§ 1. Iudex unicus vel tribunalis collegialis praeses, postquam viderint et rem esse suae competentiae et actori legitimam personam standi in iudicio non deesse, debent suo decreto quam primum libellum aut admittere aut reicere.
§ 1. Il giudice unico o il presidente del tribunale collegiale, dopo aver constatato che la cosa è di sua competenza e che all’attore non manca la capacità legittima di stare in giudizio, deve al più presto con un suo decreto ammettere o respingere il libello.
§ 1. Nachdem der Einzelrichter oder der Vorsitzende des Kollegialgerichtes geprüft hat, dass die Streitsache in seine Zuständigkeit fällt und dass der Kläger prozessual rollenfähig ist, muss er durch Dekret baldmöglichst die Klageschrift annehmen oder ablehnen.
Can. 1709 § 1; NSRR 60; PrM 61.
Il canone determina le prime incombenze del tribunale di fronte al libello presentato.
Ammissione o rigetto del libello Il giudice L’oggetto dell’esame del libello I tempi dell’esame del libello La forma del decreto
È questo il primo atto che compete al giudice, che esamina il libello.
Non è prevista alcuna indagine previa all’esame del libello, mentre è facoltà e dovere del giudice anche prima dell’esame del libello «esortare le parti e aiutarle a cercare di comune accordo un’equa soluzione della controversia» (can. 1446, § 2) nonché «vedere se con la transazione o il giudizio arbitrale» la lite, se verte sul bene privato, possa concludersi vantaggiosamente (cf can. 1446, § 3).
È presupposta dal canone la costituzione del tribunale al quale è affidata la causa rappresentata dal libello presentato. La costituzione del tribunale procede secondo il can. 1425.
Competente ad esaminare il libello per ammetterlo o rigettarlo è il giudice unico costituito oppure il preside del collegio giudicante costituito.
Se il tribunale costituito è collegiale (cf can. 1425) l’esame del libello è affidato al preside. In un primo momento si era richiesto che fosse il collegio ad esaminare il libello (cf Communicationes 38 [2006] 124), facendo riferimento il Relatore anche a una decisione rotale del 18 marzo 1950 che avrebbe sanzionato con la nullità il rigetto del libello da parte di un solo giudice se la causa era riservata ad un giudice collegiale (cf can. 1425). Essendosi presentati alcuni emendamenti a favore dell’esame da parte del preside del collegio (cf Communicationes 41 [2009] 139; 151), la revisione nel parvus coetus portò conformemente al primo schema: «Iudex unicus vel tribunalis collegialis praeses […]» (ibid., p. 387). Anche nella consultazione fu suggerito che il rigetto del libello fosse «semper actus collegialis» (Communicationes 11 [1979] 84), ma la proposta fu respinta con la motivazione che l’esame collegiale proposto non avrebbe potuto evitare il ricorso (ulteriore) avverso il rigetto del libello (cf ibid.). Questa motivazione addotta apre chiaramente la mens della Commissione in quel momento in ordine alle impugnazioni del decreto di rigetto del libello (vedi commento al can. 1505, § 4).
Le Norme rotali vigenti dispongono che sia il Turno a esaminare il libello e a decidere della ammissione o rigetto (art. 55, § 1). Nel caso consti indubbiamente della incompetenza della Rota Romana, il libello è rigettato, con decreto motivato, dal Decano, dopo essersi consultato con i due giudici uditori più anziani per decananza (art. 51).
Il can. 1505, § 1 indica due oggetti di immediata verifica nell’esame del libello: la competenza del giudice e la legittimazione di chi ha presentato il libello. L’introduzione del prescritto del § 2 (assente nel Codice previgente) ha reso superflua questa indicazione di verifica, che si ritrova specificata nel can. 1505, § 2, nn. 1-2, al cui commento qui si rimanda.
L’avverbio quantocius [quanto ocius: «quanto più presto»] del Codice previgente è stato mutato nell’analogo quam primum [«quanto prima»]: è un’esigenza ovvia che discende anche dalla sommarietà (cf can. 1505, § 2) dell’esame del libello in vista della sua ammissione.
I consultori proposero che il termine temporale previsto nel canone seguente (can. 1506) fosse qui esplicitato («numquam ultra mensem»: Communicationes 38 [2006] 148; cf pure p. 125). Nella revisione del parvus coetus però il termine fu omesso e nel I schema non comparve.
La menzione comunque del termine di un mese nel can. 1506 (cf commento) impone che l’esame del libello sia effettuato almeno entro un mese.
Che il rigetto del libello richieda la forma del decreto era implicito nel Codice previgente che sanciva: «adiectis in hoc altero casu [appunto, il rigetto] reiectionis causis» (can. 1709, § 1).
I consultori proposero che si specificasse che l’esame del libello si concludesse con un decreto del giudice e la proposta fu accettata (cf Communicationes 38 [2006] 125). Ciò significa che anche l’ammissione del libello avviene tramite decreto.
In conseguenza dell’innovazione fu omessa la clausola che richiedeva le motivazioni del rigetto; al che, dopo la consultazione generale, vi fu chi propose il suo ripristino. La aggiunta però venne ritenuta superflua in ragione del previsto disposto dell’attuale 1617 (cf Communicationes 11 [1979] 84).
In realtà il decreto di ammissione del libello non viene ordinariamente motivato, in ragione del fatto che l’ammissione conferma la verifica dei requisiti disposti legislativamente.
Z. Grocholewski, «De periodo initiali seu introductoria processus in causis nullitatis matrimonii», Periodica de re canonica 85 (1996) 96-100.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 124-125; 148; 41 (2009) 387; 11 (1979) 83-84.
L’articolo di Z. Grocholewski citato in bibliografia è stato pubblicato in varie lingue e luoghi:
Z. Grocholewski, «A fase inicial ou introdutória do processo nas causas de nulidade de matrimônio», Direito & pastoral 10 (1996) 7-52;
Z. Grocholewski, «De periodo initiali seu introductoria processus in causis nullitatis matrimonii», in Zbornik z II. Sympózia kanonického práva, 1992, 13-65;
Z. Grocholewski, «Úvodná fáza Procesu v Kauzách Manželskej Nulity», in Ius et iustitia. Acta III Symposii Iuris Canonici anni 1993, Spisska Kapitula 1994, 211-259.
Bibliografia e ulteriori approfondimenti in G.P. Montini, De iudicio contentioso ordinario. De processibus matrimonialibus. II. Pars dynamica. Editio quinta. Ad usum Auditorum, Romae 20205, pp. 101-151.