romae 1939, p. 525, n. 4). La risposta e la comparizione costituiscono così la contestazione della lite e la “sostituiscono”.
Non sempre però questa estensione della comparizione di fatto sarà possibile: la parte potrebbe non essere “pronta” a rispondere o potrebbe aver bisogno dell’avvocato (cf, per esempio, can. 1723).
Discriminante per stabilire se vi è stata una comparizione «ad causam agendam», se sostituisca la prima citazione o sostituisca anche la contestazione della lite, è il verbale che l’attuario – sotto l’autorità del giudice – deve stendere sul fatto che le parti sono comparse, ma molto più sulla intera udienza svoltasi di fronte al giudice competente.
In sede di prima revisione del canone 1711, § 2 del Codice previgente si propose di correggere la locuzione «partes litigantes» con «partem conventam» perché «citationem per se respicere tantum partem conventam» (Communicationes 38 [2006] 129). La proposta fu respinta (cf ibid.). Non è detta la ragione del respingimento. Dal momento che il motivo addotto si deve ritenere corretto, si può dedurre che la Commissione abbia voluto mantenere una valenza più vasta del prescritto, indicando che anche in altri casi, se la comparizione di fatto avviene «ad causam agendam» si può applicare il medesimo principio della inutilità della citazione.
Z. Grocholewski, «De periodo initiali seu instructoria processus in causis nullitatis matrimonii», Periodica de re canonica 85 (1996) 331-335.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 129; 149; 41 (2009) 388; 11 (1979) 88. Cf pure ibid., 38 (2006) 133.
L’articolo di Z. Grocholewski citato in bibliografia è stato pubblicato in varie lingue e luoghi:
Z. Grocholewski, «A fase inicial ou introdutória do processo nas causas de nulidade de matrimônio», Direito & pastoral 10 (1996) 7-52;
Z. Grocholewski, «De periodo initiali seu introductoria processus in causis nullitatis matrimonii», in Zbornik z II. Sympózia kanonického práva, 1992, 13-65;
Z. Grocholewski, «Úvodná fáza Procesu v Kauzách Manželskej Nulity», in Ius et iustitia. Acta III Symposii Iuris Canonici anni 1993, Spisska Kapitula 1994, 211-259.
Bibliografia e ulteriori approfondimenti in G.P. Montini, De iudicio contentioso ordinario. De processibus matrimonialibus. II. Pars dynamica. Editio quinta. Ad usum Auditorum, Romae 20205, pp. 153-185.