Libellus, quo lis introducitur, debet:
1° exprimere coram quo iudice causa introducatur, quid petatur et a quo petatur;
2° indicare quo iure innitatur actor et generatim saltem quibus factis et probationibus ad evincenda ea quae asseruntur;
3° subscribi ab actore vel eius procuratore, appositis die, mense et anno, necnon loco in quo actor vel eius procurator habitant, aut residere se dixerint actorum recipiendorum gratia;
4° indicare domicilium vel quasi-domicilium partis conventae.
Il libello con il quale s’introduce la lite deve:
1° esprimere avanti a quale giudice la causa viene introdotta, che cosa si chiede e da chi;
2° indicare su quale diritto si fonda l’attore, e almeno per sommi capi fatti e prove per dimostrare
quanto è asserito;
3° essere sottoscritta dall’attore o dal suo procuratore, apponendovi giorno, mese e anno, nonché il luogo ove l’attore o il procuratore abitano o abbiano detto di risiedere per ricevere gli atti;
4° indicare il domicilio o il quasi-domicilio del convenuto. 1
Die Klageschrift, mit der der Prozess eingeleitet wird, muss:
1° zum Ausdruck bringen, bei welchem Richter die Klage erhoben wird, was und von wem etwas begehrt wird;
2° angeben, auf welches Recht und, wenigstens allgemein, auf welche Tatsachen und welche Beweismittel sich der Kläger zum Nachweis seiner Klagebehauptung stützt;
3° vom Kläger oder von seinem Prozessbevollmächtigten unterschrieben werden mit Angabe von Tag, Monat und Jahr sowie des Ortes, wo der Kläger oder sein Prozessbevollmächtigter wohnt oder zur Entgegennahme gerichtlicher Zustellungen erreichbar zu sein erklärt;
4° den Wohnsitz oder Nebenwohnsitz des Beklagten angeben.
Can. 1708; PrM 57.
DC, art. 116
§ 1. Libellus, quo causa introducitur, debet:
1º exprimere coram quo tribunali causa introducatur;
2º circumscribere obiectum causae, scilicet determinare matrimonium de quo agitur, exhibere declarationis nullitatis petitionem, proponere, etsi non necessario verbis technicis, rationem petendi seu caput vel capita nullitatis quibus matrimonium impugnatur;
3º indicare saltem generatim quibus factis et probationibus innitatur actor ad evincenda ea quae asseruntur;
4º subscribi ab actore vel eius procuratore, appositis die, mense et anno, necnon loco in quo actor vel eius procurator habitant, aut residere se dixerint actorum recipiendorum gratia;
5º indicare domicilium vel quasi-domicilium alterius coniugis (cf. can. 1504).
§ 2. Libello addantur exemplar authenticum celebrati matrimonii atque, si casus ferat, documentum de statu civili partium.
§ 3. Relationes peritales haud licet exigere in actu exhibendae petitionis.
DC, art. 117
Si proponatur probatio per documenta, haec, quantum fieri potest, una cum libello tradantur; si autem per testes, eorum nomina et domicilium indicentur. Si vero proponantur aliae probationes, indicentur saltem in genere facta seu indicia, unde illae eruantur. Nihil tamen impedit quominus ulteriores probationes cuiusvis generis in iudicii cursu afferantur.
LP, art. 73
§ 1. Recursus referre debe:
1° a quonam ipse proponatur;
2° actum, qui impugnatur;
3° quid petatur;
4° quo iure innitatur;
5° diem acceptae notificationis actus impugnati;
6° subscriptionem partis recurrentis.
§ 2. Recursui adnecti debent:
1° actus, qui impugnatur, nisi a recurrente exhiberi nequeat;
2° mandatum Patrono rite collatum aut petitio, documentis suffulta, pro obtinendo gratuito patrocinio.
In modo dettagliato il canone elenca gli elementi del libello. Si tratta degli elementi generali, richiesti per ogni causa, che declinano gli elementi costitutivi del libello (can. 1502). Normative proprie possono modificare questi elementi qui elencati e aggiungere altri per cause e processi speciali.
Il giudice
Il libello deve riportare il destinatario della domanda, ossia il giudice ossia il tribunale al quale è rivolta la domanda e dal quale è attesa la risposta. Dovrà essere un giudice ossia un tribunale competente a norma del diritto (cf cann. 1404-1414, 1672, 1694, 1699, 1707, 1709).
La richiesta che sia riportato il giudice ossia il tribunale al quale è presentato il libello potrebbe apparire superflua, visto che questo risulta dalla consegna del libello ad un determinato tribunale. In realtà ha una valenza notevole, perché indica che l’attore ha deciso di rivolgersi a quel giudice e non ad altri, e quindi, in caso di rigetto, il giudice non potrà di propria iniziativa trasmettere il libello ad altro tribunale, ancorché competente.
La domanda
La causa giudiziale si basa sulla domanda e il giudice dovrà rispondere alla domanda posta. È, pertanto, essenziale che venga formulato con la maggiore precisione possibile quanto si chiede al giudice e si vuole da lui ottenere. Può trattarsi, per esempio, della domanda del promotore di giustizia che chiede la condanna di una persona; oppure della domanda di dichiarare nullo il proprio matrimonio.
L’altra parte
La causa giudiziale suppone realmente o fittiziamente due parti che si confrontano e tra le quali il giudice è chiamato a decidere la controversia. Nel libello, quindi, si deve indicare l’altra persona. Può trattarsi, per esempio, dell’altro coniuge in una causa di nullità matrimoniale oppure del responsabile di un danno e dal quale si chiede la riparazione.
Il fondamento giuridico della domanda
La domanda rivolta al giudice perché risponda deve ovviamente essere fondata nel diritto, ossia l’attore può al giudice chiedere solo una cosa che gli spetti per diritto e quindi una cosa che il diritto gli attribuisce o riconosce. Deve quindi l’attore, seppure in modo primitivo, senza tecnicismi, indicare la norma giuridica che gli dà ragione in ciò che chiede al giudice. «Chiedo la punizione di N. perché ha violato il sigillo sacramentale» (in questo si ha un richiamo implicito, ma sufficiente, alla norma di legge del can. 1386, § 1); «Chiedo la nullità del mio matrimonio perché ho escluso i figli» (in questo si ha un richiamo alla norma di legge del can. 1101, § 2).
Questo elemento fu oggetto di particolare attenzione nell’iter di riforma del Codice, intendendo i consultori sciogliere la locuzione «quo iure innitatur». Così si propose:
– «Indicetur causa petendi, seu fundamenta facti, designatis testibus, adductis … documentis atque propositis saltem in genere praesumptionum fundamentis…» (Communicationes 38 [2006] 122);
– «facti vel iuris fundamenta, quibus innitatur petitio» (ibid.);
– «quibus argumentis (et probationibus) innitatur actor» (ibid.; ibid., 11 [1979] 83).
Tutti questi tentativi però furono alla fine scartati, in favore della locuzione classica (cf. ibid.).
I fatti e le prove
Il libello deve riportare anche – in breve – i fatti che giustificano la domanda rivolta al giudice e le prove a disposizione per dimostrare la verità dei fatti.
La firma
Il libello deve essere sottoscritto con la firma dell’attore, perché sia certa l’autenticità dello scritto. Può essere sottoscritto dal procuratore dell’attore, solo se ha lo speciale mandato (cf can. 1485).
La data
L’obbligo di datazione del libello, et quidem, con giorno, mese e anno, è oggetto di riserve da parte della dottrina in quanto gli effetti giuridici che discendono dal libello non solo sono ridotti, ma eventualmente decorrono dalla sua effettiva presentazione al tribunale e non già dal momento della sua stesura. La coerente proposta di emendamento (cioè omissione) non fu recepita (cf. Communicationes 41 [2009] 168, ad can. 144 § 3). Per l’opposizione cf ibid., p. 173: «[I]l libello è pur sempre un documento a sé […] La data è necessaria anche per sapere se “tempore quo petiit, petere potuisset”».
Il recapito
L’indicazione del recapito (postale) dell’attore (o del procuratore) è motivato da ragioni pratiche e di economia processuale. Per questa ragione non viene richiesta l’indicazione del domicilio o quasi-domicilio, ma dell’indirizzo al quale l’attore (o il procuratore) vogliono essere raggiunti dalle comunicazioni (future, durante il processo) del tribunale. Se si tratterà di citazioni e notificazioni, l’indicazione del recapito avrà effetti giuridici notevoli (cf, per esempio, can. 1510).
L’indirizzo dell’altra parte
Questo elemento fu introdotto nella revisione seguita alla consultazione (cf Communicationes 11 [1979] 83).
Qui si richiede che venga indicato non un recapito qualsiasi, ma precisamente il domicilio o quasi-domicilio dell’altra parte che sarà chiamata al giudizio. Ciò non attiene solo al recapito delle future notificazioni, ma al primo esame che il giudice dovrà fare sulla propria competenza, che – secondo il principio generale – è stabilita proprio sulla base del domicilio o quasi-domicilio dell’altra parte (cf can. 1407, § 3; actor sequitur forum rei).
Nel caso in cui l’altra parte sia una persona giuridica, occorrerà dare i riferimenti della sede e dei suoi legittimi rappresentanti (cf. can. 118).
Altri elementi necessari?
Il can. 1504 ha elencato elementi che sono necessari nel libello, ma non tutti quelli necessari. Tra questi ultimi vi è senz’altro:
– l’indicazione dell’attore, ossia l’identità dell’attore (nome, cognome);
– l’identità dell’altra parte (nome, cognome);
– il domicilio o quasi-domicilio dell’attore nel caso intenda invocare la competenza in forza del suo domicilio o quasi domicilio;
– il luogo del maggior numero di prove, nel caso intenda invocare questo titolo di competenza.
Altri elementi accessori?
A seconda del genere di cause e della singola causa, vi possono essere elementi (anche sotto forma di allegati) che il libello deve riportare.
La brevità del libello
Preoccupazione costante del Legislatore è stata che il libello sia breve. Ritenuta – certo in base all’esperienza forense – insufficiente la clausola «generatim saltem» contenuta nel can. 1708 CIC17, nell’iter di revisione del canone fu proposto all’inizio di inserire la locuzione «Libellus … sit valde brevis» (molto breve): cf Communicationes 38 (2006) 122. Fu fatto notare che meglio si sarebbe richiesta la «concinnitas» del libello, con la quale si otterrebbe insieme la sua brevità e «sufficientiae elementorum tradendorum ad partium interrogationes» (ibid.). Difficile indicare il significato preciso della richiesta concinnitas: non si è lontani da vero a tradurre con «ordinata corrispondenza», ossia il libello deve riportare i dati ordinatamente e in modo corrispondente alla natura del libello (domanda iniziale per una delibazione della sua fondatezza).
Di fatto una prima redazione di questo canone riporta la nuova dizione «summatim saltem et concinne» (ibid., 148), ossia «almeno per somni capi e con ordinata corrispondenza».
Il primo avverbio («summatim») è stato tratto dal can. 230, n. 2 del motu proprio Sollicitudinem Nostram (AAS 42 [1950] 54), nella discussione in Commissione (cf Communicationes 38 [2006] 123). Era stato proposto da Ciprotti quale alternativa a «generatim»: «Qui può rimanere l’avverbio “generatim”, che in latino significa “in modo complessivo”; si potrebbe anche considerare se non sia più proprio sostituirvi “summatim”» (S. Congregazione Orientale – Pontificia Commissione per la redazione del Codice di Diritto Canonico Orientale, Ventesima Plenaria. Proposte di modifiche del testo del “Codex Iuris Canonici”. Nuove proposte presentate dal Prof. Pio Ciprotti, Città del Vaticano 1944, p. 250).
Il secondo avverbio («concinne») sorge dalla proposta del Relatore (mons. Sabattani) e dalla discussione seguita in Commissione (cf Communicationes 38 [2006] 122).
Dopo la revisione operata nel parvus coetus entrambi gli avverbi scomparvero nel primo schema (cf Communicationes 41 [2009] 386), in seguito anche a una ristrutturazione del testo del n. 2.
Nella revisione seguita alla consultazione generale un primo tentativo di reintrodurre «summarie» fu respinto sulla base del significato già restrittivo del verbo «indicare», in forza del quale «non requiri scilicet completam descriptionem et evolutionem argumentorum et probationum» (ibid., 11 [1979] 83).
Si reintrodusse l’avverbio «generatim saltem» in occasione della revisione del testo del n. 2, ma in una posizione peculiare, ossia l’indicazione almeno per sommi capi riguarda nel testo definitivo solo «i fatti e le prove» e non più il fondamento giuridico della domanda giudiziale (ibid.). Ciò appare ragionevole perché la brevità nel caso del fondamento giuridico è giustificata dal noto principio Iura novit curia.
«Generatim» non significa «genericamente», ma «in generale», ossia etimologicamente, «per generi», in opposizione a singulatim e speciatim.
In conclusione la brevità del libello deve essere corrispettiva alla sua funzione, ossia relativa al compito che spetta al giudice, deve cioè il libello contenere tutto e solo quello che consente al giudice di svolgere il suo primo compito a norma del can. 1505, §§ 1-2.
Nel processo contezioso orale
Il libello nel processo contenzioso orale, oltre agli elementi di cui al can. 1504, deve contenere gli elementi indicati nei nn. 1-2 del can. 1658.
Nelle cause di nullità matrimoniale
L’istruzione Dignitas connubii ha applicato il can. 1504 alle cause di nullità matrimoniale, dando disposizioni speciali (cf artt. 116-117 sopra riportati).
Il motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus ha dato norme sul libello destinato a introdurre il processus brevior nel can. 1684, richiedendo, oltre agli elementi di cui al can. 1504, altri tre elementi indicati ai nn. 1-3 del can. 1684.
Nelle cause penali
Il motu proprio Sollicitudinem Nostram ha applicato il canone 230, parallelo al can. 1504 CIC, alle cause penali nel can. 531:
«Libellus a promotore iustitiae conficiendus indicare debet:
1° Facta quibus constat delictum;
2° Speciem delicti, allegatis canonibus qui eo pertinent;
3° Probationes ex quibus constat de accusati parte in delicto;
4° Facta quae constituunt circumstantias aggravantes vel minuentes delictum;
5° Poenas in quas accusatus incurrerit iuxta canones indicandos;
6° Positiones facti seu articuli super quibus interrogandi sunt tum reus iuxta interrogatoria libello adnectenda, tum testes iuxta interrogatoria tempore opportuno exhibenda;
7° Formulas propositas ad dubia, ut dicitur, concordanda» (AAS 42 [1950] 112).
Z. Grocholewski, «De periodo initiali seu introductoria processus in causis nullitatis matrimonii», Periodica de re canonica 85 (1996) 87-88.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 122-123; 147; 41 (2009) 386; 11 (1979) 83.
L’articolo di Z. Grocholewski citato in bibliografia è stato pubblicato in varie lingue e luoghi:
Z. Grocholewski, «A fase inicial ou introdutória do processo nas causas de nulidade de matrimônio», Direito & pastoral 10 (1996) 7-52;
Z. Grocholewski, «De periodo initiali seu introductoria processus in causis nullitatis matrimonii», in Zbornik z II. Sympózia kanonického práva, 1992, 13-65;
Z. Grocholewski, «Úvodná fáza Procesu v Kauzách Manželskej Nulity», in Ius et iustitia. Acta III Symposii Iuris Canonici anni 1993, Spisska Kapitula 1994, 211-259.
Bibliografia e ulteriori approfondimenti in G.P. Montini, De iudicio contentioso ordinario. De processibus matrimonialibus. II. Pars dynamica. Editio quinta. Ad usum Auditorum, Romae 20205, pp. 101-151.
Notes:
- La traduzione italiana del n. 2 sarebbe dovuta essere più fedele: «indicare su quale diritto e, almeno per sommi capi, su quali fatti e prove si fondi l’attore per dimostrare quanto è asserito» ↩