§ 1. In decreto, quo actoris libellus admittitur, debet iudex vel praeses ceteras partes in iudicium vocare seu citare ad litem contestandam, statuens utrum eae scripto respondere debeant an coram ipso se sistere ad dubia concordanda. Quod si ex scriptis responsionibus perspiciat necessitatem partes convocandi, id potest novo decreto statuere.
§ 1. Nel decreto con il quale si ammette il libello dell’attore, il giudice o il presidente deve chiamare in giudizio ovvero citare le altre parti per la contestazione della lite, stabilendo se debbano rispondere per scritto o presentandosi davanti a lui per concordare i dubbi. Che se dalle risposte scritte veda la necessità di convocare le parti, lo può stabilire con un nuovo decreto.
§ 1. In dem Dekret über die Annahme der Klageschrift muss der Richter oder der Gerichtsvorsitzende die übrigen Parteien vor Gericht beziehungsweise zur Streitfestlegung laden; dabei bestimmt er, ob diese schriftlich antworten oder vor ihm zur Festlegung der Streitpunkte persönlich erscheinen müssen. Sollte er aufgrund der schriftlichen Erwiderung es für erforderlich halten, die Parteien zusammen vorzuladen, so kann er dies in einem neuen Dekret anordnen. 1
Can. 1711 § 1; NSRR 65; PrM 74 § 1, 75.
DC, art. 126
§ 1. In decreto, quo actoris libellus admittitur, debet praeses partem convenam in iudicium vocare seu citare, statuens utrum scripto respondere debeat an, ex petitione actoris, coram tribunali se sistere ad dubia concordanda. Quod si ex scripta responsione necessitas appareat partes et defensorem vinculi convocandi, praeses vel ponens id novo decreto statuat atque eis notificandum curet (cf. cann. 1507, § 1; 1677, § 2).
L’iscrizione del capitolo Formazione del prescritto La disposizione La modalità di compimento della disposizione Procedura Dispensa dalla prima citazione?
La materia del titolo (De citatione et denuntiatione actorum iudicialium) è composita e questo non favorisce la chiarezza: il titolo infatti tratta della prima citazione in giudizio (che ha primaria rilevanza), della notificazione (intimazione; = denuntiatio) della prima citazione, della notificazione di altre citazioni, come pure della notificazione di altri atti giudiziari.
Anche la formulazione dell’iscrizione ha subito tentennamenti: in un primo momento si propose di correggere l’iscrizione del Codice previgente (De citatione et denuntiatione actorum iudicialium) con la formula De citatione et denuntiatione actuum iudicialium (cf Communicationes 38 [2006] 128 nota 4) per uniformarla a quella adottata da Sollicitudinem Nostram (AAS 42 [1950] 54) e ciò fu accettato. In realtà poi in limine promulgationis si ritornò alla formula originaria (e lo stesso fece il CCEO), e fu scelta felice vista la distinzione di significato tra actus,-us e acta,-orum.
A fronte del sobrio prescritto del can. 1711 del Codice previgente, che fu in una prima revisione sostanzialmente accettato (cf Communicationes 38 [2006] 128), nella revisione successiva alla consultazione generale si optò per l’attuale formula elaborata (cf Communicationes 11 [1979] 94), approvata a maggioranza (cf ibid.). La scelta dell’attuale formula fu giustificata dalla riforma subita dall’attuale can. 1513: «Recognitione canonum de contestatione litis peracta […] can[]. 143, § 1 [= 1507, § 1] et can. 144 [= 1508] […] coordinari debent cum novo can. 154 [= 1513] nuper redacto» (ibid.). L’opposizione all’attuale formulazione elaborata del canone è ribadita nella discussione e votazione da due consultori che volevano attribuire al giudice la facoltà di stabilire anche ex officio il dubbio o i dubbi di causa (cf ibid.).
Il canone dispone anzitutto che sia convocata l’altra parte, contro la quale il libello è stato presentato. Si tratta della vocatio in ius o vocatio in iudicium o citazione o prima citazione. È l’ordine dato dal giudice di far conoscere l’esistenza di una domanda giudiziale e di presentarsi in tribunale.
Destinatari sono le altre parti: l’attore ha presentato il libello; le altre parti sono tutti coloro che sono coinvolti nella domanda presentata dall’attore.
Oggetto della citazione è la contestazione della lite: le altre parti sono convocate per rispondere alla domanda contenuta nel libello.
Fine della citazione è il compimento del principio audiatur et altera pars.
L’ordine del giudice può – a sua discrezione – imporre alle altre parti di
1) rispondere per iscritto: è la forma più semplice, celere e meno disagevole per le parti; è adatta per cause non complesse;
2) presentarsi di fronte al giudice: è la forma più garantistica, ma più onerosa per le parti e per la durata del processo; è consigliata nelle cause più complesse.
La proposta del card. Palazzini di omettere questa previsione (2), che avrebbe dato ansa a cause incidentali, fu respinta chiarendo che la medesima previsione è destinata a rendere più celere la procedura e pure a evitare ambiguità (cf Communicationes 16 [1984] 62).
Per ragioni di semplificazione e di celerità il canone prevede un unico decreto di ammissione del libello e di (prima) citazione. Ma si tratta di id quod plerumque accidit, ma non necessariamente. Possono esserci ragioni per le quali i due decreti (ammissione del libello e prima citazione) sono distinti.
La menzionata previsione legislativa di un unico decreto (I schema, dopo la revisione da parte del parvus coetus) ha fatto cadere le proposte quanto alla tempestività della prima citazione dopo l’ammissione del libello (tre giorni, un mese, quamprimum: cf Communicationes 38 [2006] 128).
Non raramente nelle cause di nullità matrimoniale la parte attrice richiede al giudice nella presentazione del libello che venga omessa la citazione della parte convenuta (l’altro coniuge), soprattutto quando quest’ultimo è ritenuto violento.
La giurisprudenza della Segnatura Apostolica, competente in materia di dispensa dalle leggi processuali (cf PE 198, n. 3; LP 35, n. 2), ha dichiarato che la prima citazione è elemento essenziale del processo (cf LP 115, § 4) e quindi non può essere oggetto di dispensa. Su tutta questa problematica cf G.P. MONTINI, «La prassi delle dispense da leggi processuali del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica (art. 124, n. 2, 2a parte, cost. ap. Pastor bonus)», Periodica 94 (2005) 80-91.
Z. Grocholewski, «De periodo initiali seu instructoria processus in causis nullitatis matrimonii», Periodica de re canonica 85 (1996) 331-335.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 128-129; 149; 41 (2009) 387; 11 (1979) 88; 90; 94; 16 (1984) 62.
L’articolo di Z. Grocholewski citato in bibliografia è stato pubblicato in varie lingue e luoghi:
Z. Grocholewski, «A fase inicial ou introdutória do processo nas causas de nulidade de matrimônio», Direito & pastoral 10 (1996) 7-52;
Z. Grocholewski, «De periodo initiali seu introductoria processus in causis nullitatis matrimonii», in Zbornik z II. Sympózia kanonického práva, 1992, 13-65;
Z. Grocholewski, «Úvodná fáza Procesu v Kauzách Manželskej Nulity», in Ius et iustitia. Acta III Symposii Iuris Canonici anni 1993, Spisska Kapitula 1994, 211-259.
Bibliografia e ulteriori approfondimenti in G.P. Montini, De iudicio contentioso ordinario. De processibus matrimonialibus. II. Pars dynamica. Editio quinta. Ad usum Auditorum, Romae 20205, pp. 153-185.
Notes:
- La traduzione pare apportare una propria interpretazione aggiungendo «persönlich», che non si trova nel testo del canone, ma soprattutto perché non pare che si possa escludere che il giudice si limiti alla convocazione della parte, anche solo tramite il patrono (procuratore-avvocato). ↩