§ 3. Si libellus reiectus fuerit ob vitia quae emendari possunt, actor novum libellum rite confectum potest eidem iudici denuo exhibere.
§ 3. Se il libello fu respinto a causa di difetti che possono essere emendati, l’attore può nuovamente esibire allo stesso giudice un altro libello correttamente redatto.
§ 3. Wurde die Klageschrift wegen Fehler zurückgewiesen, die verbessert werden können, so kann der Kläger eine neue vorschriftsmäßig abgefasste Klageschrift bei demselben Richter abermals einreichen.
Can. 1709 § 2; PrM 62.
DC, art. 123
Si libellus reicitur ob vitia quae emendari possunt, haec in decreto reiectionis indicentur, et actor invitetur ad novum libellum rite confectum exhibendum (cf. can. 1505, § 3).
Pericoli insiti nel prescritto Utilità del prescritto Il «nuovo libello»
Un consultore aveva proposto di omettere la menzione della correzione del libello, prevista nel can. 1709, § 2 del Codice previgente, ma la Commissione si oppose (cf Communicationes 38 [2006] 125).
E di fatto esistono ragioni valide perché questo prescritto sulla correzione del libello sia cancellata. La prima è che la cosa è evidente nel momento in cui il decreto di rigetto deve essere provvisto delle ragioni del rigetto (cf can. 1617): in tal modo l’attore è in grado da sé di valutare se si tratta di difetti emendabili e potrà procedere alla correzione; è evidente.
La seconda è che la previsione della correzione può oscurare la chiarezza del can. 1505, § 1 secondo il quale al giudice spetta l’alternativa secca: ammettere o respingere il libello. Non datur tertium. La correzione potrebbe ingannare, quasi che ci sia una via media che si può percorrere. In realtà il can. 1505, § 3 che prevede la correzione non lascia spazio formalmente a questa ambiguità, perché dispone: «Si libellus reiectus fuerit…» (corsivo aggiunto). Il rigetto è il presupposto della correzione. Tuttavia l’ambiguità rimane.
La terza è che la previsione della correzione del libello può innescare un ping-pong tra attore e giudice, che potrebbe oscurare la procedura di presentazione, ammissione e rigetto del libello. Anche in questo caso il testo del § 3 non consente questo: esso infatti dispone che vi sia dopo la correzione un «novum libellum» e che deve essere «esibito di nuovo». Ma anche in questo caso l’ambiguità potrebbe produrre una prassi confusa. Favorirebbe questa ambiguità DC 123 che addirittura impone al giudice di invitare l’attore a ripresentare il libello corretto. Si eviterà almeno che questo invito sia contenuto nel decreto di rigetto e sia invece lasciato, eventualmente, alla Cancelleria.
Nonostante le severe riserve presentate, il prescritto si rivela utile almeno sotto il versante del fatto che indirettamente contempla la legittimità di presentare al medesimo giudice più libelli consecutivi, senza che vi sia preclusione per il principio ne bis in idem.
Utile è anche in quanto esclude che il giudice possa correggere ex officio il libello: la proposta in questo senso è stata respinta in Commissione perché «non agi de bono publico ut possit iudici talis obligatio imponi» (Communicationes 11 [1979] 85).
La presentazione del «nuovo libello» (corretto) impone lo stesso iter per il suo esame, in vista della ammissione o rigetto. Nel caso sia rigettato dovrà avvenire, come da regola generale, con decreto motivato (cf can. 1617): cf Communicationes 11 (1979) 85.
Le ambiguità sopra esposte si rivelano nella loro realtà nel momento in cui si prevede la presentazione del «nuovo libello», quello «corretto».
La sua presentazione, esame, esito (ammissione o rigetto) in nulla differisce dalla originaria presentazione di un libello: per esempio, 1) reggerà il tempo il momento della presentazione del «nuovo» libello, che potrebbe essere rigettato, per esempio, perché nel frattempo è intervenuta la prescrizione; 2) dopo la sua presentazione sarà costituito un nuovo tribunale: la locuzione «eidem iudici» del § 3 indica solo il tribunale competente adíto, ma non il giudice unico o il collegio precedentemente costituito che ha rigettato il libello per la correzione; 3) l’attore non è tenuto a presentare il «nuovo libello» allo stesso tribunale competente, potrebbe adire un altro tribunale, addirittura potrebbe adire un altro tribunale (competente, naturalmente) con il libello respinto, se è del parere che l’emendazione del libello è stata ingiustamente imposta dal tribunale originariamente adíto; 4) l’attore potrebbe anziché emendare il libello, ricorrere ad normam iuris (cf. can. 1505, § 4) avverso il rigetto avvenuto per difetti emendabili.
Z. Grocholewski, «De periodo initiali seu introductoria processus in causis nullitatis matrimonii», Periodica de re canonica 85 (1996) 106-107.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 125; 148; 41 (2009) 387; 11 (1979) 85.
L’articolo di Z. Grocholewski citato in bibliografia è stato pubblicato in varie lingue e luoghi:
Z. Grocholewski, «A fase inicial ou introdutória do processo nas causas de nulidade de matrimônio», Direito & pastoral 10 (1996) 7-52;
Z. Grocholewski, «De periodo initiali seu introductoria processus in causis nullitatis matrimonii», in Zbornik z II. Sympózia kanonického práva, 1992, 13-65;
Z. Grocholewski, «Úvodná fáza Procesu v Kauzách Manželskej Nulity», in Ius et iustitia. Acta III Symposii Iuris Canonici anni 1993, Spisska Kapitula 1994, 211-259.
Bibliografia e ulteriori approfondimenti in G.P. Montini, De iudicio contentioso ordinario. De processibus matrimonialibus. II. Pars dynamica. Editio quinta. Ad usum Auditorum, Romae 20205, pp. 101-151.